sabato 21 dicembre 2019

MES: UN’EUROPA DI TECNOCRATI? (terza parte)

Dopo aver illustrato le caratteristiche e le problematicità generali relative al MES (Meccanismo Europeo di Stabilità o ESM) e alle modifiche apportate all’assistenza finanziaria, nonché ai rischi attinenti all’eventualità di una ristrutturazione preventiva del debito pubblico, occorre ora affrontare le criticità connesse con l’aumentata centralità del MES rispetto alle istituzioni europee.
1 – La centralità del MES.
La proposta di revisione considera il MES (proprio in quanto organizzazione esterna all’UE) più tecnica e più veloce nelle decisioni rispetto alla CE (struttura politica): “I membri del MES riconoscono che, ai fini dell’efficacia del dispositivo di sostegno comune e delle risoluzioni da esso finanziate, è fondamentale che il dispositivo di sostegno implichi un processo decisionale rapido ed efficiente e un coordinamento con gli Stati membri partecipanti che affiancano il MES nel finanziamento tramite il dispositivo di sostegno allo SRF” (Preambolo, punto 15ter).
Il MES si pone al centro del potere economico nell’Eurozona proprio per la sua capacità di rispondere “immediatamente” alle crisi e soprattutto per l’entità dei mezzi finanziari in grado di erogare, poiché  è conferito al MES il potere di raccogliere fondi con l’emissione di strumenti finanziari o la conclusione di intese o accordi finanziari o di altro tipo con propri membri, istituzioni finanziarie o terzi” (art. 3 comma 3); accentuando altresì il punto di vista dei Paesi “creditori”, infatti così viene definito:“Il MES effettua l’analisi e la valutazione dalla prospettiva del prestatore (Preambolo, punto 5ter).
Questa “prospettiva del creditore” si sostanzia in particolare: - nella valutazione della capacità di rimborso del debitore; - nell’analisi dei vari rischi connessi all’operazione di finanziamento; - nell’adeguata remunerazione (completa copertura dei costi operativi e di finanziamento e includere un margine adeguato); - nell’imposizione delle “rigorose condizioni” a tutela della stabilità dell’Eurozona.
Certamente esiste una generale intonazione alla “collaborazione” tra e con le varie istituzioni europee, ma il ruolo del MES non solo è aumentato per quantità e qualità dei propri interventi, ma ha assunto un compito decisivo (“governance efficace”) nella prevenzione e gestione delle crisi: “La Commissione europea e il MES condividono obiettivi comuni e svolgeranno funzioni specifiche collegate alla gestione delle crisi per la zona euro in conformità del diritto dell’Unione europea e del presente trattato. Le due istituzioni collaboreranno quindi strettamente nelle misure di gestione delle crisi del MES, nel quadro di una governance efficace, così da assicurare la stabilità finanziaria, combinando le rispettive competenze” (Preambolo, punto 5ter).
Il MES ha, comunque, alcune specifiche ed esclusive competenze:
1)   In caso di valutazioni non concordi: “È opportuno che il MES conceda sostegno alla stabilità soltanto ai propri membri che presentano un debito reputato sostenibile e dei quali è confermata la capacità di rimborso al MES. Sostenibilità del debito e capacità di rimborso saranno valutate all’insegna della trasparenza e della prevedibilità, al contempo consentendo una sufficiente discrezionalità. Tali valutazioni saranno effettuate dalla Commissione europea di concerto con la BCE e dal MES, e ove opportuno e possibile insieme al FMI, in conformità del presente trattato, del diritto dell’Unione europea e del protocollo di cooperazione concluso a norma dell’articolo 13, paragrafo 8. Qualora la collaborazione non conduca a una visione comune, la Commissione europea effettuerà la valutazione complessiva della sostenibilità del debito pubblico, mentre il MES valuterà la capacità di rimborso del proprio membro nei suoi confronti (Preambolo, punto 11ter).
2)   Il MES avrà una maggiore capacità di valutare la situazione complessiva dei Paesi membri, anche in via preventiva (prevenzione delle crisi), indipendentemente da richieste di sostegno e ad a uso esclusivamente interno, per mettere poi il MES nelle condizioni di rispondere tempestivamente alle eventuali richieste, o comunque successivamente alla formale presentazione di una richiesta di supporto finanziario: “Se necessario per prepararsi internamente a poter svolgere adeguatamente e con tempestività i compiti attribuitigli dal presente trattato, il MES può seguire e valutare la situazione macroeconomica e finanziaria dei suoi membri, compresa la sostenibilità del debito pubblico, e analizzare le informazioni e i dati pertinenti” (art. 3, comma 1) e, dunque, assume alcune competenze proprie della CE con una evidente duplicazione.
3)   Il MES svolgerà un ruolo più importante nel monitoraggio dei programmi di aggiustamento dei Paesi a cui vengono erogati i prestiti, dato che gli si affida il compito di stabilire appropriati sistemi di pre-allerta (“warning systems”) allo scopo di assicurarsi di ricevere i pagamenti dovuti alle scadenze definite (Preambolo, punto 18 e art. 13 comma 6).
In questo contesto di aumentata centralità, viene rafforzato il potere del Direttore Generale del MES il quale agisce in totale indipendenza nello svolgimento dei suoi compiti e risponde solo al MES: “Il presente trattato riconosce l’indipendenza del direttore generale e del personale del MES. Tale indipendenza dovrebbe essere esercitata in modo tale da salvaguardare, ove pertinente e secondo il disposto del presente trattato, la coerenza con il diritto dell'Unione europea, sulla cui applicazione vigila la Commissione europea” (Preambolo, punto 16 e art. 7).
