venerdì 9 dicembre 2016

“HYBRIS” E IL RENZISMO … (prima parte)

“Hybris” è un termine greco traducibile come “tracotanza” (“eccesso, superbia, orgoglio”); è la presunzione della propria potenza e fortuna, una ostinata sopravvalutazione delle proprie forze; è un accecamento mentale che impedisce all'uomo di riconoscere i propri limiti e di commisurare le proprie forze e che conduce ad uno strappo nel tessuto armonico della realtà; in contrapposizione vi è “Dike” (la Dea della Giustizia) che “castiga la tracotanza umana” (“nemesis” cioè la punizione giustamente inflitta, come avviene per esempio nel mito di Icaro).
Credo che questo termine greco ben rappresenti il fenomeno del renzismo (e non solo …) punito dall’esito del referendum costituzionale del 4/12/16 che ne attesta la sua crisi attuale, ma non la sua fine. Vediamone alcune aspetti.

L’esito del referendum è stato assai chiaro in almeno tre aspetti:
a) la forte affluenza (abitanti 65,1 milioni; elettori:  50,7 milioni; affluenza: 65,5 %) ha evidenziato una evidente voglia di partecipazione (in controtendenza al rilevante astensionismo manifestatosi nelle precedenti elezioni) sulla riforma o difesa della Costituzione, questione assai difficile e complicata da comprendere (una modifica di ben 47 articoli della Costituzione), che comunque ha lacerato per mesi il dibattito e il confronto politico nazionale.
b) la netta affermazione del NO (con 19.419.507 voti 59,1%), rispetto al SI (con 13.432.208 voti 40,9%), ha assunto il significato di una riappropriazione di uno strumento di democrazia diretta, bocciando un pessimo disegno di riforma.
c) la differenza percentuale tra il NO e il SI e l’omogenea diffusione del NO su quasi tutto il territorio nazionale hanno reso palese un dissenso verso le politiche governative, giudicate come  inadeguate a dare risposte agli effetti più duri della crisi. Il No si è connotato anche come protesta sociale dei ceti più esposti alla crisi (Sud, giovani, disoccupati, ceto medio, partite Iva, precari e piccoli imprenditori). Il NO ha suscitato delle risposte che non erano presenti nel quesito, ma che il malessere sociale, il dramma crescente della povertà e della precarietà, la mancata crescita e l’emergenza immigrazione hanno fatto esplodere ed entrare indirettamente nella consultazione referendaria. Insomma, la vittoria del NO ha evidenziato quanto il renzismo non abbia compreso la realtà sociale di diffuso disagio e di malcontento, in quanto era assorbito da una “narrazione” astratta del Paese, nonché da una retorica all’insegna della «modernizzazione», della «rottamazione», della «ripresa e dei gufi», ecc.

La forte personalizzazione del referendum attuata da Renzi, mediante:
a) la “furbata”  del quesito. Quando nell’aprile 2014 il Governo ha presentato (a firma Renzi/Boschi) il disegno di legge costituzionale n. 1.429 l’intestazione era esattamente quella che è poi finita nel quesito, con quella formulazione “a spot” accattivante e non neutrale, ammiccante alla protesta diffusa contro le lentezze parlamentari e i costi della politica, fornendo agli elettori una certa indicazione, non interamente scevra da considerazioni di tipo “populistico”.
b) una campagna propagandistica “sontuosa”, cioè assai martellante (lettere inviate ai cittadini; comizi, simposi e viaggi in tutta Italia; campagna di promozione del Sì con manifesti e filmati, ecc.) e onnipresente (“occupazione” di stampa e tv) e quindi costosa (pare che il PD abbia speso più di  3,2 milioni).
c) una propaganda improntata su messaggi facili e populisti (contro i politici, la casta, le poltrone, ecc.) fatta dal partito che più di tutti rappresenta “la casta” … singolare!!!
d) la ricerca di legittimazione popolare, poiché dietro l’enorme importanza che è stata attribuita alla riforma costituzionale c’era il bisogno di “lavare il peccato originale del renzismo, ovvero di aver conquistato il potere con una manovra di palazzo anziché con il voto popolare” (il famoso “stai sereno”).
e) la spinta plebiscitaria è nata dopo il successo alle elezioni europee (25/5/2014) in cui il PD aveva ottenuto il 40,81% dei voti (il miglior risultato in percentuale mai ottenuto dal PD, con un’affluenza del 57,2%). Questo successo elettorale ha spinto a non ricercare in Parlamento un’ampia condivisione sulla riforma per giocarsi la legittimazione direttamente con il referendum popolare, sottovalutando sia “l’affetto” che lega molti italiani alla Costituzione che la loro “rabbia” verso il Governo.
f) la strategia delle “mance” e della paura. Il renzismo, con la complicità della maggior parte dei media,  per cercare di convincere gli elettori sulla bontà della riforma ha impostato una forte propaganda sulla convinzione che i guai dell’Italia dipendessero dalla Costituzione del 1948, dalla cui revisione si sarebbero liberate le energie migliori del Paese. Inoltre sono stati utilizzati numerosi espedienti (posporre il voto a dicembre, varare una finanziaria elettorale, ecc.) per far votare il SI, preconizzando l’apocalisse in caso di vittoria del NO … quando si gioca così, a vincere o a perdere tutto, prima o poi si perde tutto!!!

