Con
riferimento al genere la diminuzione dell’occupazione riguarda maggiormente le donne: “il tasso di occupazione scende per tutti - di 0,7 punti tra gli uomini e di 1,3
punti tra le donne - e quello di inattività cresce rispettivamente di 0,4 e di 1,4 punti. Il tasso di disoccupazione risulta in aumento tra gli
uomini (+0,4 punti) e stabile tra le
donne” (ISTAT, report 1/10/2020, pag. 3); mentre in relazione all’età sono
i giovani di 15-34 anni i più
colpiti: “il tasso di occupazione
diminuisce in tutte le classi d’età; quello di disoccupazione cresce tra i minori di 35 anni e cala
nelle altre classi. Il tasso di inattività aumenta invece in tutte le classi di
età” (ISTAT, report 1/10/2020, pag. 5); rispetto al carattere
dell’occupazione si intensifica il calo delle occupazioni a tempo determinato e rallenta la crescita di quelle a
tempo indeterminato: “Il calo degli
occupati registrato nei dodici mesi non riguarda i permanenti, che crescono
dello 0,9% (+135mila), ma soltanto i dipendenti a termine (-14,0% pari a -425mila) e gli indipendenti (-2,5% pari a -135 mila)”
(ISTAT,
report 1/10/2020, pag. 4). Del
resto, la forte flessione dei livelli di attività economica (con una diminuzione del PIL del -12,8%) non poteva non scaricarsi
sull’occupazione con una evidente riduzione delle ore lavorate: “Nel secondo trimestre 2020 l’input di lavoro
misurato in termini di Ula (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) subisce
una eccezionale diminuzione sia
sotto il profilo congiunturale (-11,8%)
sia su base annua (- 17,0%)” (ISTAT, report 18/9/2020, pag. 1).
Occorre evidenziare come questa crisi
derivante dall’emergenza sanitaria si sia innescata in una lunga fase di debole crescita dei livelli di attività
economica (dovuta soprattutto all’andamento negativo del settore industriale) in peggioramento
già con la fine del 2019.
Nonostante
questo contesto di progressiva perdita
di dinamismo economico, il mercato del lavoro aveva mostrato una dinamica
ancora positiva raggiungendo nel secondo trimestre 2019 il massimo storico di
circa 23,4 milioni di occupati (con
un tasso di occupazione del 59,2% e
un tasso di disoccupazione del 9,8%),
per poi iniziare un progressivo e deciso peggioramento a seguito del
diffondersi dei provvedimenti di chiusura connessi al diffondersi del covid-19. Come
accaduto in precedenti periodi di crisi, nel corso del 2020 le imprese hanno utilizzato
tutti gli strumenti a disposizione per diminuire
le ore lavorate (con ricorso alle ferie, alla riduzione degli straordinari
e con un massiccio utilizzo della CIG) al fine di contenere l’impatto negativo sugli
addetti; nel contempo, però, sono aumentati
i flussi di uscita per licenziamenti e chiusure aziendali, nonché diminuiti quelli di ingresso per
assunzioni, con inevitabili effetti negativi diretti sull’occupazione.
Nel
secondo trimestre del 2020: - a) le attivazioni dei contratti di lavoro sono
risultate pari a -1.869 mila (in
calo del -44,5% rispetto allo stesso
trimestre dell’anno precedente), mentre quelle calcolate al netto delle trasformazioni
a Tempo Indeterminato sono state -1.742
mila (-45,3% rispetto al 2019);
- b) le attivazioni dei rapporti a Tempo Determinato sono calate in maniera
ancora più sostenuta con -1.014 mila
rapporti (-45,7% rispetto al
2019), diminuzione riguardante in misura superiore la componente femminile (-52,3%) rispetto a quella maschile (-40,3%);
territorialmente tale contrazione avviene in misura superiore nel Centro (-59,3%) e un maggior calo percentuale per le attivazioni che interessano i
giovani fino a 24 anni (-50,7%) (ISTAT, report
n. 34/2020, pag. 1).
