La
recente violenta polemica esplosa
sul MES
(Meccanismo
Europeo di Stabilità o ESM) risponde in parte notevole a
esigenze propagandistiche e di differenziazione tra i partiti in una
fase politica convulsa, confusa e in perenne campagna elettorale; niente di
nuovo purtroppo!
Il
problema della riforma del MES è, però, molto
serio e non può essere banalizzato con
slogan e frasi ad effetto siano esse di intonazione favorevole che contraria;
anzi in merito occorre maggiore
informazione e note precise, critiche
e libere dai condizionamenti di schieramento perché è uno strumento di
particolare importanza sia per prevenire
una crisi di sistema, che per le conseguenze
che potrebbe comportare per i cittadini di uno Stato in crisi.
Del
resto, occorre ricordarsi che l’Italia è da tempo “un osservato speciale” in
Europa proprio per la sua particolare situazione economica e finanziaria: per
una elevata esposizione debitoria (il
debito pubblico al 30/9/2019 era pari a
2.439 €/miliardi, con un massimo storico al 31/7/2019 di 2.466 €/miliardi); per la sua perdurante crescita “moderata” se non “stagnante”
(dal 2000 al 2018 il PIL è cresciuto mediamente dello 0,2% annuo, mentre nel terzo trimestre del 2019 ha registrato un
incremento dello 0,3% rispetto al
2018); per il suo preoccupante rapporto
debito pubblico/PIL (nel 2018 al 134,8%,
+0,7% rispetto al 2017); per il suo costante deficit di bilancio (al 2,2%
nel 2018 –0,2% rispetto al 2017).
In proposito, occorre ricordare quanto affermato dal Governatore della Banca d’Italia Visco: “La diffusa preoccupazione per i debiti pubblici elevati è giustificata. Sono una fonte di rischio sistemico. Anche se fondamentalmente in grado di sostenere il debito, i Paesi fortemente indebitati sono più vulnerabili agli shock di liquidità e ricevere una valutazione negativa da parte dei mercati sull’impegno delle autorità nazionali nel garantire la stabilità finanziaria. Inoltre, in un’area valutaria, una crisi del debito sovrano può avere forti ripercussioni per i paesi vicini, visti gli stretti legami economici e finanziari” (intervento del 15/11/2019).
1 – L’attuale assistenza finanziaria agli Stati membri
della zona euro.
2 – Le modalità di assistenza finanziaria agli Stati
membri della zona euro.
- NEMESI RENZIANA …: QUI
- “HYBRIS” E IL RENZISMO …: QUI
- “Col pareggio ci perdi”: UNA DEMAGOGICA CAMPAGNA CHE FA DIMENTICARE I REALI PROBLEMI ITALIANI: L’ECCESSIVO DEBITO PUBBLICO E LA RENDITA FINANZIARIA: QUI
- REFERENDUM GRECO: USCIRE DALLA DEMAGOGIA PER AFFRONTARE I PROBLEMI CON UMANITÀ, SOLIDARIETÀ E COMPETENZA, MA PAGANDO I CREDITORI: QUI
In proposito, occorre ricordare quanto affermato dal Governatore della Banca d’Italia Visco: “La diffusa preoccupazione per i debiti pubblici elevati è giustificata. Sono una fonte di rischio sistemico. Anche se fondamentalmente in grado di sostenere il debito, i Paesi fortemente indebitati sono più vulnerabili agli shock di liquidità e ricevere una valutazione negativa da parte dei mercati sull’impegno delle autorità nazionali nel garantire la stabilità finanziaria. Inoltre, in un’area valutaria, una crisi del debito sovrano può avere forti ripercussioni per i paesi vicini, visti gli stretti legami economici e finanziari” (intervento del 15/11/2019).
Negli
ultimi anni l’Italia è stato solo un “finanziatore” di questi strumenti (con
€ 14.330.960.000 già versati e € 125.340.600.000 da versare a
richiesta) e, quindi, è un “creditore” rispetto ai Paesi
utilizzatori di questa assistenza (Irlanda,
Portogallo, Grecia, Spagna e Cipro); fino ad oggi non ha mai avuto bisogno
di ricorrere né al MES né ad altri strumenti simili per “salvarsi”,
ma rimane comunque “un possibile futuro utilizzatore” in caso di sua profonda crisi
finanziaria; proprio per questa “possibilità” occorre prestare la
massima attenzione, poiché le conseguenze potrebbero essere anche “devastanti”
per gli equilibri economici e sociali italiani.
In
tal senso, è opportuno conoscere, approfondire e riflettere intorno a questa problematica.
1 – L’attuale assistenza finanziaria agli Stati membri
della zona euro.
