sabato 7 dicembre 2019

MES: CAMMINARE SUL FILO DI UN RASOIO … (prima parte)

La recente violenta polemica esplosa sul MES (Meccanismo Europeo di Stabilità o ESM) risponde in parte notevole a esigenze propagandistiche e di differenziazione tra i partiti in una fase politica convulsa, confusa e in perenne campagna elettorale; niente di nuovo purtroppo!
Il problema della riforma del MES è, però, molto serio e non può essere banalizzato con slogan e frasi ad effetto siano esse di intonazione favorevole che contraria; anzi in merito occorre maggiore informazione e note precise, critiche e libere dai condizionamenti di schieramento perché è uno strumento di particolare importanza sia per prevenire una crisi di sistema, che per le conseguenze che potrebbe comportare per i cittadini di uno Stato in crisi.
Del resto, occorre ricordarsi che l’Italia è da tempo “un osservato speciale” in Europa proprio per la sua particolare situazione economica e finanziaria: per una elevata esposizione debitoria (il debito pubblico al 30/9/2019 era pari a 2.439 €/miliardi, con un massimo storico al 31/7/2019 di 2.466 €/miliardi); per la sua perdurante crescita moderata” se non “stagnante” (dal 2000 al 2018 il PIL è cresciuto mediamente dello 0,2% annuo, mentre nel terzo trimestre del 2019 ha registrato un incremento dello 0,3% rispetto al 2018); per il suo preoccupante rapporto debito pubblico/PIL (nel 2018 al 134,8%, +0,7% rispetto al 2017); per il  suo costante deficit di bilancio (al 2,2% nel 2018 –0,2% rispetto al 2017).
In proposito, occorre ricordare quanto affermato dal Governatore della Banca d’Italia Visco: “La diffusa preoccupazione per i debiti pubblici elevati è giustificata. Sono una fonte di rischio sistemico. Anche se fondamentalmente in grado di sostenere il debito, i Paesi fortemente indebitati sono più vulnerabili agli shock di liquidità e ricevere una valutazione negativa da parte dei mercati sull’impegno delle autorità nazionali nel garantire la stabilità finanziaria. Inoltre, in un’area valutaria, una crisi del debito sovrano può avere forti ripercussioni per i paesi vicini, visti gli stretti legami economici e finanziari” (intervento del 15/11/2019).
Negli ultimi anni l’Italia è stato solo un “finanziatore” di questi strumenti (con € 14.330.960.000 già versati e € 125.340.600.000 da versare a richiesta) e, quindi, è un “creditore” rispetto ai Paesi utilizzatori di questa assistenza (Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna e Cipro); fino ad oggi non ha mai avuto bisogno di ricorrere né al MES né ad altri strumenti simili per “salvarsi”, ma rimane comunque “un possibile futuro utilizzatore” in caso di sua profonda crisi finanziaria; proprio per questa “possibilità” occorre prestare la massima attenzione, poiché le conseguenze potrebbero essere anche “devastanti” per gli equilibri economici e sociali italiani.
In tal senso, è opportuno conoscere, approfondire e riflettere intorno a questa problematica.

1 – L’attuale assistenza finanziaria agli Stati membri della zona euro.