Insomma,
da marzo 2020 l’emergenza sanitaria ha accentuato una riduzione degli occupati
che si era già manifestata alla fine del 2019: “Nel secondo trimestre del 2020 gli occupati sono diminuiti, a causa
dell'emergenza sanitaria e del lockdown, di 470.000 unità rispetto al primo trimestre e di 841.000 unità rispetto al secondo trimestre 2019 (…) Rispetto al
secondo trimestre 2019 i dipendenti a termine sono diminuiti di 677.000 unità (-21,6%) mentre gli
indipendenti hanno perso 219.000 unità
(-4,1%) a fronte di un -3,6%
dell'occupazione complessiva. I dipendenti stabili sono aumentati su base
tendenziale di 55.000 unità (+0,4%). Nel periodo era in vigore il blocco dei licenziamenti. Il tasso di
occupazione tra i 15 e i 64 anni scende al 57,6%
(…) I disoccupati sono 2.057.000. Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni sono
aumentati di 5,5 punti percentuali
rispetto al primo trimestre e di 10
punti rispetto al trimestre precedente raggiungendo quota 14.183.000 unità” (Ansa del
11/9/2020). Ad
essere maggiormente colpiti sono i
rapporti più deboli: i dipendenti a termine, i giovani e le donne; il calo
dell’occupazione è stato comunque frenato dal provvedimento governativo di sospensione dei licenziamenti per
motivi economici e da un eccezionale
ricorso alla CIG: a fronte di domande di NASpI (disoccupazione) cresciute
del 16% rispetto al primo semestre
2019, nei primi sei mesi dell’anno 2020 le domande di CIG sono aumentate
del 1455,7%.
Il
sistema degli ammortizzatori sociali è gestito direttamente dall’INPS; la spesa complessiva, comprensiva delle varie indennità erogate e dei contributi
figurativi versati, è passata dai circa 8
€/miliardi del 2007 ad un ammontare di 23,5
€/miliardi nel 2013 per poi lentamente diminuire fino ai 19,3 €/miliardi nel 2018, ma per il
2020 viene previsto un notevole incremento: “Con tutte le nuove misure di sostegno causate dall’emergenza Covid-19,
tra i vari sussidi, i bonus di 600 euro, la Discoll, la Cig aggiuntiva, la Naspi
– spiega Brambilla – arriviamo a un costo di 55 miliardi” (QuiFinanza del 7/6/2020). In conclusione.
La
pandemia covid-19 ha avviato una profonda
crisi economica che si è innescata su un lungo periodo di debole crescita economica i cui negativi effetti stanno iniziando a
manifestarsi e caratterizzeranno i prossimi mesi: diminuisce sia la domanda che l’offerta (servizi, beni, ecc.), aumenta il ricorso alla CIG, la disoccupazione
e l’inattività (soprattutto per
donne, giovani, ultracinquantenni e lavoratori meno tutelati), si acuiscono le disuguaglianze e cresce la povertà: “La crisi innescata dalla pandemia ha
ripercussioni negative soprattutto per le generazioni più giovani. Come nelle
recenti recessioni, la riduzione delle assunzioni e il mancato rinnovo dei
contratti temporanei ha riguardato particolarmente chi è entrato da poco nel mercato del lavoro” (Banca d’Italia,
relazione 2019, pag. 202)
Le
varie iniziative assunte a sostegno del reddito (accesso a Naspi e Discoll, l’indennità
di € 600, il reddito di ultima istanza, ecc.) danno o hanno dato un “sollievo”
ai lavoratori, ma sono tutti provvedimenti a breve termine, poiché costano
troppo al bilancio statale e, dunque, aggravano il già elevato debito pubblico: “Le aspettative di un rapido peggioramento dei saldi di finanza pubblica e di un forte aumento delle emissioni di titoli di Stato
nella maggior parte dei paesi hanno indotto gli investitori a richiedere premi
più elevati per il rischio sovrano. Le tensioni sono state contenute dagli
interventi delle banche centrali e dagli annunci di provvedimenti di politica
economica, ma le condizioni su molti
mercati rimangono fragili” (Banca d’Italia, relazione 2019, pag. 203). Dunque,
occorre superare velocemente questi provvedimenti “tampone” e procedere con
progetti di sviluppo duraturi; occorrono delle soluzioni per governare questa crisi
così vasta e profonda che ridurrà
l’occupazione, con tanti lavoratori che perderanno il loro lavoro e altri
che diventeranno inattivi.
Bisogna
immaginare un domani … oltre il
virus e una disoccupazione incombente
e che tenderà a rimanere elevata per parecchio tempo.
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