sabato 17 ottobre 2020

INPS: OLTRE IL VIRUS E UNA DISOCCUPAZIONE INCOMBENTE (nona parte)

Le misure di contenimento adottate dal Governo per contenere la diffusione del
covid-19 hanno avuto un forte impatto sull’occupazione, causando sia un aumento del ricorso alla Cassa integrazione (vedere questo post: QUI), che l’incremento della disoccupazione e degli inattivi: “Le ripetute flessioni congiunturali registrate tra marzo e giugno 2020 hanno determinato una rilevante contrazione dell’occupazione rispetto al mese di agosto 2019 (-1,8% pari a -425mila unità), che coinvolge uomini e donne di qualsiasi età, dipendenti (-290mila) e autonomi (-135mila); unica eccezione sono gli over50, tra i quali gli occupati crescono di 153mila unità esclusivamente per effetto della componente demografica. Il tasso di occupazione scende, in un anno, di 1 punto percentuale. Nonostante ad agosto 2020, come nei mesi precedenti, le ore pro capite effettivamente lavorate, calcolate sul complesso degli occupati, risultino inferiori a quelle del 2019, il divario continua a ridursi: il numero di ore lavorate settimanalmente nel mese di agosto, pari a 25,5, è solo di 0,6 ore inferiore a quello registrato ad agosto 2019 e si riduce a 0,4 ore per i dipendenti. Nell’arco dei dodici mesi aumentano sia le persone in cerca di lavoro (+1,2%, pari a +28mila unità), sia gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+2,3%, pari a +306mila)” (ISTAT, report 1/10/2020, pag. 1). 
Con riferimento al genere la diminuzione dell’occupazione riguarda maggiormente le
donne: “il tasso di occupazione scende per tutti - di 0,7 punti tra gli uomini e di 1,3 punti tra le donne - e quello di inattività cresce rispettivamente di 0,4 e di 1,4 punti. Il tasso di disoccupazione risulta in aumento tra gli uomini (+0,4 punti) e stabile tra le donne” (ISTAT, report 1/10/2020, pag. 3); mentre in relazione all’età sono i giovani di 15-34 anni i più colpiti: “il tasso di occupazione diminuisce in tutte le classi d’età; quello di disoccupazione cresce tra i minori di 35 anni e cala nelle altre classi. Il tasso di inattività aumenta invece in tutte le classi di età” (ISTAT, report 1/10/2020, pag. 5); rispetto al carattere dell’occupazione si intensifica il calo delle occupazioni a tempo determinato e rallenta la crescita di quelle a tempo indeterminato: “Il calo degli occupati registrato nei dodici mesi non riguarda i permanenti, che crescono dello 0,9% (+135mila), ma soltanto i dipendenti a termine (-14,0% pari a -425mila) e gli indipendenti (-2,5% pari a -135 mila) (ISTAT, report 1/10/2020, pag. 4). 
Del resto, la forte flessione dei livelli di attività economica (con una diminuzione del PIL del -12,8%) non poteva non scaricarsi sull’occupazione con una evidente riduzione delle ore lavorate: “Nel secondo trimestre 2020 l’input di lavoro misurato in termini di Ula (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) subisce una eccezionale diminuzione sia sotto il profilo congiunturale (-11,8%) sia su base annua (- 17,0%) (ISTAT, report 18/9/2020, pag. 1). 
Occorre evidenziare come questa crisi derivante dall’emergenza sanitaria si sia innescata in una lunga fase di debole crescita dei livelli di attività economica (dovuta soprattutto all’andamento negativo del settore industriale) in peggioramento già con la fine del 2019.
Nonostante questo contesto di
progressiva perdita di dinamismo economico, il mercato del lavoro aveva mostrato una dinamica ancora positiva raggiungendo nel secondo trimestre 2019 il massimo storico di circa 23,4 milioni di occupati (con un tasso di occupazione del 59,2% e un tasso di disoccupazione del 9,8%), per poi iniziare un progressivo e deciso peggioramento a seguito del diffondersi dei provvedimenti di chiusura connessi al diffondersi del covid-19.
Come accaduto in precedenti periodi di crisi, nel corso del 2020 le imprese hanno utilizzato tutti gli strumenti a disposizione per diminuire le ore lavorate (con ricorso alle ferie, alla riduzione degli straordinari e con un massiccio utilizzo della CIG) al fine di contenere l’impatto negativo sugli addetti; nel contempo, però, sono aumentati i flussi di uscita per licenziamenti e chiusure aziendali, nonché diminuiti quelli di ingresso per assunzioni, con inevitabili effetti negativi diretti sull’occupazione.
Nel secondo trimestre del 2020: - a) le attivazioni dei contratti di lavoro sono risultate pari a -1.869 mila (in calo del -44,5% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente), mentre quelle calcolate al netto delle trasformazioni a Tempo Indeterminato sono state -1.742 mila (-45,3% rispetto al 2019); - b) le attivazioni dei rapporti a Tempo Determinato sono calate in maniera ancora più sostenuta con -1.014 mila rapporti (-45,7% rispetto al 2019), diminuzione riguardante in misura superiore la componente femminile (-52,3%) rispetto a quella maschile (-40,3%); territorialmente tale contrazione avviene in misura superiore nel Centro (-59,3%) e un maggior calo percentuale per le attivazioni che interessano i giovani fino a 24 anni (-50,7%) (ISTAT, report n. 34/2020, pag. 1). 
Insomma, da marzo 2020 l’emergenza sanitaria ha accentuato una riduzione degli occupati che si era già manifestata alla fine del 2019: “
Nel secondo trimestre del 2020 gli occupati sono diminuiti, a causa dell'emergenza sanitaria e del lockdown, di 470.000 unità rispetto al primo trimestre e di 841.000 unità rispetto al secondo trimestre 2019 (…) Rispetto al secondo trimestre 2019 i dipendenti a termine sono diminuiti di 677.000 unità (-21,6%) mentre gli indipendenti hanno perso 219.000 unità (-4,1%) a fronte di un -3,6% dell'occupazione complessiva. I dipendenti stabili sono aumentati su base tendenziale di 55.000 unità (+0,4%). Nel periodo era in vigore il blocco dei licenziamenti. Il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni scende al 57,6% (…) I disoccupati sono 2.057.000. Gli inattivi tra i 15 e i 64 anni sono aumentati di 5,5 punti percentuali rispetto al primo trimestre e di 10 punti rispetto al trimestre precedente raggiungendo quota 14.183.000 unità” (Ansa del 11/9/2020).
Ad essere maggiormente colpiti sono i rapporti più deboli: i dipendenti a termine, i giovani e le donne; il calo dell’occupazione è stato comunque frenato dal provvedimento governativo di sospensione dei licenziamenti per motivi economici e da un eccezionale ricorso alla CIG: a fronte di domande di NASpI (disoccupazione) cresciute del 16% rispetto al primo semestre 2019, nei primi sei mesi dell’anno 2020 le domande di CIG sono aumentate del 1455,7%.
Il sistema degli ammortizzatori sociali è gestito direttamente dall’INPS;
 la spesa complessiva, comprensiva delle varie indennità erogate e dei contributi figurativi versati, è passata dai circa 8 €/miliardi del 2007 ad un ammontare di 23,5 €/miliardi nel 2013 per poi lentamente diminuire fino ai 19,3 €/miliardi nel 2018, ma per il 2020 viene previsto un notevole incremento: “Con tutte le nuove misure di sostegno causate dall’emergenza Covid-19, tra i vari sussidi, i bonus di 600 euro, la Discoll, la Cig aggiuntiva, la Naspi – spiega Brambilla – arriviamo a un costo di 55 miliardi” (QuiFinanza del 7/6/2020).
In conclusione.
La pandemia covid-19 ha avviato una profonda crisi economica che si è innescata su un lungo periodo di debole crescita economica i cui negativi effetti stanno iniziando a manifestarsi e caratterizzeranno i prossimi mesi: diminuisce sia la domanda che l’offerta (servizi, beni, ecc.), aumenta il ricorso alla CIG, la disoccupazione e l’inattività (soprattutto per donne, giovani, ultracinquantenni e lavoratori meno tutelati), si acuiscono le disuguaglianze e cresce la povertà: “La crisi innescata dalla pandemia ha ripercussioni negative soprattutto per le generazioni più giovani. Come nelle recenti recessioni, la riduzione delle assunzioni e il mancato rinnovo dei contratti temporanei ha riguardato particolarmente chi è entrato da poco nel mercato del lavoro” (Banca d’Italia, relazione 2019, pag. 202)
Le varie iniziative assunte a sostegno del reddito (accesso a Naspi e Discoll, l’indennità di € 600, il reddito di ultima istanza, ecc.) danno o hanno dato un “
sollievo” ai lavoratori, ma sono tutti provvedimenti a breve termine, poiché costano troppo al bilancio statale e, dunque, aggravano il già elevato debito pubblico: “Le aspettative di un rapido peggioramento dei saldi di finanza pubblica e di un forte aumento delle emissioni di titoli di Stato nella maggior parte dei paesi hanno indotto gli investitori a richiedere premi più elevati per il rischio sovrano. Le tensioni sono state contenute dagli interventi delle banche centrali e dagli annunci di provvedimenti di politica economica, ma le condizioni su molti mercati rimangono fragili” (Banca d’Italia, relazione 2019, pag. 203).
Dunque, occorre superare velocemente questi provvedimenti “tampone” e procedere con progetti di sviluppo duraturi; occorrono delle soluzioni per governare questa crisi così vasta e profonda che ridurrà l’occupazione, con tanti lavoratori che perderanno il loro lavoro e altri che diventeranno inattivi.
Bisogna immaginare un domani … oltre il virus e una disoccupazione incombente e che tenderà a rimanere elevata per parecchio tempo.

