“Hybris” è un termine
greco traducibile come “tracotanza” (“eccesso, superbia, orgoglio”); è la presunzione
della propria potenza e fortuna, una ostinata sopravvalutazione delle proprie
forze; è un accecamento mentale che impedisce all'uomo di riconoscere i propri
limiti e di commisurare le proprie forze e che conduce ad uno strappo nel
tessuto armonico della realtà; in contrapposizione vi è “Dike” (la Dea della Giustizia) che “castiga la tracotanza umana” (“nemesis” cioè la punizione giustamente
inflitta, come avviene per esempio nel mito di Icaro).
Credo
che questo termine greco ben rappresenti il fenomeno del renzismo (e non solo …)
punito dall’esito del referendum costituzionale del 4/12/16 che ne attesta la
sua crisi attuale, ma non la sua fine. Vediamone alcune aspetti.
L’esito
del referendum è stato assai chiaro in almeno tre aspetti:
a)
la forte affluenza (abitanti 65,1
milioni; elettori: 50,7 milioni;
affluenza: 65,5 %) ha evidenziato una evidente voglia di partecipazione (in controtendenza al rilevante astensionismo
manifestatosi nelle precedenti elezioni) sulla riforma o difesa della
Costituzione, questione assai difficile e complicata da comprendere (una modifica
di ben 47 articoli della Costituzione), che comunque ha lacerato per mesi il
dibattito e il confronto politico nazionale.
b)
la netta affermazione del NO (con 19.419.507
voti 59,1%), rispetto al SI (con 13.432.208 voti 40,9%), ha assunto il
significato di una riappropriazione di uno strumento di democrazia diretta,
bocciando un pessimo disegno di riforma.
c)
la differenza percentuale tra il NO e il
SI e l’omogenea diffusione del NO su quasi tutto il territorio nazionale hanno
reso palese un dissenso verso le politiche
governative, giudicate come inadeguate
a dare risposte agli effetti più duri della crisi. Il No si è connotato anche
come protesta sociale dei ceti più
esposti alla crisi (Sud, giovani, disoccupati, ceto medio, partite Iva,
precari e piccoli imprenditori). Il NO ha suscitato delle risposte che non
erano presenti nel quesito, ma che il malessere
sociale, il dramma crescente della povertà e della precarietà, la mancata
crescita e l’emergenza immigrazione hanno fatto esplodere ed entrare
indirettamente nella consultazione referendaria. Insomma, la vittoria del NO ha
evidenziato quanto il renzismo non abbia
compreso la realtà sociale di diffuso disagio e di malcontento, in quanto
era assorbito da una “narrazione” astratta del Paese, nonché da una retorica
all’insegna della «modernizzazione», della «rottamazione», della «ripresa e dei
gufi», ecc.
La forte
personalizzazione del referendum attuata da Renzi, mediante:
a)
la “furbata” del quesito. Quando nell’aprile 2014 il
Governo ha presentato (a firma Renzi/Boschi) il disegno di legge costituzionale
n. 1.429 l’intestazione era esattamente quella che è poi finita nel quesito, con
quella formulazione “a spot” accattivante e non neutrale, ammiccante alla
protesta diffusa contro le lentezze parlamentari e i costi della politica, fornendo
agli elettori una certa indicazione, non interamente scevra da considerazioni
di tipo “populistico”.

c) una propaganda improntata su messaggi
facili e populisti (contro i politici, la casta, le poltrone, ecc.) fatta
dal partito che più di tutti rappresenta “la casta” … singolare!!!
d)
la ricerca di legittimazione popolare,
poiché dietro l’enorme importanza che è stata attribuita alla riforma
costituzionale c’era il bisogno di “lavare
il peccato originale del renzismo, ovvero di aver conquistato il potere con una
manovra di palazzo anziché con il voto popolare” (il famoso “stai sereno”).
e)
la spinta plebiscitaria è nata dopo
il successo alle elezioni europee (25/5/2014) in cui il PD aveva ottenuto il
40,81% dei voti (il miglior risultato in percentuale mai ottenuto dal PD, con
un’affluenza del 57,2%). Questo successo elettorale ha spinto a non ricercare
in Parlamento un’ampia condivisione sulla riforma per giocarsi la
legittimazione direttamente con il referendum popolare, sottovalutando sia “l’affetto”
che lega molti italiani alla Costituzione che la loro “rabbia” verso il
Governo.
f)
la strategia delle “mance” e della paura.
