sabato 10 ottobre 2020

INPS: BOOM DELLA CASSA INTEGRAZIONE (ottava parte)

Oramai da alcuni mesi stiamo convivendo con il 
covid-19 che ha prodotto non solo una diffusa emergenza sanitaria, ma ha avuto pesanti riflessi economici e finanziari, rendendo necessari interventi statali volti sia a preservare la capacità produttiva italiana e le sue potenzialità di crescita, che a garantire l’occupazione in particolare con il ricorso alla cassa integrazione (CIG).
La CIG è un ammortizzatore sociale attraverso il quale lo Stato sostiene le imprese in situazioni di crisi e consiste nell’erogazione gestita dall’INPS di un’indennità sostitutiva della retribuzione in favore dei dipendenti sospesi dal lavoro o sottoposti a riduzione di orario. Conseguentemente l’analisi dell’andamento della CIG permette di evidenziare la profondità, la diffusione e le caratteristiche salienti dell’attuale crisi innescata dal covid-19.
In proposito una prima valutazione ci perviene dal U.P.B. (con dati aggiornati alla fine di giugno 2020): “1) le ore di integrazioni salariali autorizzate mensili sono cresciute drasticamente ad aprile e maggio per poi dimezzarsi a giugno; 2) nel trimestre marzo-maggio le integrazioni sono state utilizzare per poco più di 1,1 miliardi di ore, con un picco ad aprile per oltre 590 milioni di ore e un forte rallentamento nei mesi successivi; (…) 4) i lavoratori che alla data del 9 luglio hanno percepito almeno una integrazione salariale COVID-19 (inclusi quelli che le avrebbero potuto riceverle anche in assenza della normativa introdotta dai decreti anti crisi) sono pari a circa 5,5 milioni, una platea significativamente inferiore a quella individuabile in base alle ipotesi delle Relazioni tecniche (oltre 8 milioni) e che per giunta mostra una evidente riduzione tra aprile e maggio (da 5,2 a 3,5 milioni)” (Ufficio Parlamentare di Bilancio, audizione del 28/7/2020, pag. 3).
Un’ulteriore valutazione relativa al 3/8/2020 ci perviene dalla Corte dei Conti: “
I beneficiari degli strumenti di integrazione salariale in costanza di rapporto di lavoro previsti per fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid (Cassa integrazione guadagni ordinaria, assegni dei Fondi di solidarietà e CIG in deroga) sono stati circa 6 milioni, di cui 3,2 pagati direttamente dall’INPS e 2,8 (stima) pagati a conguaglio dalle imprese. Per le prestazioni CIG, l’INPS ha pagato direttamente 7,6 milioni, mentre 5,4 (stima) sono stati anticipati dalle imprese. Nel 2018 (ultimo dato disponibile) le imprese attive erano oltre 4,4 milioni, con 17,3 milioni di addetti. (…) nei mesi di marzo e aprile il 51 per cento delle imprese ha fatto ricorso ad almeno un’ora di CIG-Covid (CIGO, CIG in deroga e assegno ordinario), per quasi il 40 per cento dei dipendenti del settore privato. È stato stimato che in media ogni lavoratore ha perso il 27,3 per cento del proprio reddito lordo mensile, mentre per ogni impresa il risparmio medio complessivo in termini di costo del lavoro è stato pari a 11,7 milioni nel bimestre (Corte Conti, memoria settembre 2020, pag. 15).
Un’altra valutazione relativa al 2° trimestre 2020 ci perviene dall’ISTAT che rileva una: “marcata riduzione delle ore lavorate per dipendente, pari a -19,1% su base congiunturale e a -26,2% su base annua. Il ricorso alla cassa integrazione registra una variazione positiva di 323,2 ore ogni mille ore lavorate” (ISTAT, il mercato del lavoro, del 11/9/2020, pag. 1).
In merito l’INPS evidenzia che: “Il numero totale di ore di cassa integrazione guadagni autorizzate nel periodo dal 1° aprile al 31 agosto 2020, per emergenza sanitaria, è pari a 2.819,1 milioni di cui: 1.384,0 milioni di CIG ordinaria, 887,1 milioni per l’assegno ordinario dei fondi di solidarietà e 548,0 milioni di CIG in deroga” (INPS, report agosto 2020) dati che corrispondono a circa il 93,83% delle ore complessive di CIG autorizzate dall’INPS e ammontanti a 3.004.594.122 (di cui 1.436.897.308 di CIGO e 1.567.696.814 di CIGS).
Da queste sintetiche valutazioni emerge in modo chiaro il forte utilizzo della CIG a fronte dell’ampia crisi derivante dal negativo impatto della pandemia sul sistema produttivo italiano, ma testimoniano anche del notevole sforzo organizzativo affrontato dall’INPS (vedere grafico a lato).