Euro Mazzi

 

PS: questo post fa parte di un ampio studio sulle problematiche relative alla crisi economica e finanziaria che da anni interessa l’Italia nel contesto europeo.
 
Post sulle conseguenze della pandemia:
-  CORONAVIRUS, CRISI DEL TURISMO E … LA PALMARIA: QUI
-  CORONAVIRUS E I “TAGLI” ALLA SANITÀ PUBBLICA: QUI
-  CORONAVIRUS E LA SANITÀ LIGURE: QUI
-  CORONAVIRUS E LA PESANTEZZA DEL DEBITO PUBBLICO: QUI
-  CORONAVIRUS E CRISI ECONOMICA: QUI
-  CORONAVIRUS - il MES e ...: QUI
-  CORONAVIRUS E GLI AIUTI ALLE IMPRESE: QUI
-  CORONAVIRUS E I RISCHI PER LE PENSIONI: QUI
-  CORONAVIRUS E LA CASSA INTEGRAZIONE: QUI
-  CORONAVIRUS E OCCUPAZIONE/DISOCCUPAZIONE: QUI

-  INPS: BOOM DELLA CASSA INTEGRAZIONE: QUI

Post sul MES e l’Europa:
-  MES: UN’EUROPA DI TECNOCRATI?: QUI
-  MES: CAMMINARE SUL FILO DI UN RASOIO …: QUI
 MES: UNA “CALAMITÀ" PER L’ITALIA?: QUI

Nessun commento:

Posta un commento