Oramai da alcuni mesi stiamo convivendo con il covid-19 che ha prodotto non solo una diffusa emergenza sanitaria, ma ha avuto pesanti riflessi economici e finanziari, rendendo necessari interventi statali volti sia a preservare la capacità produttiva italiana e le sue potenzialità di crescita, che a garantire l’occupazione in particolare con il ricorso alla cassa integrazione (CIG).
La
CIG è
un ammortizzatore sociale attraverso
il quale lo Stato sostiene le imprese in situazioni di crisi e consiste
nell’erogazione gestita dall’INPS di un’indennità sostitutiva della
retribuzione in favore dei dipendenti sospesi dal lavoro o sottoposti a
riduzione di orario. Conseguentemente l’analisi dell’andamento della CIG permette
di evidenziare la profondità, la diffusione e le caratteristiche salienti dell’attuale
crisi innescata dal covid-19.
In
proposito una prima valutazione ci perviene dal U.P.B. (con dati aggiornati
alla fine di giugno 2020): “1) le ore di
integrazioni salariali autorizzate mensili sono cresciute drasticamente ad aprile e maggio per poi dimezzarsi a
giugno; 2) nel trimestre marzo-maggio le integrazioni sono state utilizzare per
poco più di 1,1 miliardi di ore, con
un picco ad aprile per oltre 590 milioni
di ore e un forte rallentamento nei mesi successivi; (…) 4) i lavoratori
che alla data del 9 luglio hanno percepito almeno una integrazione salariale
COVID-19 (inclusi quelli che le avrebbero potuto riceverle anche in assenza della
normativa introdotta dai decreti anti crisi) sono pari a circa 5,5 milioni, una platea
significativamente inferiore a quella individuabile in base alle ipotesi delle
Relazioni tecniche (oltre 8 milioni)
e che per giunta mostra una evidente riduzione tra aprile e maggio (da 5,2 a 3,5 milioni)” (Ufficio
Parlamentare di Bilancio, audizione del 28/7/2020, pag. 3).
Un’ulteriore valutazione relativa al 3/8/2020
ci perviene dalla Corte dei Conti: “I
beneficiari degli strumenti di integrazione salariale in costanza di rapporto
di lavoro previsti per fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid (Cassa
integrazione guadagni ordinaria, assegni dei Fondi di solidarietà e CIG in
deroga) sono stati circa 6 milioni,
di cui 3,2 pagati direttamente dall’INPS e 2,8 (stima) pagati a conguaglio dalle
imprese. Per le prestazioni CIG, l’INPS ha pagato direttamente 7,6 milioni, mentre 5,4 (stima)
sono stati anticipati dalle imprese.
Nel 2018 (ultimo dato disponibile) le imprese attive erano oltre 4,4 milioni, con 17,3 milioni di addetti. (…) nei mesi di marzo e aprile il 51 per cento delle imprese ha fatto
ricorso ad almeno un’ora di CIG-Covid (CIGO, CIG in deroga e assegno ordinario), per quasi il 40 per cento dei dipendenti del settore
privato. È stato stimato che in media ogni lavoratore ha perso il 27,3 per cento del proprio reddito
lordo mensile, mentre per ogni impresa il risparmio medio complessivo in
termini di costo del lavoro è stato pari a 11,7
milioni nel bimestre” (Corte Conti,
memoria settembre 2020, pag. 15).
Un’altra valutazione relativa al 2° trimestre 2020 ci perviene dall’ISTAT che rileva
una: “marcata riduzione delle ore
lavorate per dipendente, pari a -19,1%
su base congiunturale e a -26,2% su
base annua. Il ricorso alla cassa integrazione registra una variazione positiva
di 323,2 ore ogni mille ore lavorate”
(ISTAT, il mercato del lavoro, del
11/9/2020, pag. 1).
In
merito l’INPS evidenzia che: “Il
numero totale di ore di cassa integrazione guadagni autorizzate nel periodo dal
1° aprile al 31 agosto 2020, per emergenza sanitaria, è pari a 2.819,1 milioni di cui: 1.384,0 milioni di CIG
ordinaria, 887,1 milioni per
l’assegno ordinario dei fondi di solidarietà e 548,0 milioni di CIG in deroga” (INPS, report agosto 2020)
dati che corrispondono a circa il 93,83%
delle ore complessive di CIG autorizzate dall’INPS
e ammontanti a 3.004.594.122 (di cui
1.436.897.308 di CIGO
e 1.567.696.814 di CIGS).
Da
queste sintetiche valutazioni emerge in modo chiaro il forte utilizzo della CIG a
fronte dell’ampia crisi derivante dal negativo impatto della pandemia sul
sistema produttivo italiano, ma testimoniano anche del notevole sforzo
organizzativo affrontato dall’INPS (vedere grafico a lato).
