Nell’Eurogruppo
del 9/4/2020 è stato raggiunto un “compromesso” sugli interventi per
fronteggiare le pesanti conseguenze economiche della pandemia-covid19; l’accordo è articolato in 23 punti, i principali
punti sono i seguenti:
1)
la
flessibilità di bilancio (punto 8 e
11 – “Flexibility in EU rules”) accompagnata
dalla sospensione generalizzata dei
vincoli posti dal Fiscal Compact
(punto 11 – “Financial
Stability”),
cioè può essere aumentato il deficit pubblico di ogni Stato;
2)
l’utilizzo dei
residui del Fondo
di coesione comunitaria (punto 9 - “Coronavirus
Response Investment Initiative”) di 37
€/miliardi, con riduzione dei vincoli nel loro uso (eliminazione dell’obbligo
del cofinanziamento con ulteriori risorse nazionali, lasciando agli Stati la
possibilità di spendere più facilmente queste risorse);
3) l’intervento monetario della BCE (punto 10 - “PEPP - Pandemic Emergency Purchase Programme”) di 300+750 €/miliardi per sostenere la liquidità (“quantitative easing”);
3) l’intervento monetario della BCE (punto 10 - “PEPP - Pandemic Emergency Purchase Programme”) di 300+750 €/miliardi per sostenere la liquidità (“quantitative easing”);
4)
un fondo di
emergenza
(punto 14 - “Emergency Support”) di 2,7 €/miliardi per un sostegno immediato
ai sistemi sanitari nazionali;
5)
un Fondo di
garanzia
dei Paesi europei (punto 15 - “Pan
European guarantee Fund”) di 25
€/miliardi per consentire alla BEI (Banca
Europea degli Investimenti) di reperire sui mercati fino a 200 €/miliardi da convertire
successivamente in prestiti agevolati alle imprese, con un’attenzione
particolare alle PMI (un impegno degli Stati membri a farsi carico di queste
risorse iniziali non con versamenti, ma con
garanzie);
6)
una nuova linea
di credito del MES
(punto 16 - “Pandemic Crisis Support”)
ammontante a 410 €/miliardi
destinato al rafforzamento dei sistemi sanitari interni e delle spese per
l’emergenza, erogabile su richiesta per un massimo del 2% del Pil 2019 (per
l’Italia significa un possibile finanziamento di circa 36 €/miliardi); prestito senza condizioni macroeconomiche e con
modalità, tempi di restituzione e tassi ancora da definire, ma con l’impegno
che “Successivamente, gli Stati membri
dell'area dell'euro rimarranno impegnati a rafforzare
i fondamenti economici e finanziari, coerentemente con i quadri di
coordinamento e sorveglianza economica e fiscale dell'UE, compresa l'eventuale
flessibilità applicata dalle competenti istituzioni dell'UE” (cioè dopo si ripristineranno
i parametri economici ora sospesi e quindi impegno a ridurre il deficit e il
debito);
7)
la cassa integrazione
europea
(punto 17 - “Sure - State sUpported
shoRt-timE work”) di 100
€/miliardi per ridurre i rischi della perdita massiccia di posti di lavoro
a causa della crisi derivante dalla pandemia;
sono ancora da chiarire le caratteristiche di questo strumento (garanzia, modalità
di restituzione, livellamento dei differenziali tra i vari Paese), comunque sono
prestiti da restituire;

Questo
accordo è stato positivamente commentato dal ministro dell’Economia: “Messi sul tavolo i bond europei, tolte dal
tavolo le condizionalità del Mes. Consegniamo al Consiglio europeo una proposta ambiziosa. Ci batteremo
per realizzarla” (tweet di R.
Gualtieri del 9/4/2020); ma questo “compromesso” ha scatenato le
opposizioni (Lega e FdI) contrarie in particolare all’attivazione del MES, così
come alcuni parlamentari del M5S si sono mostrati insoddisfatti verso una strategia
del Governo che è apparsa “ondivaga” tra il considerare il MES come
strumento non idoneo: “L’Italia non ha
bisogno del MES che giudica uno strumento inadeguato
e insufficiente” (dichiarazione Conte del 10/4/2020) oppure positivo “è stato compiuto un deciso passo avanti”
in relazione all’assenza delle condizionalità tipiche del MES (dichiarazione
Conte del 16/4/2020).

