sabato 25 aprile 2020

CORONAVIRUS E GLI AIUTI ALLE IMPRESE (parte quarta)

L’emergenza sanitaria per la pandemia-covid19 sta provocando una profonda recessione e per contrastarla il Governo italiano ha assunto alcuni provvedimenti (in particolare mediante il DL. 17/3/2020 n. 18, “Decreto Cura Italia” e il DL. 8/4/2020 n. 23, “Decreto Liquidità”), contenenti delle misure di sostegno relative alla liquidità e all’accesso al credito per le imprese che hanno subito in via temporanea una carenza di liquidità.
La presentazione di questi due provvedimenti è stata alquanto enfatica; a marzo questo era l’annuncio: E’ una manovra economica poderosa: si attivano 350 miliardi. Non abbiamo pensato e non pensiamo di combattere un’alluvione con gli stracci (...) Siamo stati i primi a mettere in campo 25 miliardi di denaro fresco a beneficio del sistema economico italiano, delle imprese, delle famiglie. E attiviamo flussi per complessivi 350 miliardi” (Blitz del 16/3/2020); ad aprile quasi si raddoppia: “Un "bazooka" da 750 miliardi in totale per le imprese: 200 miliardi di garanzie sui prestiti e 200 miliardi per l’export si sommano ai 350 già previsti, con l’arrivo di una copertura fino al 100% per prestiti fino a 800mila euro. Il rinvio delle scadenze fiscali per le aziende danneggiate dalla crisi (…) Il governo ha varato "un intervento senza precedenti" con una "imponente mobilitazione di risorse pubbliche"” (dichiarazione Conte, Ansa del 7/4/2020).
Questa enfasi ha trascinato con sé un equivoco che è poi alla base di molte delusioni postume per chi si aspettava una immissione diretta di liquidità in favore delle imprese, poiché si tratta solo di garanzie rilasciate dal Fondo Centrale di Garanzia (FCG) e/o da Sace Spa, su finanziamenti bancari richiesti dagli operatori economici; a loro volta le garanzie del FCG e di Sace sono assistite da una contro-garanzia dello Stato, a prima richiesta esplicita, incondizionata e irrevocabile a copertura tanto del rimborso del capitale quanto del pagamento degli interessi, per queste finalità viene istituito un apposito Fondo a copertura presso il MEF.
Questa operatività attuata tramite il rilascio di garanzie (fino al 31/12/2020) è una modalità inizialmente molto meno costosa per lo Stato (fino ad oggi il governo ha messo a disposizione solo 2,72 €/miliardi, di cui 1 €/miliardo a garanzia delle linee di credito garantite da Sace e 1,72 €/miliardi per quelle del FCG, ma dovrebbero presto arrivare a 7 €/miliardi con il prossimo decreto), poiché le risorse vengono anticipate integralmente dalle banche e lo Stato si limita a prestare una garanzia che, in quanto tale, non prevede un esborso immediato di cassa.
L’esborso ci sarà solo in conseguenza di inadempimento del beneficiario a restituire il finanziamento ricevuto (che generalmente si manifesterà dopo 24 mesi dal rilascio essendo previsto un pre-ammortamento di tale entità); solo a seguito dell’inadempimento le banche potranno rivalersi sulla garanzia concessa dal FCG/Sace, queste ultime poi richiederanno le specifiche somme al Fondo statale presso il MEF; questo fondo sarà quindi periodicamente rifinanziato dallo Stato; dunque, l’esborso effettivo dello Stato sarà di fatto rimandato ai prossimi anni. 
Dunque, i 750 €/miliardi complessivi di cui il governo si fa enfatico promotore non sono somme ora effettivamente stanziate, ma sono solo previsioni di liquidità derivante dalla erogazione di finanziamenti bancari garantiti dallo Stato con il vincolo della restituzione, anziché trasferimenti diretti a fondo perduto come molti chiedevano e/o si aspettavano.
Ebbene, l’intervento statale si caratterizza, da una parte, per il rilascio di garanzie, ma dall’altra, per una “centralità” del sistema bancario che sarà chiamato non solo a erogare formalmente tutte le somme necessarie, ma dovrà intermediare, istruire e gestire le molte (presumibili) richieste di questi finanziamenti.
Con queste premesse, è facile prevedere come sul sistema bancario si abbatterà uno “tsunami”, poiché l’enfasi delle enunciazioni governative unito alla drammaticità della crisi comporteranno notevoli aspettative, molte delle quali inevitabilmente andranno deluse, provocando reazioni emotive forti nei richiedenti.
Non a caso, i  sindacati dei bancari sono arrivati a temere anche episodi di “violenza contro le lavoratrici e i lavoratori bancari” (Ansa del 18/4/2020), poiché le numerosissime richieste si scontreranno  con i limiti fisici di accesso alle filiali dovuti all’emergenza sanitaria, con le condizioni poste dal decreto, con l’impreparazione (mancanza di disposizioni interne, modifiche delle procedure, corsi di formazione per addestrare i dipendenti ad accogliere, analizzare e gestire le richieste della clientela), con i tempi necessari e incomprimibili di esame, trasmissione, approvazione ed erogazione delle molte richieste di  finanziamento.
La banca deve comunque attivare una istruttoria (procedura ordinaria di valutazione del merito creditizio: le prospettive di reddito, i flussi di cassa e il patrimonio delle aziende, ecc.) e verificare la formale presenza dei requisiti indispensabili (per esempio il richiedente non deve avere al 31/1/2020 una posizione già classificata a: sofferenza; partite incagliate; esposizioni scadute e/o sconfinanti; inadempienze probabili; deve cioè possedere uno stato di “buona salute aziendale”) e solo in caso di conclusione positiva, verrà inoltrata l’attivazione della garanzia al FCG/Sace e attenderne la loro decisione al termine della propria istruttoria.
