sabato 9 maggio 2020

CORONAVIRUS E LA CASSA INTEGRAZIONE (sesta parte)

Gli effetti del blocco delle attività economiche e sociali derivate dalla necessità di contenere il contagio della pandemia-covid19 si stanno oramai manifestando come recessione economica generale; uno degli indicatori che immediatamente evidenziano la presenza di una crisi economica riguarda l’andamento del ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni (CIG - vedere scheda n. 1).
In proposto, l’ex ministro C. Damiano ha evidenziato come l’Italia oggi rischi di ritornare agli alti livelli di CIG del 2008-12 per l’impatto negativo dell’emergenza sanitaria sulla crescita e sul calo del PIL: “Come conseguenza avremo una impennata dell’utilizzo della CIG, anche a seguito delle misure adottate dal Governo che rimettono in pista l’utilizzo della Cassa integrazione in deroga per le aziende anche con un dipendente”; Damiano sottolinea, però, come già nel 2019 si fossero manifestati i primi sintomi di crisi:  Dal 2019 il ciclo moderato di ripresa si inverte e tutti questi indicatori diventano negativi. Per l’anno in corso (2020) avremo sicuramente un netto peggioramento della situazione” (dichiarazione del 21/3/2020).
I dati statistici dell’INPS evidenziano per gli ultimi 20 anni un andamento sostanzialmente crescente del ricorso alla CIG a testimonianza di una crescita economica di periodo comunque bassa; nello specifico occorre distinguere tre periodi: 1) negli anni 2000-2008 questo ammortizzatore sociale era stato utilizzato per 147.175.246 ore nel 2000 per crescere costantemente fino a 228.347.591 ore nel 2008 (con una media di periodo di 202,6 milioni/ore); 2) nel periodo 2009-2014 si è verificato un picco caratterizzato da una media di 1.051,4 milioni/ore e con un massimo nel 2010 di 1.198.539.470 ore; 3) nel periodo 2015-2019 la media è stata di 415,8 milioni/ore, con un andamento in calo rispetto al 2010, mantenendosi comunque sopra la media del periodo 2000-2008 e con un nuovo incremento proprio nel 2019 (vedere grafico andamento 1980-2019).
L’andamento della CIG negli ultimi 20 anni bene rappresenta la bassa crescita economica italiana con al centro le due crisi economiche del 2008-2009 e del 2011-2012; l’impatto dell’emergenza sanitaria marzo-maggio 2020 potrebbe comportare un forte ritorno del ricorso alla CIG ai livelli del 2010, cioè a superare quota di 1,1 miliardi/ore con notevoli conseguenze negative sul bilancio pubblico e, conseguentemente, sull’aumento del rapporto debito pubblico/PIL.
Gli ultimi dati attualmente disponibili dimostrano, però, che la crisi economica era già in atto prima della insorgenza della pandemia; infatti il ricorso alla CIG nel 2019 era stato di 259.653.602 ore (+43.644.135 ore rispetto al 2018); incremento che si riscontra anche nei primi mesi 2020: nel mese di dicembre 2019 era stato di 16.298.415 ore, ricorso cresciuto a gennaio 2020 a 28.842.141 ore e ridotto in febbraio a 21.262.357 ore.
L’impatto della pandemia si vedrà a partire dai dati relativi ai mesi successivi a marzo-aprile anche se è facile ipotizzare una loro impennata dovuta proprio al “blocco” delle attività non necessarie.
Infatti, con le prime restrizioni governative, lo scenario occupazionale nelle aziende italiane risulta assai preoccupante e così articolato: “Il 65,8% dei dipendenti (si stima circa 8 milioni 434 mila addetti nelle aziende) non lavora: il 44,6% perché interessato dal blocco delle attività produttive previste dai DPCM 11 e 22 marzo e il 21,2% per altri motivi (ferie obbligate, la sospensione volontaria delle attività). - Il 34,2% (si stima 4 milioni 384 mila lavoratori dipendenti) continua a lavorare, nel 17,2% dei casi (2 milioni 205 mila) principalmente o esclusivamente da casa, mentre un altro 17% (2 milioni 179 mila) principalmente o esclusivamente in sede” (Fond. Studi Consulenti del Lavoro, marzo 2020).
In questo contesto assai preoccupante, è veramente stucchevole e deleteria la “polemica ideologica continua” di molti esponenti politici sia di governo (tesi a messaggi rassicuranti e/o “incensatori” sul proprio operato) che di opposizione (votati alla critica generica o su particolari negativi), con parti invertite quando si tratta di giudicare l’operato delle Regioni guidate dallo schieramento opposto a quello governativo. Questo tipo di “polemica di schieramento” è la manifestazione di un messaggio (che trova casa e amplificazione specie nei social) sostanzialmente populista rivolto direttamente alla propria “tifoseria” da aizzare contro l’avversario di turno.
Tra queste “polemiche di schieramento” è finita proprio la questione del ricorso alla CIG. Qualche esempio. Per illustrare i provvedimenti del “Decreto Cura Italia” sono stati utilizzati toni alquanto enfatici; per esempio, sugli 11 €/miliardi destinati agli ammortizzatori sociali: “Da lunedì 30 marzo – ha spiegato Conte – i datori di lavoro possono fare domanda e il bonifico arriverà direttamente sull’iban del lavoratore. Ho chiesto al ministero del Lavoro e all’Inps di mettere in campo uno sforzo straordinario affinché i pagamenti siano attivati entro il 15 aprile e, se possibile, anche prima: voglio che siano dimezzati rispetto alla scadenza fissata” (QuiFinanza del 27/3/2020). All’enfasi di Conte ha risposto la critica aprioristica di Salvini: “La cassa integrazione non è ancora arrivata. Nel corso di una conferenza stampa al Senato, Salvini ha attaccato il governo ricordando che la cassa integrazione promessa per il 15 aprile non è arrivata sui conti correnti degli italiani” (Il Giornale del 16/4/2020).
