Dopo
aver illustrato le caratteristiche e le problematicità generali relative al MES (Meccanismo Europeo
di Stabilità o ESM) e alle modifiche apportate all’assistenza finanziaria, nonché ai
rischi attinenti all’eventualità di una ristrutturazione
preventiva del debito pubblico, occorre ora affrontare le criticità
connesse con l’aumentata
centralità
del MES
rispetto alle istituzioni europee.
1 – La centralità del MES.
La
proposta di revisione considera il MES (proprio in quanto organizzazione esterna all’UE) più tecnica e più veloce nelle
decisioni rispetto alla CE (struttura
politica): “I membri del MES
riconoscono che, ai fini dell’efficacia del dispositivo di sostegno comune e
delle risoluzioni da esso finanziate, è fondamentale che il dispositivo di
sostegno implichi un processo
decisionale rapido ed efficiente e un coordinamento con gli Stati membri
partecipanti che affiancano il MES nel finanziamento tramite il dispositivo di
sostegno allo SRF” (Preambolo, punto 15ter).
Il
MES
si pone al centro del potere economico nell’Eurozona proprio per la sua capacità di rispondere “immediatamente”
alle crisi e soprattutto per l’entità dei mezzi finanziari in grado di erogare,
poiché “è conferito al MES il potere di raccogliere fondi con l’emissione di strumenti finanziari o la
conclusione di intese o accordi finanziari o di altro tipo con propri membri,
istituzioni finanziarie o terzi” (art. 3 comma 3); accentuando altresì il
punto di vista dei Paesi “creditori”, infatti così viene
definito:“Il MES effettua l’analisi e la
valutazione dalla prospettiva del
prestatore” (Preambolo, punto 5ter).
Questa “prospettiva del creditore” si sostanzia in particolare: - nella valutazione della capacità di rimborso del debitore; - nell’analisi dei vari rischi connessi all’operazione di finanziamento; - nell’adeguata remunerazione (completa copertura dei costi operativi e di finanziamento e includere un margine adeguato); - nell’imposizione delle “rigorose condizioni” a tutela della stabilità dell’Eurozona.
Questa “prospettiva del creditore” si sostanzia in particolare: - nella valutazione della capacità di rimborso del debitore; - nell’analisi dei vari rischi connessi all’operazione di finanziamento; - nell’adeguata remunerazione (completa copertura dei costi operativi e di finanziamento e includere un margine adeguato); - nell’imposizione delle “rigorose condizioni” a tutela della stabilità dell’Eurozona.
Certamente
esiste una generale intonazione alla “collaborazione” tra e con le varie
istituzioni europee, ma il ruolo del MES non solo è aumentato per quantità e qualità dei propri interventi, ma ha
assunto un compito decisivo (“governance efficace”) nella prevenzione e gestione delle crisi: “La Commissione
europea e il MES condividono obiettivi comuni e svolgeranno funzioni specifiche collegate alla gestione delle crisi per la zona euro in conformità del diritto dell’Unione
europea e del presente trattato. Le due istituzioni collaboreranno quindi strettamente nelle misure di gestione delle crisi del MES, nel
quadro di una governance efficace,
così da assicurare la stabilità
finanziaria, combinando le rispettive competenze” (Preambolo, punto
5ter).
Il
MES
ha, comunque, alcune specifiche ed esclusive competenze:
1)
In
caso di valutazioni non concordi: “È
opportuno che il MES conceda sostegno alla stabilità soltanto ai propri membri che presentano un debito reputato sostenibile e dei quali è confermata la capacità di rimborso al MES. Sostenibilità del debito e capacità di rimborso saranno valutate
all’insegna della trasparenza e della prevedibilità, al contempo consentendo
una sufficiente discrezionalità.
Tali valutazioni saranno effettuate dalla Commissione
europea di concerto con la BCE e
dal MES,
e ove opportuno e possibile insieme al FMI,
in conformità del presente trattato, del diritto dell’Unione europea e del
protocollo di cooperazione concluso a norma dell’articolo 13, paragrafo 8.