Il
primo elemento che colpisce in questo attuale “polemico dibattito” è
l’assenza di una analisi e di una conseguente valutazione critica sul
funzionamento e sui problemi emersi nella pur breve esistenza del MES,
poiché gli strumenti per prestare assistenza
finanziaria agli Stati membri dell’Unione
Europea (UE) sono in funzione
fin dal 2010 (vedere scheda 1 a margine).
A
seguito della “crisi finanziaria globale” del 2008-2009 e della
successiva “crisi del debito sovrano/pubblico”, nel maggio 2010 venivano istituiti
due strumenti temporanei di
stabilizzazione: il Meccanismo Europeo
di Stabilizzazione Finanziaria (MESF) e il Fondo
Europeo di Stabilità Finanziaria (FESF) (vedere scheda 2 sub A e B); successivamente,
veniva varato uno strumento di sostegno
permanente: il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) (vedere
scheda 2 sub C).
L’obiettivo
di questi strumenti era di assicurare la stabilità
della zona euro, sostenendo i Paesi
più colpiti e impedendo l’estendersi del “contagio” agli altri Paesi della zona euro, poiché le difficoltà
finanziarie di uno Stato membro possono avere un impatto considerevole non solo
al proprio interno, ma anche sugli altri Stati membri, dato che le varie
economie sono interdipendenti sia a
causa della moneta comune, che per
gli interscambi economici e finanziari tra
gli Stati Europei.
L’importo
totale dei prestiti erogati (con tassi di interessi contenuti) da MES/FESF
è pari a 294 €/miliardi, così
distribuiti: Irlanda (febbraio 2011) con 17,7
€/miliardi; Portogallo (giugno 2011) con 26 €/miliardi; Spagna (dicembre 2012) con 41,3 €/miliardi; Cipro (maggio 2013) con 6,3 €/miliardi e Grecia (2010-18 tre diversi pacchetti di aiuti) con
202,7 €/miliardi; l’attuale capacità
di prestito rimanente del MES è pari a 410
€/miliardi (82%) (vedere grafico
a margine).
Allo
stato attuale non vi sono programmi di assistenza finanziaria attivi, in quanto
l’ultimo intervento per la Grecia si è concluso nell’agosto 2018.
Il
MES,
che ha oggi circa 160 dipendenti, è una
struttura esterna al perimetro dell’UE,
accentuandone così il carattere intergovernativo delle sue decisioni; inoltre: - non
risponde delle sue azioni al Parlamento Europeo; - i suoi beni, fondi, e
patrimonio godono dell’immunità da ogni forma di processo giudiziario e sono immuni
da perquisizione, requisizione, confisca, espropriazione, o qualunque altra
forma di sequestro, rimozione o preclusione tramite azione esecutiva,
giudiziaria, amministrativa o legislativa; - “I membri o gli ex membri del consiglio dei
governatori e del consiglio di amministrazione e il personale che lavora, o ha
lavorato, per o in rapporto con il MES sono
tenuti a non rivelare le informazioni protette dal segreto professionale”
(art. 34 del MES); - “il presidente del
consiglio dei governatori, i governatori e i governatori supplenti, gli
amministratori, gli amministratori supplenti, nonché il direttore generale e
gli altri membri del personale godono
dell’immunità di giurisdizione per gli atti da loro compiuti nell'esercizio
ufficiale delle loro funzioni e godono
dell’inviolabilità per tutti gli atti scritti e documenti ufficiali redatti”
(art. 35 del MES).
2 – Le modalità di assistenza finanziaria agli Stati
membri della zona euro.
L’assistenza consiste nell’erogazione di un
prestito (non è un trasferimento di
fondi pubblici) legato all’impegno dello Stato che lo riceve ad osservare condizioni rigorose e verificate periodicamente per alcuni
anni; le condizioni possono comprendere misure relative alla politica di
bilancio, economica e finanziaria, nonché di attuare le “necessarie riforme” (fiscali,
economiche, strutturali e di vigilanza) concordate e definite in un “memorandum
d’intesa” (Memorandum of Understanding - MoU).
L’assistenza
finanziaria solitamente è fornita in rate
separate; ciascuna rata deve essere richiesta, tenendo conto delle proprie
necessità di finanziamento; ogni singolo versamento è subordinato all’attuazione
di specifiche misure strategiche (“pietre miliari”) individuate sulla
base del “memorandum d’intesa” e negoziate tra lo Stato richiedente, la Commissione Europea (CE), di concerto
con la Banca Centrale Europea (BCE) e anche con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), che insieme formano la “troika”.
Gli
Stati membri che richiedono l’assistenza finanziaria nel quadro del MES devono inoltre dal
marzo 2013 ratificare il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance (noto anche come “patto
di bilancio/fiscal compact”), dal 2014 devono rispettare la regola del
pareggio di bilancio e richiedere l’eventuale intervento del FMI.