A parti invertite troviamo le “polemiche di schieramento” sui ritardi delle Regioni (specie verso quelle a gestione del centro-destra) nella definizione degli iter e degli strumenti per l’accesso alla CIGD; i social (ma anche stampa e televisione) sono stai investiti da  contrapposte dichiarazioni ora enfatiche ora ipercritiche, pochi i commenti capaci di entrare nel merito dell’articolazione dei problemi reali, poiché abbiamo di fronte una procedura particolarmente accidentata e un iter comunque lento (in proposito vedere scheda n. 2).
Qualche esempio. I consiglieri regionali liguri di I.V. Michelucci e Ferrando hanno evidenziato i ritardi della Regione, in quanto le richieste di CIGD sono state inviate all’INPS solo in data 14/4/2020; l’assessore regionale Berrino ha subito negato i ritardi, per poi evidenziare le risorse insufficienti messe a disposizione dal Governo, mentre sull’inoltro delle domande ha dichiarato: “Regione Liguria ha già passato all’Inps tutto quello che i consulenti per conto delle aziende hanno inviato a tutto il 25 aprile (…) Le ore a consuntivo di febbraio e marzo sono 1.674.694 e sono relative a 23.976 lavoratori di 11.101 aziende, per un totale di 13.565.021 euro. Ricordo che solo ieri sono arrivate dal Governo le risorse della seconda tranche, e che le domande arrivate coprono già tutto il riparto assegnato alla Liguria, e sappiamo già che non basta, perché è ampiamente insufficiente rispetto alle esigenze di aziende e lavoratori (…) avremmo già superato i 68 milioni e 200 assegnati dal governo (precisamente 70.341.704 euro, corrispondenti a 15.190 domande, 36.704 lavoratori e 8.684.161 ore) e l’INPS ci avrebbe bloccato la trasmissione delle autorizzazioni” (104news del 30/4/2020).
A sua volta l’INPS espone sul proprio sito questi dati: al 23/4/20 la Liguria risultava con 3.790 pratiche inviate, 2.223 autorizzate e solo 62 pagate; al 5/5/20 la Liguria aveva inviato 11.688 pratiche, 7.686 autorizzate e 2.798 pagate con 4.970 beneficiari pagati; al 7/5/20 la Liguria aveva inviato 12.408 pratiche9.591 autorizzate e 4.027 pagate con 7.338 beneficiari pagati
Il presidente dell’INPS ha dichiarato che al 20/4/2020 erano state raccolte “oltre 5 milioni di domande per circa 9,5 milioni di beneficiari (…) Abbiamo speso 15 miliardi per la cig, credo alla luce delle relazioni tecniche che stiamo predisponendo, che nel prossimo decreto serviranno non meno di 25-30 miliardi” (Kongnews del 20/4/2020).
Insomma, la procedura è complessa, i ritardi e le disfunzioni ci sono, ma lo “sforzo” organizzativo e finanziario è notevole; bisogna avere la capacità di entrare nel merito, evitando sia i toni enfatici che le critiche aprioristiche.
In conclusione.
Le questioni attinenti alla CIG evidenziano quanto siano complesse le procedure; dall’emanazione del decreto “Cura Italia” all’erogazione effettiva sono passate (e passeranno ancora) parecchie settimane (anche se l’INPS sta di fatto riducendo i tempi rispetto ai circa 3 mesi  necessari in precedenza); i tempi di pagamento saranno diversi da regione e regione; i lavoratori possono contare su tempistiche più veloci soltanto nel caso di anticipo da parte del datore di lavoro.
Conseguentemente, l’impianto e gli strumenti messi a punto per fronteggiare l’emergenza si stanno mostrando largamente inefficaci per offrire quella rapidità di risposta essenziale a garantire un’effettiva tutela dei lavoratori in un momento drammatico come quello attuale.
Insomma, i messaggi enfatici (“nessuno avrebbe perso il proprio lavoro”) e quelli ipercritici di molti politici si sono scontrati con la dura realtà; da una parte, sono emersi i problemi organizzativi: le inefficienze derivanti dall’aver concentrato molti interventi in capo all’INPS; l’eccesso di burocrazia (per la domanda servono vari  documenti ed essere in grado di fare la procedura per via telematica) e l’articolazione della valutazione di ammissibilità (da parte sia della Regione che dell’INPS); le carenze e i disguidi (come evidenziato dal blocco del sito INPS); le difficoltà a smaltire in tempi brevi una gran mole di richieste; dall’altra, la complessità delle procedure (accordi con le organizzazioni sindacali, coinvolgimento delle Regioni, accordi con le  banche per l’anticipo degli importi), senza dimenticare l’estrema frammentazione delle misure a sostegno del reddito che rientra in una pluridecennale politica assistenzialistica che mira a soddisfare tutti attraverso bonus e piccole elargizioni a pioggia.
Quale futuro può avere un Paese che fino ad oggi ha solo discusso di elargizioni pubbliche (sussidi e bonus, peraltro con tempi lunghi di erogazione), senza preoccuparsi delle coperture ma con l’unica prospettiva di aumentare il debito pubblico; la CIG è un sostegno limitato nel tempo (che va rifinanziato se si vuole continuare a garantire il sostegno ai lavoratori); ma bisogna urgentemente pensare alla crescita economica se si vuole evitare di perdere migliaia di posti di lavoro, contenendo i fenomeni di progressivo impoverimento.
 
Euro Mazzi

 
PS: questo post fa parte di un ampio studio sulle problematiche relative alla crisi economica e finanziaria che da anni interessa l’Italia nel contesto europeo.

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