Il primo elemento che colpisce in questo attuale “polemico dibattito” è l’assenza di una analisi e di una conseguente valutazione critica sul funzionamento e sui problemi emersi nella pur breve esistenza del MES, poiché gli strumenti per prestare assistenza finanziaria agli Stati membri dell’Unione Europea (UE) sono in funzione fin dal 2010 (vedere scheda 1 a margine).
A seguito della “crisi finanziaria globale” del 2008-2009 e della successiva “crisi del debito sovrano/pubblico”, nel maggio 2010 venivano istituiti due strumenti temporanei di stabilizzazione: il Meccanismo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria (MESF) e il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (FESF) (vedere scheda 2 sub A e B); successivamente, veniva varato uno strumento di sostegno permanente: il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) (vedere scheda 2 sub C).
L’obiettivo di questi strumenti era di assicurare la stabilità della zona euro, sostenendo i Paesi più colpiti e impedendo l’estendersi del “contagio” agli altri Paesi della zona euro, poiché le difficoltà finanziarie di uno Stato membro possono avere un impatto considerevole non solo al proprio interno, ma anche sugli altri Stati membri, dato che le varie economie sono interdipendenti sia a causa della moneta comune, che per gli interscambi economici e finanziari tra gli Stati Europei.
L’importo totale dei prestiti erogati (con tassi di interessi contenuti) da MES/FESF è pari a 294 €/miliardi, così distribuiti: Irlanda (febbraio 2011) con 17,7 €/miliardi; Portogallo (giugno 2011) con 26 €/miliardi; Spagna (dicembre 2012) con 41,3 €/miliardi; Cipro (maggio 2013) con 6,3 €/miliardi e Grecia (2010-18 tre diversi pacchetti di aiuti) con 202,7 €/miliardi; l’attuale capacità di prestito rimanente del MES è pari a 410 €/miliardi (82%) (vedere grafico a margine).
Allo stato attuale non vi sono programmi di assistenza finanziaria attivi, in quanto l’ultimo intervento per la Grecia si è concluso nell’agosto 2018.
Il MES, che ha oggi circa 160 dipendenti, è una struttura esterna al perimetro dell’UE, accentuandone così il carattere intergovernativo delle sue decisioni; inoltre: - non risponde delle sue azioni al Parlamento Europeo; - i suoi beni, fondi, e patrimonio godono dell’immunità da ogni forma di processo giudiziario e sono immuni da perquisizione, requisizione, confisca, espropriazione, o qualunque altra forma di sequestro, rimozione o preclusione tramite azione esecutiva, giudiziaria, amministrativa o legislativa; - I membri o gli ex membri del consiglio dei governatori e del consiglio di amministrazione e il personale che lavora, o ha lavorato, per o in rapporto con il MES sono tenuti a non rivelare le informazioni protette dal segreto professionale” (art. 34 del MES); - “il presidente del consiglio dei governatori, i governatori e i governatori supplenti, gli amministratori, gli amministratori supplenti, nonché il direttore generale e gli altri membri del personale godono dell’immunità di giurisdizione per gli atti da loro compiuti nell'esercizio ufficiale delle loro funzioni e godono dell’inviolabilità per tutti gli atti scritti e documenti ufficiali redatti” (art. 35 del MES).

2 – Le modalità di assistenza finanziaria agli Stati membri della zona euro.