C’è costante polemica, ma manca una seria analisi della situazione, manca un dibattito su cosa/come/tempi dell’intervento pubblico, mancano provvedimenti programmatici per contrastare la recessione post pandemia; il differente giudizio e il conseguente scontro tra esponenti e tra i partiti è spesso pura propaganda per le rispettive tifoserie, amanti della rissa da contrapposizione ideologica e di schieramento che trascende da una analisi di merito e soprattutto di prospettiva che andrebbe invece opportunamente svolta proprio per le importanti implicazioni attuali e future.

In
questo contesto, manca un equilibrato giudizio sul “compromesso” raggiunto in
sede europea, il quale ha aspetti sicuramente positivi, poiché si tratta di
proposte articolate e quantitativamente sostanziose (un piano del valore
complessivo da 1.000 €/miliardi), ma
sono proposte appena delineate che necessitano di ulteriore definizione e,
quindi, presuppongono tempi non brevi
per diventare operative ed efficaci. Per l’immediato esistono solo due
strumenti peraltro decisi in precedenza: a) la concessione della flessibilità di bilancio e della sospensione dei parametri europei; b) il
concreto e consistente intervento della
BCE (in particolare con il “quantitative
easing”).

Per
alcuni Paesi (compresa l’Italia) che sono contributori
netti (cioè versano di più al bilancio comunitario di quanto poi
percepiscono), questi fondi europei non sono altro che una parte di quanto
versato all’UE, la quale poi le ri-attribuisce ai singoli Stati come “Fondi/prestiti
europei”.

In
questo contesto, la situazione italiana è preoccupante:
da una parte sopporterà un crollo del PIL di circa il 9%, dall’altra, vedrà un consistente aumento del deficit pubblico all’8,3% e un rapporto debito/PIL al 155,5% (previsioni FMI del 15/4/2020);
l’intervento della BCE nel 2020 (il “quantitative
easing”) terrà lo spread sotto i
livelli di guardia, rendendo possibili nuove emissioni di titoli (250 €/miliardi nuovi e 350 €/miliardi per rinnovo di vecchi
titoli a scadenza); ma il problema si ripresenterà nel 2021 più aggravato dalla circostanza che allcuni
Paesi europei avranno già superato l’attuale recessione e il divario con
l’Italia aumenterà inesorabilmente.
Bisogna
prendere atto della gravità della
situazione per trovare soluzioni eccezionali
e innovative da attivare in tempi brevi, riducendo al minimo possibile
l’aumento dell’indebitamento dello Stato, già destinato inevitabilmente a
crescere per finanziare gli interventi indifferibili per ridurre i danni della
crisi.
Qualche
esempio. Alcuni hanno proposto alla Bce di monetizzare
parte sia delle spese per l’emergenza sanitaria che di quelle necessarie a non
far crollare del tutto l’economia (una opzione attualmente vietata dai Trattati
europei), oltre a intervenire per ridurre le fluttuazioni eccessive dei tassi sui
debiti sottoposti a speculazione.

Altri
ancora hanno proposto l’emissione di “Moneta Fiscale”, cioè di uno
strumento di liquidità in grado di arrivare a chi è pronto a spenderlo,
utilizzabile anche come mezzo di pagamento ad accettazione volontaria,
garantito del diritto a scontare le tasse future.
Soprattutto
serve un “piano di ricostruzione” che
riveda le entrate e i meccanismi di spesa, servono le buone riforme (per semplificare e snellire le procedure, per
verificare e controllare efficacemente, ecc.), gli investimenti pubblici (in infrastrutture, sanità, istruzione,
difesa dell’ambiente e governo del territorio, ecc.) e le politiche industriali di lungo periodo con l’obiettivo di una piena
e buona occupazione; ma alla lunga bisogna prepararsi già ora ad affrontare i
molti e gravi problemi di sostenibilità
del debito pubblico, facendosi trovare con i conti in ordine.
Euro
Mazzi
PS: questo post fa parte di un ampio studio sulle
problematiche relative alla crisi economica e finanziaria che da anni interessa
l’Italia nel contesto europeo.
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