A fronte di enfatiche dichiarazioni governative di immediato sostegno a tutti (“Nessuno perderà il proprio posto di lavoro a causa dell’epidemia”), nonché di numerose e ridondanti promesse da parte dell’INPS di immediato pagamento, in realtà le erogazioni della CIG (specie quelle in deroga) sono avvenute con molta lentezza; questi ritardi hanno sollevato vivaci polemiche, costringendo il governo a intervenire più volte per semplificare le procedure al fine di velocizzare le liquidazioni ai tanti beneficiari.
Recentemente l’INPS ha dovuto precisare l’articolazione attuale nei ritardi erogativi: “- sulla base delle domande regolarmente presentate e su un totale di 3.445.782 beneficiari, i lavoratori ai quali al 29.09.2020 è stata erogata direttamente dall’Istituto almeno una mensilità di prestazione, sono stati 3.425.319, pari al 99,4%. Per il restante 0,6%, pari a 20.463 lavoratori, l’Istituto sta concentrando l’attività di liquidazione delle prestazioni con il massimo impegno; - per quanto riguarda il numero di integrazioni salariali ancora da liquidare (294.184), si precisa che tale numero non si riferisce ai beneficiari ma al numero di mensilità ancora da pagare e che tali mensilità sono relative principalmente a richieste pervenute dal mese di agosto (85%, di cui il 70% pervenuto a settembre)” (INPS comunicato del 2/10/2020).
Altre polemiche hanno riguardato l’erogazione della CIG a lavoratori di imprese che non hanno subito conseguenze negative da covid-19: “emerge che se circa un terzo delle ore di CIG, CIG in deroga e Fondi della bilateralità è stato utilizzato da imprese con perdite di fatturato superiori al 40 per cento, oltre un quarto delle ore è stato tirato da imprese che non hanno subito alcuna riduzione” (Ufficio Parlamentare di Bilancio, audizione del 28/7/2020, pag. 4).
La maggiore criticità derivante da questo forte incremento al ricorso alla CIG riguarda il suo costo complessivo e il suo finanziamento quasi integralmente a carico del bilancio statale; in proposito non vi sono molti dati a disposizione e, pertanto, al momento si possono solo fare ipotesi: - per quanto riguarda gli stanziamenti di bilancio per garantire la CIG per l’emergenza covid-19 si deve fare riferimento ai primi 5 €/miliardi previsti dal decreto di marzo 2020, a cui si sono aggiunti i 10,3 €/miliardi del secondo decreto e i 4,6 €/miliardi del terzo decreto; - alcune stime valutano un costo di circa 5 €/miliardi per ogni mese da aprile a dicembre 2020.
Si tratta di somme importanti che attualmente sono inserite nei tre provvedimenti autorizzativi allo scostamento del bilancio statale per complessivi 100 €/miliardi in aggiunta al debito pubblico italiano; se poi si opera un confronto con gli stanziamenti previsti nel bilancio preventivo dello Stato per il 2020 ammontanti a solo € 789.572.566 si può facilmente comprendere come l’impatto del covid-19 sul bilancio statale sia già alquanto pesante; mentre il confronto con le previsioni del 2018 (di € 9.904.799.536) e con quelle del 2019 (di € 527.338.566) fa capire l’eccezionalità dello sviluppo della CIG nel 2020 (vedere grafico a lato).
I 20,6 €/miliardi destinati fino ad oggi al sostegno della CIG sollevano il problema dell’eventuale  ricorso agli aiuti europei; in proposito occorre ricordare come in sede UE siano stati destinati all’Italia circa 27,4 €/miliardi (su 81,4 €/miliardi di dotazione) di prestiti erogabili nel quadro dello strumento SURE (basati su un sistema di garanzie volontarie degli Stati membri) per far fronte alla crisi occupazionale legata al Covid-19 e finalizzati anche al finanziamento della CIG e per regimi di sostegno al reddito delle partite Iva.