Le dimissioni e la crisi. A scrutinio ancora aperto, subito dopo le prime tendenze consolidate di voto in favore del NO, Renzi ha rotto gli indugi e si è presentato alla Nazione rassegnando le dimissioni.
Molti hanno apprezzato il gesto, alcuni però hanno fatto osservare il carattere di “pagliacciata”, poiché il giorno dopo il Presidente della Repubblica ha congelato queste “dimissioni televisive”, ricordando non solo le norme costituzionali in merito, ma soprattutto l’obbligo “morale” di portare a compimento la legge di stabilità. Infatti, due giorni dopo il Governo benché dimissionario ha chiesto e ottenuto la fiducia sulla legge di bilancio, dimostrando che nell’attuale Parlamento il Governo Renzi ha ancora una sua maggioranza; le dimissioni effettive sono avvenute dopo aver ottenuto una fiducia … singolare!!!
Renzi, dunque, è ancora “il direttore dell'orchestra”; la momentanea uscita di scena la sta governando alla sua maniera, facendo sembrare di allontanarsi volontariamente dall’incarico, ma “condizionando” l’esito della crisi.

Un Renzi ferito ma pronto per la riscossa. Nel suo discorso alla direzione del PD, Renzi ha sfidato “il fronte del NO” proprio perché sa che questo è variegato e non rappresenta una proposta politica omogenea, provando a sostenere la tesi: ora sono “affari vostri”. Renzi è “ferito” dall’esito referendario, ma è già a caccia di una riscossa nella prossima campagna elettorale, di cui non sappiamo né quando ci sarà, né con quale legge elettorale verrà celebrata.
Intanto, Renzi ha evitato la discussione all’interno della direzione PD e non ha ancora analizzato il voto, ma nonostante la sconfitta ha rivendicato i risultati da lui ritenuti estremamente positivi del suo governo, dimostrando così ancora di non aver capito il messaggio trasmesso dal voto referendario. Renzi non si rende ancora conto di ciò che è accaduto nella società italiana in questi anni; ha rimosso un qualunque tipo di analisi sul reale impatto dei suoi provvedimenti (esempio: il Jobs Act, i 110 milioni di voucher del 2016, il mercato del lavoro, la confusione della “Buona Scuola”, gli effetti dello “sblocca Italia”, ecc.), continuando a proporre le slides dei suoi 1.000 giorni di governo che però ora appaiono non più strumenti di comunicazione, ma degli schemi astratti.

La sorpresa democristiana. Chi attribuisce all’ex democristiano Renzi tutti i voti conseguiti dal SI riconosce che il Referendum è stato effettivamente condotto con intenti plebiscitari a sostegno della sua leadership, delle sue riforme, della sua politica, conseguentemente non sarà il PD a ripartire da quei voti, ma il partito di Renzi. Ad altri ex democristiani (Mattarella, Francescini, Gentiloni, ecc.) spetterà forse il compito di sfilare il PD a Renzi attraverso una opportuna soluzione della crisi di governo e la scelta di un successore. Vedremo.
In conclusione, i primi 1.000 giorni di governo Renzi si chiudono con una crisi politica assai incerta e confusa; mentre il dibattito attuale si concentra sulla natura del prossimo governo e sulla legge elettorale, i conti pubblici non sono a posto per cui occorrerà una nuova pesante finanziaria (15-20 miliardi), ma soprattutto alcune banche necessitano di un piano di interventi finanziari consistenti (15-20 miliardi). Probabile che una parte dei soldi necessari vengano presi da una nuova tassa sugli immobili, ma il rimanente forse da un prestito europeo che ci porterà i pesanti condizionamenti della troika europea Nel 2017 gli italiani pagheranno assai caro la “Hybris” (la tracotanza) di chi ci ha portato in questa situazione.
Euro Mazzi

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