Il
rispetto delle condizioni concordate è controllato a intervalli regolari da
squadre di esperti della “troika”, la quale valuta i progressi
compiuti nel rispetto delle condizioni concordate e aggiorna le analisi (ipotesi
macroeconomiche, le necessità finanziarie e la sostenibilità del debito).
Ciascuna revisione è seguita da una relazione congiunta redatta dalle
istituzioni che l’hanno effettuata; la conclusione positiva di una revisione
apre la strada alla corresponsione della rata di assistenza finanziaria
successiva, se lo Stato membro lo richiede.
Al
termine del programma di assistenza viene continuata la verifica (missioni di
controllo post-programma) per valutare se lo Stato assistito continui ad
attuare politiche solide e se sussista il rischio che non sia in grado di
rimborsare i prestiti ricevuti.
Insomma,
questo meccanismo di “rigorosa condizionalità” se è stato
previsto per evitare comportamenti opportunistici, clientelari e lassisti da
parte dei Paesi in crisi, comporta però un elevato prezzo pagato con l’abbandono
del principio di solidarietà tra i Paesi europei e con “politiche pubbliche di austerità”,
le quali hanno avuto un forte impatto negativo sullo stato sociale e sui diritti
di prestazione sociale, suscitando inevitabilmente molte contestazioni e lo
sviluppo di sentimenti antieuropei e nazionalistici.
Conclusioni.
Il
MES
riveste una notevole importanza, poiché è un fattore che tranquillizza i mercati e rende meno probabile il ripetersi di
situazioni di crisi; in sostanza ha una funzione simile ad una assicurazione
che viene pagata per proteggere in caso di crisi, riducendo la probabilità del
verificarsi della crisi stessa; a differenza di una assicurazione i contributi
(le quote) al capitale del MES (80 €/miliardi già versati su 794 €/miliardi già
autorizzati) non sono commisurati alla rischiosità di ogni assicurato, ma dipendono
esclusivamente dalle dimensioni del Paese
in termini di Pil e popolazione.
Inoltre,
bisogna riconoscere come le colpe
dell’eventuale crisi di un Paese siano attribuibili principalmente non alle
Istituzioni Europee, ma a chi abbia male
governato questo Stato (ad esempio con il costante ricorso
all’indebitamento, con comportamenti poco virtuosi, con politiche clientelari e
corruttive, ecc.).
L’attenzione,
quindi, deve sempre essere posta in primo luogo sulle ragioni storiche che
hanno prodotto “la malattia”, poi sulla “cura prestata al paziente” ed infine
sulle ragioni per le quali si è ridotta/perduta la “fiducia” nel Paese e come
fare per recuperarla.
Però
anche la “medicina” non deve avere nefaste conseguenze! L’incidenza dei
vincoli finanziari di fonte europea hanno, invece, significativamente ridotto
l’ambito della discrezionalità politica nazionale in tema di uso e destinazione
delle risorse disponibili; hanno per esempio contribuito a: - determinare l’adozione
di politiche di flessibilità del mercato del lavoro; - ridurre i livelli di
garanzie delle prestazioni sociali; - distruggere dei posti di lavoro; - ridimensionare
i diritti sociali.
Questi strumenti di assistenza hanno,
da una parte, mirato a preservare la stabilità
finanziaria; dall’altra, hanno ridimensionato il ruolo del Parlamento Europeo,
con un conseguente rafforzamento dei processi decisionali adottati da queste
strutture intergovernative; gli Stati nazionali hanno ceduto ulteriori spazi di
sovranità; il ruolo dei Parlamenti nazionali è stato ridotto e ridimensionate nelle
loro funzioni di controllo e di riequilibrio specie a livello sociale.
Occorre
riflettere attentamente su queste problematiche anche alla luce di una
riconosciuta (a posteriore però!!!) ammissione di aver sbagliato la “cura”;
in tal senso vanno lette le dichiarazioni del presidente della Commissione
Europea Jean-Claude Juncker che ha recentemente ammesso: a) “sì, c'è stata dell’austerità avventata. Non perché abbiamo voluto punire coloro che
lavoravano o coloro che erano disoccupati, ma perché le riforme strutturali,
indipendentemente dal regime monetario in cui ci si trova, restano essenziali”;
b) “C’è stata una mancanza di solidarietà nella gestione della crisi greca”; c) “Mi rincresce che nella gestione della crisi
finanziaria l’Eurozona abbia dato troppo
spazio al Fondo Monetario Internazionale. Se la California entra in crisi,
gli Usa non si rivolgono al Fondo, e noi avremmo dovuto fare lo stesso”
(dichiarazione del 15/01/2019). Appunto!
Euro
Mazzi
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