Qualora la collaborazione non conduca a una visione comune, la Commissione europea effettuerà la
valutazione complessiva della sostenibilità
del debito pubblico, mentre il MES valuterà la
capacità di rimborso del proprio membro nei suoi confronti (Preambolo,
punto 11ter).
2)
Il
MES
avrà una maggiore capacità di valutare
la situazione complessiva dei Paesi membri, anche in via preventiva (prevenzione delle crisi),
indipendentemente da richieste di sostegno e ad a uso esclusivamente interno,
per mettere poi il MES nelle condizioni di rispondere tempestivamente alle eventuali richieste, o comunque
successivamente alla formale presentazione di una richiesta di supporto
finanziario: “Se necessario per
prepararsi internamente a poter svolgere
adeguatamente e con tempestività i compiti attribuitigli dal presente
trattato, il MES
può seguire e valutare la situazione macroeconomica
e finanziaria dei suoi membri, compresa la sostenibilità del debito
pubblico, e analizzare le informazioni e i dati pertinenti” (art. 3, comma
1) e, dunque, assume alcune competenze
proprie della CE con una evidente
duplicazione.
3)
Il
MES
svolgerà un ruolo più importante nel monitoraggio
dei programmi di aggiustamento dei Paesi a cui vengono erogati i prestiti,
dato che gli si affida il compito di stabilire appropriati sistemi di
pre-allerta (“warning systems”) allo scopo di assicurarsi di ricevere i
pagamenti dovuti alle scadenze definite (Preambolo, punto 18 e art. 13 comma
6).
In
questo contesto di aumentata centralità, viene rafforzato il potere
del Direttore Generale del MES il
quale agisce in totale indipendenza nello
svolgimento dei suoi compiti e risponde solo al MES: “Il presente trattato riconosce l’indipendenza
del direttore generale e del personale del MES. Tale indipendenza
dovrebbe essere esercitata in modo tale da salvaguardare, ove pertinente e
secondo il disposto del presente trattato, la coerenza con il diritto dell'Unione europea, sulla cui applicazione
vigila la Commissione europea” (Preambolo, punto 16 e art. 7).
Questa
“indipendenza”
si aggiunge alla concessione: dell’immunità,
della segretezza (“a non rivelare le informazioni protette dal
segreto professionale”, art. 34), della “inviolabilità per tutti gli atti scritti e documenti
ufficiali redatti” (art. 35) e del non rispondere delle proprie azioni al
Parlamento Europeo.
Il
Direttore Generale è l’unico che si
confronta con la CE, che firma e rappresenta il MES (art. 13): - affianca la CE e la BCE nella valutazione della domanda di sostegno presentata da uno
Stato in crisi; - redige una proposta
da sottoporre all’approvazione del Consiglio
dei Governatori del MES; - prepara una proposta di accordo su un dispositivo di assistenza finanziaria (comprese
le modalità, le condizioni finanziarie e la scelta degli strumenti) da
sottoporre per l’adozione al Consiglio
dei Governatori; - affianca la Commissione
europea e la BCE nell’attività
di monitoraggio del rispetto delle condizioni cui è associato il dispositivo di
assistenza finanziaria erogato (anche se questa collaborazione dovrà poi essere
meglio definita in uno specifico protocollo d’intesa).
Insomma,
il MES ha
sempre più importanza e capacità di intervento nelle fasi di
pre-crisi e di crisi di uno Stato europeo, ma nonostante l’ampiezza del suo potere
discrezionale è di fatto una “zona franca” per la sua indipendenza, immunità, segretezza e inviolabilità, ma anche per l’assenza:
di procedure di consultazione (ad
es. verso i gruppi portatori di interessi diffusi); di istituti di trasparenza; di meccanismi di accesso agli atti; di
obblighi a relazionare al Parlamento
europeo; di procedure di valutazione ex
post per misurare l’efficacia e l’efficienza della sua azione.
Conclusioni.
