venerdì 25 gennaio 2019

IREN: UN GIGANTE CON UN PIEDE PUBBLICO E UNO PRIVATO (prima parte)

Nelle prossime settimane i vari Consigli Comunali degli enti spezzini soci di IREN Spa dovranno deliberare in merito alle modifiche sia dello Statuto sociale che del Patto di Sindacato di Voto della medesima società. IREN Spa è la capogruppo a cui fanno capo le attività strategiche, amministrative, di sviluppo, di coordinamento e di controllo dell’intero Gruppo; è una “holding industriale” che controlla altre quattro società divise per linea di business (Iren Energia, Iren Mercato, Iren Ambiente e Ireti), le quali controllano altre società per un totale di 80 unità.
IREN è, quindi, una multiutility (cioè opera nei settori dell’energia elettrica e termica, del gas, dei servizi idrici integrati, dei servizi ambientali, dei servizi tecnologici), è quotata presso la Borsa Italiana; ha una sede  legale a Reggio Emilia e dei poli operativi a Genova, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Torino, Vercelli, La Spezia.Il capitale sociale della capogruppo IREN Spa al 30/11/2018 è rappresentato da n. 1.300.931.377 azioni ordinarie (del valore nominale di € 1) delle quali 639.582.553 pari al 49,16% appartengono a Soggetti Pubblici, mentre le restanti azioni (n. 661.348.824 pari al 50,84%) sono in mano ad azionisti privati.
I Soggetti Pubblici, nonostante la perdita formale della maggioranza sociale, continuano ad esercitare il controllo sul Gruppo IREN grazie a due strumenti: a) un Patto Parasociale (o Sindacato di voto) mediante il quale vengono “disciplinati” i reciproci rapporti tra soci per garantire “unità e stabilità di indirizzo”; il Patto ha una durata di tre anni (a partire dal 9/5/2016) e si rinnoverà tacitamente, salvo disdetta, per ulteriori due anni; le azioni conferite al Patto sono pari a n. 611.512.279 azioni ordinarie, rappresentanti il 47,0057%; queste azioni non potranno essere oggetto di atti di disposizione per l’intera durata del Patto; b) il “voto maggiorato” (o voto doppio) è conferito a quelle azioni detenute dai soci (da almeno 24 mesi) e specificatamente individuate: attualmente con il “voto maggiorato” il peso dei soci pubblici sale al 53,7405% del totale dei diritti di voto, consentendo ai “soci-fondatori” il mantenimento del controllo societario, anche senza disporre della maggioranza del capitale sociale ordinario.
Le modifiche ora sottoposte all’approvazione dei vari Consigli Comunali sono la diretta conseguenza di due importanti “novità” intervenute nella compagine sociale di IREN nel corso del 2018.
In data 1/6/2018 i Comuni spezzini (26 enti), a seguito dell’aggregazione tra IREN e ACAM, hanno sottoscritto un aumento di capitale a loro riservato per n. 24.705.700 nuove azioni e hanno aderito al Patto Parasociale, apportando tutte le loro azioni e portando così il numero degli aderenti a questo Patto da 65 a 91.
In data 17/7/2018 è stato stipulato l’atto di scissione (parziale non proporzionale asimmetrica) della società FSU (Finanziaria Sviluppo Utilities Srl, in origine appartenuta al 50% ciascuno dai Comuni di Genova e di Torino), con conseguente attribuzione del 50% delle azioni possedute alla società FCT (Finanziaria Città di Torino Holding Spa, controllata dal Comune di Torino) e il restante 50% è rimasto alla FSU (ma ora totalmente partecipata dal Comune di Genova).
In conseguenza di queste due “novità”, i tre Sindaci: Marco Bucci (di area centro-destra alla guida del Comune di Genova), Luca Vecchi (di area PD a capo del Comune di Reggio Emilia) e Chiara Appendino (di area M5S, Sindaca del Comune di Torino), quali componenti del Patto Parasociale di IREN, hanno deciso (con verbale del 22/10/2018) di proporre una modifica della disciplina pattizia della governance di IREN.
La proposta dei tre Sindaci (oggetto delle prossime delibere consigliari) riguarda: a) la conferma delle modalità del “voto maggiorato” al fine di assicurare il controllo pubblico sul Gruppo IREN; b) la modifica dello Statuto sociale sulla composizione, nomina e maggioranza qualificata del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei revisori: 1) i componenti del  consiglio di amministrazione passano da 13 a 15, di cui 13 tratti dalla lista che ha ottenuto il maggior numero di voti (di cui almeno 6 quelli del genere meno rappresentato); 2) le deliberazioni del Consiglio di amministrazione verranno assunte a votazione palese con il voto favorevole di almeno 12 consiglieri anziché 10; 3) il numero dei componenti Effettivi del Collegio Sindacale passa da 3 a 5, mantenendo i 2 Supplenti; c) le modifiche al Patto di Sindacato riguardano: 1) l’obbligo di comunicare al Coordinatore del Patto qualsiasi atto di disposizione sulle azioni possedute; 2) la facoltà di designazione” in caso di disaccordo sulle nomine; 3) il riparto delle nomine dei 15 membri del Consiglio di Amministrazione: 3 ciascuno designati da FSU, da FCT e dalle Parti Emiliane, 1 eletto da soci ex-ACAM, 3 nominati dal Comitato (Presidente,Vice Presidente e AD) e 2 eletti dalle minoranze; 4) il riparto delle nomine per il Collegio Sindacale: 3 membri effettivi designati da FSU, da FCT e dalle Parti Emiliane, 2 membri effettivi e i 2 Sindaci supplenti saranno designati a rotazione da questi tre soci; 5) il preavviso per il diritto di recesso con efficacia dal Patto portato da 12 mesi a 180 giorni.