A
fronte di enfatiche dichiarazioni governative di immediato sostegno a tutti (“Nessuno perderà il proprio posto di
lavoro a causa dell’epidemia”), nonché di numerose e ridondanti promesse
da parte dell’INPS
di immediato pagamento, in realtà le erogazioni della CIG (specie quelle in deroga) sono avvenute con molta lentezza; questi
ritardi hanno sollevato vivaci polemiche, costringendo il governo a intervenire
più volte per semplificare le procedure al fine di velocizzare le liquidazioni ai tanti beneficiari.
Recentemente
l’INPS
ha dovuto precisare l’articolazione attuale nei ritardi erogativi: “- sulla base delle domande regolarmente
presentate e su un totale di 3.445.782
beneficiari, i lavoratori ai quali al 29.09.2020 è stata erogata
direttamente dall’Istituto almeno una mensilità di prestazione, sono stati 3.425.319, pari al 99,4%. Per il restante 0,6%,
pari a 20.463 lavoratori, l’Istituto
sta concentrando l’attività di liquidazione delle prestazioni con il massimo
impegno; - per quanto riguarda il numero di integrazioni salariali ancora da
liquidare (294.184), si precisa che
tale numero non si riferisce ai beneficiari ma al numero di mensilità ancora da pagare e che tali mensilità sono
relative principalmente a richieste pervenute dal mese di agosto (85%, di cui il 70% pervenuto a settembre)” (INPS comunicato del 2/10/2020).
Altre
polemiche hanno riguardato l’erogazione della CIG a lavoratori di imprese che non
hanno subito conseguenze negative da covid-19:
“emerge che se circa un terzo delle ore di CIG, CIG in deroga e Fondi della bilateralità è stato
utilizzato da imprese con perdite di fatturato superiori al 40 per cento, oltre
un quarto delle ore è stato tirato da
imprese che non hanno subito alcuna riduzione” (Ufficio Parlamentare di
Bilancio, audizione del 28/7/2020, pag. 4).
La
maggiore criticità derivante da questo forte incremento al ricorso alla CIG riguarda
il suo costo complessivo e il suo finanziamento quasi integralmente a carico
del bilancio statale; in proposito non vi sono molti dati a disposizione e,
pertanto, al momento si possono solo fare ipotesi: - per quanto riguarda gli stanziamenti
di bilancio per garantire la CIG per l’emergenza covid-19 si deve fare riferimento ai primi 5 €/miliardi previsti dal decreto di marzo 2020, a cui si sono
aggiunti i 10,3 €/miliardi del
secondo decreto e i 4,6 €/miliardi del
terzo decreto; - alcune stime valutano un costo di circa 5 €/miliardi per ogni mese da aprile a dicembre 2020.
Si
tratta di somme importanti che attualmente sono inserite nei tre provvedimenti autorizzativi
allo scostamento del bilancio statale per complessivi 100 €/miliardi in aggiunta al debito pubblico italiano; se poi si
opera un confronto con gli stanziamenti previsti nel bilancio preventivo dello
Stato per il 2020 ammontanti a solo € 789.572.566 si
può facilmente comprendere come l’impatto del covid-19 sul bilancio statale sia già alquanto pesante; mentre il
confronto con le previsioni del 2018 (di €
9.904.799.536) e con quelle del 2019 (di € 527.338.566) fa capire l’eccezionalità dello sviluppo della CIG nel
2020 (vedere grafico a lato).
I
20,6 €/miliardi destinati fino ad oggi al sostegno della CIG
sollevano il problema dell’eventuale ricorso agli aiuti europei; in proposito
occorre ricordare come in sede UE siano stati destinati all’Italia circa 27,4 €/miliardi (su 81,4 €/miliardi di dotazione) di prestiti
erogabili nel quadro dello strumento SURE (basati su un sistema di
garanzie volontarie degli Stati membri) per far fronte alla crisi occupazionale legata al Covid-19 e finalizzati anche al finanziamento
della CIG
e per regimi di sostegno al reddito delle partite Iva.
Se
l’impatto sui conti pubblici è assai rilevante, non meno problematiche sono le
ricadute sulle aziende e sui lavoratori: “Nei
mesi di marzo e aprile il 51 per cento
delle imprese ha usufruito della CIG-Covid per quasi il 40 per cento dei dipendenti
del settore privato. • Tra le imprese più piccole, che hanno utilizzato
prevalentemente la CIG-Covid in deroga, l’importo medio risparmiato
grazie alla riduzione dell’orario di lavoro è stato pari a 3.900 euro nel bimestre; le imprese più grandi del settore dei
servizi, che hanno fruito dell’assegno ordinario Covid hanno risparmiato in
media quasi 24.000 euro; le imprese
della manifattura, che ricorrono prevalentemente alla CIG ordinaria Covid circa 21.000 euro. Ogni impresa in CIG-Covid
ha risparmiato circa 1.100 euro per
ogni dipendente presente in azienda (a prescindere dall’incidenza dei
lavoratori in CIG).