Nel
ribadire come il MES rivesta una notevole importanza nella gestione delle crisi di uno Stato dell’Eurozona e come la sua azione abbia tranquillizzato i mercati, occorre
sottolineare, però, come una puntuale analisi del testo della proposta di revisione del MES abbia
evidenziato alcune criticità che
dovrebbero spingere a una maggior cautela e a un più rilevante approfondimento per
arrivare a una sua necessaria modifica con il fine di evitare che la “cura”
propinata al “malato” sia essa stessa causa di altre gravi “malattie”.
In
proposito, bisognerebbe smetterla di utilizzare il MES ai fini di una mera strumentalizzazione partitica
caratterizzata da un accentuato “polemico dibattito pro-contro”;
al contrario sarebbe auspicabile avviare un’approfondita analisi e una conseguente valutazione critica sul funzionamento e sui problemi emersi nella
pur breve esistenza del MES dal 2010 fino ad oggi, affinché gli “errori”
commessi non siano ripetuti, anzi dall’esperienza conseguita si possano trarre
opportuni consigli per il futuro.
In
tal senso, le osservazioni suesposte in merito alla “centralità”
del MES
dovrebbe far riflettere sulle criticità
presenti nel processo di revisione in corso, con particolare riferimento:
a)
Al
rafforzamento dei processi
decisionali e di capacità di intervento del MES (struttura intergovernativa esterna
all’architettura istituzionale dell’UE)
che sta avvenendo a danno delle strutture “politiche” europee (Parlamento Europeo e CE) e nazionali (Parlamento e strutture socio-economiche).
b)
Al
notevole potere
discrezionale esercitato in “zona franca” e da tecnici che hanno “visione” prevalentemente monetaristica e incline all’austerità e poco
allo sviluppo; che curano prevalentemente gli interessi dei creditori con un conseguente atteggiamento cinico, poco propenso alla solidarietà ed eccessivamente punitivo (“hai sbagliato prima e ora paghi”). In merito va ricordato come numerosi
studi abbiano già dimostrato che le “rigorose condizioni” poste agli Stati
abbiano avuto a loro volta effetti recessivi e con gravi ricadute economiche e sociali
sulla popolazione.
Le
proposte di revisione del Trattato
istitutivo del MES
andrebbero, dunque, modificate, recuperando una visione più solidaristica e una dimensione sociale, considerando il dibattito sugli squilibri sociali alla stregua di
quello sugli squilibri macroeconomici,
contribuendo in questo modo a ridimensionare due aspetti della politica attuale
assai importanti:
1)
Il
superamento delle incertezze dei “politici” derivanti dalla
paura dei “sondaggi” e delle scadenze
elettorali, che li porta a privilegiare l’offerta di slogan elettorali
piuttosto che la predisposizione di vere,
indispensabili e reali riforme che guardano al futuro e al miglioramento delle condizioni di vita delle prossime
generazioni.
c)
Il
contenimento alla diffusione dei
movimenti c.d. “sovranisti e/o populisti”, i quali hanno trovato proprio nelle
contraddizioni della politica economica europea la gran parte della propria
capacità di sviluppo; non è un caso che tra le espressioni propagandistiche più
utilizzate da questi movimenti figurano per esempio le seguenti: “la cessione ulteriore di spazi di sovranità”;
“la perdita di ruolo dei Parlamenti
nazionali”, “la lotta agli organismi
tecnocratici”, “la contrapposizione
tra eletti dal popolo e tecnici nominati”, “il contrasto alle misure di austerità”, “l’Europa dei banchieri e dei tecnocrati”, ecc..
Insomma,
una critica puntuale e severa del Trattato istitutivo del MES e della proposta di sua revisione deve avere come scopo ultimo
quello di rilanciare l’utopia di “un’Europa libera e unita”, poiché: “Oggi e il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti
ingombranti, tenersi pronti al nuovo
che sopraggiunge, cosi diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie fra i giovani.
Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell’attuale crisi
della civiltà europea, e che perciò raccolgono l’eredita di tutti i movimenti
di elevazione dell’umanità,
naufragati per incomprensioni del fine da raggiungere o dei mezzi come
raggiungerlo. La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!”
(da Manifesto
di Ventotene 1941).
Euro
Mazzi
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