Se l’impatto sui conti pubblici è assai rilevante, non meno problematiche sono le ricadute sulle aziende e sui lavoratori: “Nei mesi di marzo e aprile il 51 per cento delle imprese ha usufruito della CIG-Covid per quasi il 40 per cento dei dipendenti del settore privato. • Tra le imprese più piccole, che hanno utilizzato prevalentemente la CIG-Covid in deroga, l’importo medio risparmiato grazie alla riduzione dell’orario di lavoro è stato pari a 3.900 euro nel bimestre; le imprese più grandi del settore dei servizi, che hanno fruito dell’assegno ordinario Covid hanno risparmiato in media quasi 24.000 euro; le imprese della manifattura, che ricorrono prevalentemente alla CIG ordinaria Covid circa 21.000 euro. Ogni impresa in CIG-Covid ha risparmiato circa 1.100 euro per ogni dipendente presente in azienda (a prescindere dall’incidenza dei lavoratori in CIG). • In media ogni individuo in CIG-Covid ha subito una riduzione oraria di 156 ore, il 90 per cento dell’orario mensile di lavoro a tempo pieno (pari a 173 ore in marzo e aprile). Secondo nostre stime basate sulle informazioni attualmente disponibili, in media ogni lavoratore ha perso il 27,3 per cento del proprio reddito lordo mensile” (INPS e BdI, studio del 29/7/2020, pag. 1 e 2). 
In conclusione.
Gli effetti negativi del blocco delle attività derivanti dall’emergenza sanitaria sull’occupazione sono stati in parte limitati dall’eccezionale estensione della CIG e dal divieto di licenziamento; la CIG ha per il momento garantito una costanza occupazionale senza gravare interamente sui conti delle imprese e, contemporaneamente, ha parzialmente sostenuto anche il reddito delle famiglie, ma ha aggravato fortemente il debito pubblico italiano e, pertanto, è uno strumento che non può durare a lungo.
Infatti, secondo alcune analisi alcune imprese al termine degli incentivi/aiuti saranno costrette a licenziare mentre altre forse addirittura a fallire e, conseguentemente, è prevedibile una impennata dei licenziamenti. Del resto, su oltre
5,5-6 milioni di cassintegrati circa 1,3 milioni appartengono al comparto turismo-alberghiero-ristorazione, tra i più colpiti dalla pandemia e nel quale si concentrano anche molti dei rapporti di lavoro a tempo (part-time, a termine, stagionali, ecc.) destinati ad esaurirsi. 
Queste cupe previsioni dovrebbero spingere verso l’adozione di provvedimenti volti a garantire una sostanziosa crescita economica basata su investimenti volti a incentivare produttività e sviluppo, ma anche su idonee politiche attive del lavoro.
Intanto, sarebbe auspicabile superare le varie criticità già emerse nella gestione della CIG: la lentezza burocratica; la necessità di una revisione dello strumento, poiché i vari tipi di CIG con diverse procedure sono da riconsiderare in chiave unitaria; una maggiore semplificazione, riducendo al minimo quei passaggi amministrativi non indispensabili; una rapida erogazione agli aventi diritto dei fondi stanziati.
Comunque, è stato fatto uno “sforzo” di bilancio importante avvenuto (almeno nelle intenzioni) con l’obiettivo di fornire un sostegno all’economia in un contesto caratterizzato da una domanda complessiva assai bassa (necessità di convivere con il virus, calo degli investimenti, contrazione delle disponibilità finanziarie delle imprese e delle famiglie, ristagno del commercio nazionale/internazionale), mentre i vari enti pubblici non danno impulso agli investimenti (carenza di risorse, incapacità ad utilizzare rapidamente le risorse già a disposizione, lentezza della burocrazia, ecc.).
Teoricamente le risorse ci sarebbero: - basti pensare ai 100 €/miliardi già stanziati con aumento del debito pubblico; - ai fondi messi a disposizione dalla UE (quelli del MES, del SURE, del Next Generation EU); ma manca la capacità di decidere, coniugando rapidità di azione, selettività degli accessi e adeguatezza dei controlli, senza perdere in efficacia, ma (purtroppo) si procede per slogan e non per serietà nelle analisi, per capacità nella programmazione e nella progettazione e nella gestione delle opere durante e dopo la loro realizzazione. Per esempio viene costantemente promessa una attività di semplificazione dei processi amministrativi sottostante alla gestione degli investimenti per accelerarne l’esecuzione che però stenta a svilupparsi e a concretizzarsi, rimanendo così pura aspirazione.
Intanto, il tempo passa e i problemi si aggravano e si restringono i margini di intervento. Solo fra qualche mese scopriremo se questo notevole “sforzo” di bilancio derivante dal boom della CIG è stato una “scommessa” o un “azzardo” … vedremo!
 
Euro Mazzi
 
 
PS: questo post fa parte di un ampio studio sulle problematiche relative alla crisi economica e finanziaria che da anni interessa l’Italia nel contesto europeo.
 
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