Insomma, tutte queste modifiche hanno uno scopo preciso: da una parte, ridefiniscono gli equilibri e gli assetti tra le parti alla luce delle “novità” intervenute nella compagine sociale nel corso del 2018 (volgarmente si parlerebbe di “logica spartitoria”); dall’altra, cercano di regolamentare la diversa articolazione politica dei vari soci come è risultato dopo le recenti elezioni amministrative (volgarmente si potrebbe sostenere che si tratti di “inevitabile inciucio”). Infatti, i Comuni-soci sono passati da un “monocolore” (a prevalente trazione PD) a un “tricolore” (PD, M5S, Centro-destra, con all’interno varie articolazioni).
Sottotraccia emerge, però, la questione della possibilità di vendere le azioni da parte dei Comuni-soci, poiché alcuni di questi hanno necessità di “fare cassa”; trattandosi di entrate in conto capitale queste risorse dovrebbero essere poi destinate a investimenti, ma ricorrendo a opportuni “marchingegni” possono essere destinati anche per ripianare debiti o deficit di bilancio.
Del resto, molti Comuni hanno già venduto parti delle proprie azioni (per esempio: Parma e altri 28 comuni reggiani), altri intendono venderle (per esempio: Torino e Reggio Emilia), ma c’è anche chi le compra (per esempio: la genovese FSU ha appena acquistato 32,75 milioni di azioni pari al 2,5% del capitale, per un esborso complessivo di 70,4 milioni circa, salendo dal 16,33% al 18,85% delle quote azionarie).
La vendita da parte dei Comuni-soci di quote di azioni comporta inevitabilmente la perdita della “maggioranza pubblica” su IREN; controllo che al momento viene surrogato con il ricorso al “voto maggiorato”; questo strumento è comunque legato alla durata del patto di sindacato e può essere esercitato per materie delimitate (ad esempio per la nomina e la revoca degli amministratori, per l’azione di responsabilità), ma non vale per la gestione della società (ad esempio il bilancio, gli investimenti, l’indebitamento, i dividendi) che rimane affidata alla maggioranza rappresentata dai soci privati. In definitiva, i Comuni potranno continuare a decidere “chi” gestisce, ma saranno condizionati dalle decisioni dei soci privati sulle varie problematiche gestionali.
Si tratta di una questione assai delicata poiché IREN gestisce servizi “in house” e utilizza le “reti pubbliche” (per esempio: dell’acquedotto, delle fognature, del gas), acquisendo servizi spesso senza dover ricorrere alla gara ad evidenza pubblica.
Del resto, questa problematica è alla base della politica di IREN di ricercare nuove acquisizioni necessarie anche per continuare a incrementare la percentuale dei soci pubblici, permettendo ai Comuni-soci di poter vendere parte delle proprie azioni detenute.
Infatti, a partire dal 2014 il Gruppo IREN ha realizzate ben 12 nuove acquisizioni, riuscendo a fare un salto dimensionale importante, ben rappresentato dalla crescita dei dipendenti (nel 2014 erano 4.524 nel 2018 sono saliti a 7.900) e dall’aumento dei ricavi (passati da 3,0 €/miliardi del 2015 a 3,7 €/miliardi del 2017, con incremento del +17,05%), introducendo però varie problematiche finanziarie (per esempio: la posizione finanziaria netta è passata da 2,1 €/miliardi del 2015 a 2,3 €/miliardi del 2017, con un incremento del +8.056%) e organizzative di efficientamento; si tratta di problematiche importanti da monitorare attentamente nel medio-lungo periodo.
In conclusione. Queste modifiche sono importanti perché riguardano non soltanto gli equilibri e gli assetti tra i soci (cioè la governance), ma perché incidono sulla natura stessa della società in merito ai rapporti tra soci pubblici e quelli privati. La possibilità data ai Comuni di vendere parte delle azioni possedute di IREN (pur comprendendo le giustificazioni adottate dagli stessi) di fatto realizza una  strisciante privatizzazione, consegnando beni, servizi e patrimonio pubblico alla maggioranza dei soci privati di IREN.
Queste vicende fanno emergere, altresì, tre aspetti assai delicati: a) una crescente dipendenza dei Comuni dal settore finanziario; b) il costante incremento delle tariffe a carico dei cittadini; c) aumenti tariffari giustificati dalla necessità di fare investimenti, ma anche dalle esigenza di coprire gli alti oneri finanziari del conseguente indebitamento di queste partecipate.
Tutti questi delicati e importanti processi avvengono nell’indifferenza popolare e nella distrazione dei “governanti” di turno … mentre come è noto: “Il denaro non dorme mai”.