Il renzismo, con la complicità della maggior parte dei media, per cercare di convincere gli elettori sulla
bontà della riforma ha impostato una forte propaganda sulla convinzione che i
guai dell’Italia dipendessero dalla Costituzione del 1948, dalla cui revisione
si sarebbero liberate le energie migliori del Paese. Inoltre sono stati
utilizzati numerosi espedienti (posporre il voto a dicembre, varare una
finanziaria elettorale, ecc.) per far votare il SI, preconizzando l’apocalisse
in caso di vittoria del NO … quando si gioca così, a vincere o a perdere tutto,
prima o poi si perde tutto!!!
Le dimissioni
e la crisi.
A scrutinio ancora aperto, subito dopo le prime tendenze consolidate di voto in
favore del NO, Renzi ha rotto gli indugi e si è presentato alla Nazione
rassegnando le dimissioni.
Molti hanno apprezzato il gesto, alcuni però hanno
fatto osservare il carattere di “pagliacciata”, poiché il giorno dopo il
Presidente della Repubblica ha congelato queste “dimissioni televisive”, ricordando non solo le norme
costituzionali in merito, ma soprattutto l’obbligo “morale” di portare a
compimento la legge di stabilità. Infatti, due giorni dopo il Governo benché
dimissionario ha chiesto e ottenuto la fiducia sulla legge di bilancio, dimostrando
che nell’attuale Parlamento il Governo Renzi ha ancora una sua maggioranza; le
dimissioni effettive sono avvenute dopo aver ottenuto una fiducia …
singolare!!!
Renzi,
dunque, è ancora “il direttore dell'orchestra”; la momentanea
uscita di scena la sta governando alla sua maniera, facendo sembrare di
allontanarsi volontariamente dall’incarico, ma “condizionando” l’esito della crisi.
Un Renzi
ferito ma pronto per la riscossa. Nel suo
discorso alla direzione del PD, Renzi ha sfidato “il fronte del NO” proprio perché sa che questo è variegato e non
rappresenta una proposta politica omogenea, provando a sostenere la tesi: ora
sono “affari vostri”. Renzi è “ferito” dall’esito referendario, ma è già a
caccia di una riscossa nella prossima
campagna elettorale, di cui non sappiamo né quando ci sarà, né con quale
legge elettorale verrà celebrata.

La
sorpresa democristiana. Chi attribuisce all’ex democristiano Renzi tutti i
voti conseguiti dal SI riconosce che il Referendum è stato effettivamente
condotto con intenti plebiscitari a sostegno della sua leadership, delle sue riforme, della sua politica, conseguentemente non sarà
il PD a ripartire da quei voti, ma il partito di Renzi. Ad altri ex
democristiani (Mattarella, Francescini, Gentiloni, ecc.) spetterà forse il compito di sfilare il
PD a Renzi attraverso una opportuna soluzione della crisi di governo e la scelta di un successore. Vedremo.
In
conclusione,
i primi 1.000 giorni di governo Renzi si chiudono con una crisi politica assai incerta e confusa; mentre il dibattito attuale
si concentra sulla natura del prossimo governo e sulla legge elettorale, i conti pubblici
non sono a posto per cui occorrerà una nuova pesante finanziaria
(15-20 miliardi), ma soprattutto alcune banche necessitano di un piano di interventi
finanziari consistenti (15-20 miliardi). Probabile che una parte dei soldi
necessari vengano presi da una nuova tassa sugli immobili, ma il rimanente forse da un prestito europeo
che ci porterà i pesanti condizionamenti della troika europea … Nel 2017 gli italiani pagheranno assai caro la “Hybris” (la tracotanza) di chi ci ha
portato in questa situazione.
Euro
Mazzi
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