Per quanto la compilazione della richiesta sia facile (la domanda di ammissione al finanziamento garantito, un’autocertificazione attestante di aver subito dei danni dall’epidemia, i documenti di bilancio o un documento fiscale, necessari per definire la congruità del finanziamento rispetto ai ricavi prodotti) e la procedura sia stata alquanto semplificata (in particolare per le richieste delle micro imprese, beneficiarie in automatico di finanziamenti fino a € 25.000 con garanzia totale dello Stato), i tempi di erogazione non potranno essere immediati per tutti, ma al contrario saranno dilatate nel tempo specie quelle inviate a Sace.  
Anche le durate del finanziamento (massimo 6 anni) sono considerate troppo brevi; anche gli importi finanziabili sono condizionati (ad esempio, all’imprenditore spetterà al massimo il 25% di quanto fatturato nel 2019); altre critiche hanno riguardato le condizioni di erogazione (quali il divieto di distribuire dividendi per l’intero anno 2020, l’obbligo di gestire i livelli occupazionali con accordi sindacali, il vincolo di destinazione del finanziamento a sostegno dei costi del personale, degli investimenti e del capitale circolante).
Ci sono poi i sospetti sull’eventuale tentativo da parte delle banche di utilizzare i finanziamenti con garanzia statale per estinguere prestiti preesistenti (aventi natura chirografaria e non garantita), per trasferire il pregresso rischio di insolvenza dai loro conti economici a quelli statali.
Insomma, nonostante la mole dei possibili finanziamenti è emersa una sensazione di delusione per i vincoli, i limiti e le condizioni di questo intervento statale che probabilmente si integrerà con alcuni interventi europei; in proposito la Cna ha, infatti, ammesso la propria delusione: “Siamo profondamente delusi. Il testo non soddisfa l’urgenza di mettere a disposizione di tutti gli operatori economici la minima liquidità necessaria a far fronte alle spese correnti che devono essere onorate per non far saltare tutta la catena dei pagamenti. (Una soluzione) destinata a seminare sconcerto e rabbia tra chi confidava veramente di poter avere mezzi finanziari sufficienti per non essere costretto a chiudere” (Linkiesta del 10/4/2020).
In conclusione.
L’intervento statale a sostegno delle imprese mediante garanzie offerte alle banche per permettergli di erogare finanziamenti è sicuramente nel breve periodo una soluzione adeguata, necessaria e mirata nelle attuali circostanze per impedire che le carenze di liquidità si trasformino in situazioni di insolvenza.
Successivamente saranno, però, necessarie politiche che favoriscano la crescita economica generale al fine di favorire una progressiva riduzione del peso del debito emergenziale (sia per le imprese, ma anche per lo Stato) per poter riattivare un ciclo produttivo virtuoso, recuperando i fatturati evaporati e ripristinando il ciclo finanziario ordinario.
In questo contesto, sono stati sbagliati i messaggi particolarmente enfatici del governo incentrati sull’annuncio di aver messo a disposizione unbazookadi 750 €/miliardi, poiché è stato trasmesso un messaggio illusorio, facendo credere a una disponibilità monetaria immediata che nei fatti non c’è; quindi soldi a fondo perduto e immediati non ci sono, semmai solo garanzie e prestiti bancari (cioè nuovi debiti che si aggiungono a quelli precedenti) che dovranno essere restituiti in sei anni.
Era necessaria una maggiore chiarezza e precisione proprio per evitare eventuali delusioni e il diffondersi di nuova rabbia sociale che rischia di prendere di mira soprattutto le banche chiamate dai decreti suindicati a svolgere un ruolo centrale a supporto dell’intervento statale.
Sorprende, poi, come siano stati poco evidenziati e discussi alcuni aspetti problematici:
a) la bassa dotazione del fondo statale posto a garanzia di FCG e Sace (attualmente circa 2,72 €/miliardi) che impedirebbe di ottenere una leva così alta per arrivare ai 400 €/miliardi da garantire, poiché ne servirebbero almeno 30-40 €/miliardi;
b) la valutazione dell’entità massima delle perdite sui prestiti erogati e come queste perdite verrebbero coperte nei prossimi 6 anni, poiché un coefficiente di rischiosità più elevato potrebbe comportare un possibile peggioramento del debito pubblico italiano;
c) come potrà essere superato l’handicap della sottocapitalizzazione e del  sovra-indebitamento di molte imprese costituente un reale impedimento per l’accesso al credito e causa di possibile dissesto;
d) le misure da adottate per mitigare l’impatto di un eventuale massiccio deterioramento qualitativo dei crediti bancari (entità delle inadempienze) che potrebbe innescare una nuova crisi per alcune banche;
e) quali conseguenze amministrative e penali ci saranno in caso di dissesto arrivato dopo la concessione dei finanziamenti con garanzia statale.
Insomma, i problemi sono tanti, complessi e drammatici; in questa situazione non abbiamo bisogno di annunci enfatici, ma di analisi precise e soluzioni chiare.
In proposito, non si può che concordare con il prof. da De Rita: “D. - Questa classe dirigente è all’ altezza? R. - Abbiamo una classe politica che fa le cose in base alle reazioni dei social. Ministri più protesi a fare un tweet azzeccato che a capire a fondo un dossier di dieci pagine: è l’ accusa che ci fanno in Europa”; e a forza di enfasi il Paese sta diventando: “Sovvenzionato ad personam. Era un’ idea che non sfiorava la generazione della guerra” (La Repubblica del 22/4/2020).

Euro Mazzi

PS: questo post fa parte di un ampio studio sulle problematiche relative alla crisi economica e finanziaria che da anni interessa l’Italia nel contesto europeo.
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