Euro Mazzi

Sull’aggregazione di Acam nel Gruppo Iren vedere i seguenti post:
1) CON LA FUSIONE PER INCORPORAZIONE FINIRÀ ACAM …: QUI
2)  FAR INCORPORARE ACAM PER “ENTRARE NELLA STANZA DEI BOTTONI”: QUI
3)  ACAM/IREN … PERDERE TEMPO NELLA FRETTA DI DECIDERE: QUI
4)  AGGREGAZIONE ACAM/IREN: GARANZIE REALI O ASTRATTE?: QUI
5)  ACAM/IREN … PER FAVORE, NON DALLA PADELLA ALLA BRACE …: QUI
6) ACAM/IREN: NOTIZIE E PAURE FASULLE SULLA MANCANZA DI ALTERNATIVE: QUI
7) IL PERCORSO DELLA PROPOSTA DI AGGREGAZIONE ACAM IN IREN: QUI
8) L’ARTICOLAZIONE DELLA PROPOSTA AGGREGATIVA DI IREN: QUI
9) ACAM/IREN: “OSCURANTISMO E MIOPIA …”: QUI
10) TRA LACUNE, SUPERFICIALITÀ E FORZATURE SCOMPARE ACAM E CI GUADAGNA SOLO IREN …: QUI
11) ACAM/IREN: È RISPETTATA LA NORMATIVA SUL “REGIME DEMANIALE” DELLE RETI IDRICHE?: QUI
12) ACAM-IREN: E/S-QUILIBRI TRA PATTI E VENDITE: QUI
 

 

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