• In media ogni individuo in CIG-Covid ha subito una riduzione oraria di 156 ore, il 90 per cento dell’orario mensile di lavoro a tempo pieno (pari a 173 ore in marzo e aprile). Secondo
nostre stime basate sulle informazioni attualmente disponibili, in media ogni
lavoratore ha perso il 27,3 per cento
del proprio reddito lordo mensile” (INPS e BdI, studio del 29/7/2020, pag. 1 e 2).
In conclusione.
Gli
effetti negativi del blocco delle attività derivanti dall’emergenza sanitaria
sull’occupazione sono stati in parte limitati dall’eccezionale estensione della CIG e
dal divieto di licenziamento; la CIG ha per il momento garantito una costanza occupazionale
senza gravare interamente sui conti delle imprese e, contemporaneamente, ha parzialmente
sostenuto anche il reddito delle famiglie, ma ha aggravato fortemente il debito pubblico italiano e, pertanto, è uno
strumento che non può durare a lungo.
Infatti,
secondo alcune analisi alcune imprese al termine degli incentivi/aiuti saranno
costrette a licenziare mentre altre forse addirittura a fallire e,
conseguentemente, è prevedibile una impennata dei licenziamenti. Del resto, su
oltre 5,5-6 milioni di cassintegrati
circa 1,3 milioni appartengono al
comparto turismo-alberghiero-ristorazione, tra i più colpiti dalla pandemia e
nel quale si concentrano anche molti dei rapporti di lavoro a tempo (part-time,
a termine, stagionali, ecc.) destinati ad esaurirsi.
Queste
cupe previsioni dovrebbero spingere verso l’adozione di provvedimenti volti a
garantire una sostanziosa crescita economica basata su investimenti volti a
incentivare produttività e sviluppo, ma anche su idonee politiche attive del
lavoro.
Intanto,
sarebbe auspicabile superare le varie criticità già emerse nella gestione della
CIG: la
lentezza burocratica; la necessità di una revisione dello strumento, poiché i vari
tipi di CIG
con diverse procedure sono da riconsiderare in chiave unitaria; una maggiore
semplificazione, riducendo al minimo quei passaggi amministrativi non
indispensabili; una rapida erogazione agli aventi diritto dei fondi stanziati.
Comunque,
è stato fatto uno “sforzo” di bilancio importante avvenuto (almeno nelle intenzioni) con l’obiettivo di fornire un sostegno all’economia in un contesto
caratterizzato da una domanda
complessiva assai bassa (necessità di convivere con il virus, calo degli investimenti,
contrazione delle disponibilità finanziarie delle imprese e delle famiglie,
ristagno del commercio nazionale/internazionale), mentre i vari enti pubblici non danno impulso agli
investimenti (carenza di risorse, incapacità ad utilizzare rapidamente le
risorse già a disposizione, lentezza della burocrazia, ecc.).
Teoricamente
le risorse ci sarebbero: - basti pensare ai 100 €/miliardi già stanziati con
aumento del debito pubblico; - ai fondi messi a disposizione dalla UE (quelli del
MES,
del SURE,
del Next
Generation EU); ma manca la capacità di decidere, coniugando rapidità
di azione, selettività degli accessi e adeguatezza dei controlli, senza perdere
in efficacia, ma (purtroppo) si procede per slogan e non per serietà nelle
analisi, per capacità nella programmazione e nella progettazione e nella
gestione delle opere durante e dopo la loro realizzazione. Per esempio viene costantemente promessa una attività di semplificazione dei processi amministrativi
sottostante alla gestione degli investimenti per accelerarne l’esecuzione che
però stenta a svilupparsi e a concretizzarsi, rimanendo così pura aspirazione.
Intanto,
il tempo passa e i problemi si aggravano e si restringono i margini di
intervento. Solo fra qualche mese scopriremo se questo notevole “sforzo” di bilancio derivante dal boom della CIG è stato una “scommessa” o un “azzardo”
… vedremo!
Euro Mazzi
PS: questo post fa parte di un ampio studio sulle problematiche relative alla crisi economica e finanziaria che da anni interessa l’Italia nel contesto europeo.
Post sulle conseguenze della pandemia:
- CORONAVIRUS, CRISI DEL TURISMO E … LA PALMARIA: QUI
- CORONAVIRUS E I “TAGLI” ALLA SANITÀ PUBBLICA: QUI
- CORONAVIRUS E LA SANITÀ LIGURE: QUI
- CORONAVIRUS E LA PESANTEZZA DEL DEBITO PUBBLICO: QUI
- CORONAVIRUS E CRISI ECONOMICA: QUI
- CORONAVIRUS - il MES e ...: QUI
- CORONAVIRUS E GLI AIUTI ALLE IMPRESE: QUI
- CORONAVIRUS E I RISCHI PER LE PENSIONI: QUI
- CORONAVIRUS E LA CASSA INTEGRAZIONE: QUI
- CORONAVIRUS E OCCUPAZIONE/DISOCCUPAZIONE: QUI
Post sul MES e l’Europa:
- MES: UN’EUROPA DI TECNOCRATI?: QUI
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