L’assistenza consiste nell’erogazione di un prestito (non è un trasferimento di fondi pubblici) legato all’impegno dello Stato che lo riceve ad osservare condizioni rigorose e verificate periodicamente per alcuni anni; le condizioni possono comprendere misure relative alla politica di bilancio, economica e finanziaria, nonché di attuare le “necessarie riforme” (fiscali, economiche, strutturali e di vigilanza) concordate e definite in un “memorandum d’intesa” (Memorandum of Understanding - MoU).
L’assistenza finanziaria solitamente è fornita in rate separate; ciascuna rata deve essere richiesta, tenendo conto delle proprie necessità di finanziamento; ogni singolo versamento è subordinato all’attuazione di specifiche misure strategiche (“pietre miliari”) individuate sulla base del “memorandum d’intesa” e negoziate tra lo Stato richiedente, la Commissione Europea (CE), di concerto con la Banca Centrale Europea (BCE) e anche con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), che insieme formano la “troika”.
Gli Stati membri che richiedono l’assistenza finanziaria nel quadro del MES devono inoltre dal marzo 2013 ratificare il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance (noto anche come “patto di bilancio/fiscal compact”), dal 2014 devono rispettare la regola del pareggio di bilancio e richiedere l’eventuale intervento del FMI.
Il rispetto delle condizioni concordate è controllato a intervalli regolari da squadre di esperti della “troika”, la quale valuta i progressi compiuti nel rispetto delle condizioni concordate e aggiorna le analisi (ipotesi macroeconomiche, le necessità finanziarie e la sostenibilità del debito). Ciascuna revisione è seguita da una relazione congiunta redatta dalle istituzioni che l’hanno effettuata; la conclusione positiva di una revisione apre la strada alla corresponsione della rata di assistenza finanziaria successiva, se lo Stato membro lo richiede.
Al termine del programma di assistenza viene continuata la verifica (missioni di controllo post-programma) per valutare se lo Stato assistito continui ad attuare politiche solide e se sussista il rischio che non sia in grado di rimborsare i prestiti ricevuti.
Insomma, questo meccanismo di “rigorosa condizionalità” se è stato previsto per evitare comportamenti opportunistici, clientelari e lassisti da parte dei Paesi in crisi, comporta però un elevato prezzo pagato con l’abbandono del principio di solidarietà tra i Paesi europei e con “politiche pubbliche di austerità”, le quali hanno avuto un forte impatto negativo sullo stato sociale e sui diritti di prestazione sociale, suscitando inevitabilmente molte contestazioni e lo sviluppo di sentimenti antieuropei e nazionalistici.
Conclusioni.
Il MES riveste una notevole importanza, poiché è un fattore che tranquillizza i mercati e rende meno probabile il ripetersi di situazioni di crisi; in sostanza ha una funzione simile ad una assicurazione che viene pagata per proteggere in caso di crisi, riducendo la probabilità del verificarsi della crisi stessa; a differenza di una assicurazione i contributi (le quote) al capitale del MES (80 €/miliardi già versati su 794 €/miliardi già autorizzati) non sono commisurati alla rischiosità di ogni assicurato, ma dipendono esclusivamente dalle dimensioni del Paese in termini di Pil e popolazione.
Inoltre, bisogna riconoscere come le colpe dell’eventuale crisi di un Paese siano attribuibili principalmente non alle Istituzioni Europee, ma a chi abbia male governato questo Stato (ad esempio con il costante ricorso all’indebitamento, con comportamenti poco virtuosi, con politiche clientelari e corruttive, ecc.).
L’attenzione, quindi, deve sempre essere posta in primo luogo sulle ragioni storiche che hanno prodotto “la malattia”, poi sulla “cura prestata al paziente” ed infine sulle ragioni per le quali si è ridotta/perduta la “fiducia” nel Paese e come fare per recuperarla.
Però anche la “medicina” non deve avere nefaste conseguenze! L’incidenza dei vincoli finanziari di fonte europea hanno, invece, significativamente ridotto l’ambito della discrezionalità politica nazionale in tema di uso e destinazione delle risorse disponibili; hanno per esempio contribuito a: - determinare l’adozione di politiche di flessibilità del mercato del lavoro; - ridurre i livelli di garanzie delle prestazioni sociali; - distruggere dei posti di lavoro; - ridimensionare i diritti sociali.
Questi strumenti di assistenza hanno, da una parte, mirato a preservare la stabilità finanziaria; dall’altra, hanno ridimensionato il ruolo del Parlamento Europeo, con un conseguente rafforzamento dei processi decisionali adottati da queste strutture intergovernative; gli Stati nazionali hanno ceduto ulteriori spazi di sovranità; il ruolo dei Parlamenti nazionali è stato ridotto e ridimensionate nelle loro funzioni di controllo e di riequilibrio specie a livello sociale.
Occorre riflettere attentamente su queste problematiche anche alla luce di una riconosciuta (a posteriore però!!!) ammissione di aver sbagliato la “cura”; in tal senso vanno lette le dichiarazioni del presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker che ha recentemente ammesso: a) “sì, c'è stata dell’austerità avventata. Non perché abbiamo voluto punire coloro che lavoravano o coloro che erano disoccupati, ma perché le riforme strutturali, indipendentemente dal regime monetario in cui ci si trova, restano essenziali”; b) “C’è stata una mancanza di solidarietà nella gestione della crisi greca”; c) “Mi rincresce che nella gestione della crisi finanziaria l’Eurozona abbia dato troppo spazio al Fondo Monetario Internazionale. Se la California entra in crisi, gli Usa non si rivolgono al Fondo, e noi avremmo dovuto fare lo stesso” (dichiarazione del 15/01/2019). Appunto!

Euro Mazzi

 
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