IREN è, quindi, una multiutility (cioè opera nei settori
dell’energia elettrica e termica, del gas, dei servizi idrici integrati, dei
servizi ambientali, dei servizi tecnologici), è quotata presso la Borsa
Italiana; ha una sede legale a Reggio
Emilia e dei poli operativi a Genova, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Torino,
Vercelli, La Spezia.Il capitale sociale della capogruppo IREN Spa al 30/11/2018 è rappresentato da n. 1.300.931.377 azioni ordinarie (del valore nominale di € 1) delle
quali 639.582.553 pari al 49,16% appartengono a Soggetti
Pubblici, mentre le restanti azioni (n. 661.348.824
pari al 50,84%) sono in mano ad
azionisti privati.
I
Soggetti Pubblici, nonostante la perdita
formale della maggioranza sociale, continuano ad esercitare il controllo
sul Gruppo IREN
grazie a due strumenti: a) un Patto
Parasociale (o Sindacato di voto)
mediante il quale vengono “disciplinati” i reciproci rapporti tra
soci per garantire “unità e stabilità di indirizzo”; il Patto ha una durata di tre anni (a partire dal 9/5/2016) e si
rinnoverà tacitamente, salvo disdetta, per ulteriori due anni; le azioni
conferite al Patto sono pari a n. 611.512.279 azioni ordinarie, rappresentanti
il 47,0057%; queste azioni non
potranno essere oggetto di atti di disposizione per l’intera durata del Patto; b) il “voto maggiorato” (o voto doppio) è conferito a quelle azioni detenute
dai soci (da almeno
24 mesi) e specificatamente
individuate: attualmente con il “voto
maggiorato” il peso dei soci pubblici sale al 53,7405% del totale dei diritti di voto, consentendo ai “soci-fondatori” il mantenimento del controllo societario, anche senza disporre della
maggioranza del capitale sociale ordinario.
Le
modifiche ora sottoposte all’approvazione dei vari Consigli Comunali sono la
diretta conseguenza di due importanti “novità” intervenute nella compagine
sociale di IREN
nel corso del 2018.
In
data 1/6/2018 i Comuni spezzini (26 enti), a seguito dell’aggregazione tra IREN e ACAM, hanno sottoscritto un aumento di capitale a
loro riservato per n. 24.705.700
nuove azioni e hanno aderito al Patto
Parasociale, apportando tutte le loro
azioni e portando così il numero degli aderenti a questo Patto da 65 a 91.
In
data 17/7/2018 è stato stipulato l’atto di scissione
(parziale non proporzionale asimmetrica) della società FSU (Finanziaria Sviluppo Utilities
Srl, in origine appartenuta al 50% ciascuno dai Comuni di Genova e di Torino),
con conseguente attribuzione del 50% delle azioni possedute alla società FCT
(Finanziaria Città di Torino Holding Spa, controllata dal Comune di Torino) e
il restante 50% è rimasto alla FSU (ma ora totalmente partecipata dal Comune di
Genova).
In conseguenza di queste due “novità”,
i tre Sindaci: Marco
Bucci (di area centro-destra alla guida del Comune di Genova), Luca Vecchi (di area PD a capo del
Comune di Reggio Emilia) e Chiara
Appendino (di area M5S, Sindaca del Comune di Torino), quali componenti del
Patto Parasociale di IREN, hanno deciso (con verbale del 22/10/2018) di proporre una
modifica della disciplina pattizia della
governance di IREN.
La proposta dei tre Sindaci (oggetto delle prossime delibere consigliari) riguarda: a) la conferma delle
modalità del “voto maggiorato” al
fine di assicurare il controllo pubblico
sul Gruppo IREN; b)
la modifica dello Statuto sociale sulla
composizione, nomina e maggioranza
qualificata del Consiglio di amministrazione e del Collegio dei revisori: 1) i componenti
del consiglio di amministrazione passano
da 13 a 15, di cui 13 tratti dalla lista che ha ottenuto il maggior numero di voti (di cui
almeno 6 quelli del genere meno
rappresentato); 2) le deliberazioni del Consiglio di amministrazione verranno assunte
a votazione palese con il voto favorevole di almeno 12 consiglieri anziché 10; 3) il numero dei componenti Effettivi
del Collegio Sindacale passa da 3 a 5,
mantenendo i 2 Supplenti; c) le
modifiche al Patto di Sindacato riguardano: 1) l’obbligo
di comunicare al
Coordinatore del Patto qualsiasi atto di disposizione sulle
azioni possedute; 2) la “facoltà di designazione” in caso di
disaccordo sulle nomine; 3) il riparto
delle nomine dei 15 membri del Consiglio
di Amministrazione: 3 ciascuno designati da FSU, da FCT e dalle Parti Emiliane, 1 eletto da soci ex-ACAM, 3 nominati dal Comitato
(Presidente,Vice Presidente e AD) e 2 eletti dalle minoranze; 4) il riparto delle nomine per il Collegio Sindacale: 3 membri effettivi designati da FSU, da FCT e dalle Parti Emiliane, 2 membri effettivi e i 2 Sindaci supplenti saranno designati a rotazione da questi tre soci; 5) il preavviso per il diritto di recesso con efficacia dal Patto portato da 12 mesi a 180 giorni.
Insomma,
tutte queste modifiche hanno uno scopo preciso: da una parte, ridefiniscono gli equilibri e gli assetti
tra le parti alla luce delle “novità” intervenute nella
compagine sociale nel corso del 2018 (volgarmente si parlerebbe di “logica
spartitoria”);
dall’altra, cercano di regolamentare la diversa
articolazione politica dei vari soci come è risultato dopo le recenti elezioni
amministrative (volgarmente si potrebbe sostenere che si tratti di “inevitabile
inciucio”).