Questa “indipendenza” si aggiunge alla concessione: dell’immunità, della segretezza (“a non rivelare le informazioni protette dal segreto professionale”, art. 34), della “inviolabilità per tutti gli atti scritti e documenti ufficiali redatti” (art. 35) e del non rispondere delle proprie azioni al Parlamento Europeo.
Il Direttore Generale è l’unico che si confronta con la CE, che firma e rappresenta il MES (art. 13): - affianca la CE e la BCE nella valutazione della domanda di sostegno presentata da uno Stato in crisi; - redige una proposta da sottoporre all’approvazione del Consiglio dei Governatori del MES; - prepara una proposta di accordo su un dispositivo di assistenza finanziaria (comprese le modalità, le condizioni finanziarie e la scelta degli strumenti) da sottoporre per l’adozione al Consiglio dei Governatori; - affianca la Commissione europea e la BCE nell’attività di monitoraggio del rispetto delle condizioni cui è associato il dispositivo di assistenza finanziaria erogato (anche se questa collaborazione dovrà poi essere meglio definita in uno specifico protocollo d’intesa).
Insomma, il MES ha sempre più importanza e capacità di intervento nelle fasi di pre-crisi e di crisi di uno Stato europeo, ma nonostante l’ampiezza del suo potere discrezionale è di fatto una “zona franca” per la sua indipendenza, immunità, segretezza e inviolabilità, ma anche per l’assenza: di procedure di consultazione (ad es. verso i gruppi portatori di interessi diffusi); di istituti di trasparenza; di  meccanismi di accesso agli atti; di obblighi a relazionare al Parlamento europeo; di procedure di valutazione ex post per misurare l’efficacia e l’efficienza della sua azione.
Conclusioni.
Nel ribadire come il MES rivesta una notevole importanza nella gestione delle crisi di uno Stato dell’Eurozona e come la sua azione abbia tranquillizzato i mercati, occorre sottolineare, però, come una puntuale analisi del testo della proposta di revisione del MES abbia evidenziato alcune criticità che dovrebbero spingere a una maggior cautela e a un più rilevante approfondimento per arrivare a una sua necessaria modifica con il fine di evitare che la “cura” propinata al “malato” sia essa stessa causa di altre gravi “malattie”.
In proposito, bisognerebbe smetterla di utilizzare il MES ai fini di una mera strumentalizzazione partitica caratterizzata da un accentuato “polemico dibattito pro-contro”; al contrario sarebbe auspicabile avviare un’approfondita analisi e una conseguente valutazione critica sul funzionamento e sui problemi emersi nella pur breve esistenza del MES dal 2010 fino ad oggi, affinché gli “errori” commessi non siano ripetuti, anzi dall’esperienza conseguita si possano trarre opportuni consigli per il futuro.
In tal senso, le osservazioni suesposte in merito alla “centralità” del MES dovrebbe far riflettere sulle criticità presenti nel processo di revisione in corso, con particolare riferimento:
a)    Al rafforzamento dei processi decisionali e di capacità di intervento del MES (struttura intergovernativa esterna all’architettura istituzionale dell’UE) che sta avvenendo a danno delle strutture “politiche” europee (Parlamento Europeo e CE) e nazionali (Parlamento e strutture socio-economiche).
b)   Al notevole potere discrezionale esercitato in “zona franca” e da tecnici che hanno “visione” prevalentemente monetaristica e incline all’austerità e poco allo sviluppo; che curano prevalentemente gli interessi dei creditori con un conseguente atteggiamento cinico, poco propenso alla solidarietà ed eccessivamente punitivo (“hai sbagliato prima e ora paghi”). In merito va ricordato come numerosi studi abbiano già dimostrato che le “rigorose condizioni” poste agli Stati abbiano avuto a loro volta effetti recessivi e con gravi ricadute economiche e sociali sulla popolazione.
Le proposte di revisione del Trattato istitutivo del MES andrebbero, dunque, modificate, recuperando una visione più solidaristica e una dimensione sociale, considerando il dibattito sugli squilibri sociali alla stregua di quello sugli squilibri macroeconomici, contribuendo in questo modo a ridimensionare due aspetti della politica attuale assai importanti:
1)   Il superamento delle incertezze dei “politici” derivanti dalla paura dei “sondaggi” e delle scadenze elettorali, che li porta a privilegiare l’offerta di slogan elettorali piuttosto che la predisposizione di vere, indispensabili e reali riforme che guardano al futuro e al miglioramento delle condizioni di vita delle prossime generazioni.
c)    Il contenimento alla diffusione dei movimenti c.d. “sovranisti e/o populisti”, i quali hanno trovato proprio nelle contraddizioni della politica economica europea la gran parte della propria capacità di sviluppo; non è un caso che tra le espressioni propagandistiche più utilizzate da questi movimenti figurano per esempio le seguenti: “la cessione ulteriore di spazi di sovranità”; “la perdita di ruolo dei Parlamenti nazionali”, “la lotta agli organismi tecnocratici”, “la contrapposizione tra eletti dal popolo e tecnici nominati”, “il contrasto alle misure di austerità”, “l’Europa dei banchieri e dei tecnocrati”, ecc..
Insomma, una critica puntuale e severa del Trattato istitutivo del MES e della proposta di sua revisione deve avere come scopo ultimo quello di rilanciare l’utopia diun’Europa libera e unita, poiché: “Oggi e il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge, cosi diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie fra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredita di tutti i movimenti di elevazione dell’umanità, naufragati per incomprensioni del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo. La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà! (da Manifesto di Ventotene 1941).

Euro Mazzi


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