Infatti, i Comuni-soci sono passati da un “monocolore” (a prevalente trazione
PD) a un “tricolore” (PD, M5S, Centro-destra, con all’interno varie
articolazioni).
Sottotraccia emerge, però, la questione
della possibilità di vendere le azioni da parte dei Comuni-soci, poiché
alcuni di questi hanno necessità di “fare cassa”; trattandosi di entrate
in conto capitale queste risorse dovrebbero essere poi destinate a investimenti, ma ricorrendo a opportuni
“marchingegni” possono essere
destinati anche per ripianare debiti o
deficit di bilancio.
Del resto,
molti Comuni hanno già venduto parti delle proprie azioni (per esempio:
Parma e altri 28 comuni reggiani), altri intendono venderle (per esempio: Torino e
Reggio Emilia), ma c’è anche chi le compra (per esempio: la genovese FSU ha appena acquistato
32,75 milioni di azioni pari al 2,5% del capitale, per un esborso
complessivo di 70,4 milioni circa,
salendo dal 16,33% al 18,85% delle quote azionarie).
La
vendita
da parte dei Comuni-soci di quote di azioni comporta inevitabilmente la perdita
della “maggioranza pubblica” su IREN; controllo che al momento viene surrogato con
il ricorso al “voto maggiorato”;
questo strumento è comunque legato alla durata del patto di sindacato e può essere
esercitato per materie delimitate (ad esempio per la nomina e la revoca degli
amministratori, per l’azione di responsabilità), ma non vale per la gestione
della società (ad esempio il bilancio, gli investimenti, l’indebitamento, i
dividendi) che rimane affidata alla maggioranza rappresentata dai soci privati.
In definitiva, i Comuni potranno continuare a decidere “chi” gestisce, ma saranno
condizionati dalle decisioni dei soci
privati sulle varie problematiche
gestionali.
Si
tratta di una questione assai delicata poiché IREN gestisce servizi “in
house” e utilizza le “reti pubbliche” (per esempio:
dell’acquedotto, delle fognature, del gas), acquisendo servizi spesso senza
dover ricorrere alla gara ad evidenza pubblica.
Del
resto, questa problematica è alla base della politica di IREN di ricercare nuove acquisizioni necessarie anche per
continuare a incrementare la percentuale
dei soci pubblici, permettendo ai Comuni-soci di poter vendere parte delle proprie azioni
detenute.
Infatti,
a partire dal 2014 il Gruppo IREN ha realizzate ben 12 nuove acquisizioni, riuscendo
a fare un salto dimensionale importante, ben rappresentato dalla crescita dei dipendenti
(nel 2014 erano 4.524 nel 2018 sono
saliti a 7.900) e dall’aumento dei
ricavi (passati da 3,0 €/miliardi
del 2015 a 3,7 €/miliardi del 2017,
con incremento del +17,05%), introducendo
però varie problematiche finanziarie (per esempio: la posizione finanziaria
netta è passata da 2,1 €/miliardi del
2015 a 2,3 €/miliardi del 2017, con
un incremento del +8.056%) e
organizzative di efficientamento; si tratta di problematiche importanti da monitorare attentamente nel
medio-lungo periodo.
In conclusione. Queste
modifiche sono importanti perché riguardano non soltanto gli equilibri e gli assetti tra i soci (cioè la governance), ma perché
incidono sulla natura stessa della società in merito ai rapporti tra soci
pubblici e quelli privati. La possibilità data ai Comuni di vendere parte
delle azioni possedute di IREN (pur comprendendo le giustificazioni adottate
dagli stessi) di fatto realizza una strisciante
privatizzazione, consegnando beni, servizi e patrimonio pubblico
alla maggioranza dei soci privati di IREN.
Queste vicende fanno emergere, altresì, tre aspetti assai delicati: a) una crescente dipendenza dei Comuni dal
settore finanziario; b) il costante incremento delle tariffe a carico dei cittadini; c) aumenti tariffari giustificati dalla
necessità di fare investimenti, ma
anche dalle esigenza di coprire gli alti oneri
finanziari del conseguente indebitamento di queste partecipate.
Tutti
questi delicati e importanti processi avvengono nell’indifferenza
popolare e nella distrazione dei
“governanti” di turno … mentre come è noto: “Il denaro non dorme mai”.
Euro
Mazzi
Sull’aggregazione di Acam nel Gruppo Iren vedere i
seguenti post:
1) CON LA FUSIONE PER INCORPORAZIONE FINIRÀ ACAM …: QUI
2) FAR INCORPORARE ACAM PER “ENTRARE NELLA
STANZA DEI BOTTONI”: QUI
3) ACAM/IREN … PERDERE TEMPO NELLA FRETTA DI
DECIDERE: QUI
4) AGGREGAZIONE ACAM/IREN: GARANZIE REALI O
ASTRATTE?: QUI
5) ACAM/IREN … PER FAVORE, NON DALLA PADELLA
ALLA BRACE …: QUI
6) ACAM/IREN: NOTIZIE E PAURE FASULLE SULLA MANCANZA DI
ALTERNATIVE: QUI
7) IL PERCORSO DELLA PROPOSTA DI AGGREGAZIONE ACAM IN
IREN: QUI
8) L’ARTICOLAZIONE DELLA PROPOSTA AGGREGATIVA DI IREN:
QUI
9) ACAM/IREN: “OSCURANTISMO E MIOPIA …”: QUI
10) TRA LACUNE, SUPERFICIALITÀ E FORZATURE SCOMPARE ACAM
E CI GUADAGNA SOLO IREN …: QUI
12) ACAM-IREN:
E/S-QUILIBRI TRA PATTI E VENDITE: QUI
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