sabato 22 agosto 2020

REFERENDUM: UN “TAGLIO” ALLA RAPPRESENTANZA (seconda parte)

Il Referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari, che doveva inizialmente svolgersi in data 29/3/2020 e poi rinviato per l’emergenza Covid-19, si svolgerà il 20 e 21 settembre 2020.
La legge costituzionale è denominata “taglio dei parlamentari” perché determina una riduzione pari al 36,5% degli attuali componenti elettivi; è stata adottata principalmente con lo scopo di ottenere un “risparmio di costi” ed è stata votata da quasi tutti i gruppi parlamentari.
È un provvedimento di stampo “populista”, in quanto ritenuto penalizzante per la “casta politica”, ma se si sviluppasse una riflessione più approfondita se ne comprenderebbero i limiti e i pericoli.
Per esempio, una riduzione del numero dei parlamentari non potrebbe scalfire né i “privilegi” e né i “comportamenti da casta” dei parlamentari, anzi semmai una così accentuata riduzione numerica alimenterebbe una mentalità elitaristica di una ancor più ristretta cerchia di 400+200 componenti.
Inoltre, aver posto come principio ispiratore del provvedimento un “risparmio di costi” comporta un pericoloso precedente, poiché considerare la democrazia rappresentativa come un “costo” potrebbe portare nel tempo ad aggiuntive riduzioni numeriche con la scusa di ottenere ulteriori possibili risparmi, ponendo il problema di quale sarebbe un “limite” accettabile.
Del resto, il numero dei parlamentari è determinato dalla Costituzione e non deve essere modificato a caso; nell’Assemblea Costituente si svolse un approfondito dibattito e alla fine nel testo originario il numero dei parlamentari fu determinato in rapporto alla popolazione: un deputato ogni 80.000 abitanti (o frazioni superiori a 40.000) e un senatore ogni 200.000 abitanti (o frazioni superiori a 100.000); solo dopo la revisione costituzionale del 1963 venne stabilita una misura fissa di 630 deputati e 315 senatori; conseguentemente “oggi vi è un deputato ogni 96.006 abitanti circa; un senatore elettivo (senza considerare i senatori a vita e i senatori di diritto a vita) ogni 192.013 abitanti circa. A seguito delle modificazioni così proposte, il numero degli abitanti per deputato aumenterebbe così (…) a 151.210. Il numero di abitanti per ciascun senatore aumenterebbe (…) a 302.420” (Dossier Senato).
In proposito, Luciano Violante (ex presidente della Camera) ha criticamente osservato come il “taglio dei parlamentari” abbia riflessi negativi sulla composizione delle Commissioni parlamentari, sull’aumento delle dimensioni dei Collegi elettorali e sull’aumento dei costi delle campagne elettorali: “Limitandoci a ridurre i parlamentari, rischiamo che nel cuore del procedimento legislativo 5-6 persone decidano per 60 milioni di italiani(… con riferimento alla possibilità di deliberare solo in Commissione senza passare dall’Aula, con commissioni composte non più di 20-25 parlamentari, ma solo da 5-12 membri …) “Per effetto della riduzione dei seggi, ogni senatore rappresenterà 300mila elettori. Tolte le grandi città, avremo collegi enormi, col risultato che gli eletti diventeranno irraggiungibili. E quanto potrà costare una campagna elettorale di queste dimensioni? Vogliamo lasciare campo libero alle lobby?” (La Stampa, 8/10/2019).
Sabino Cassese (costituzionalista) ha evidenziato sia il problema dell’aumentata dimensione dei collegi elettorali che il rischio di una “verticalizzazione” del sistema: “Noi avremo meno parlamentari con collegi più ampi. Inoltre, questo minor contatto con l’elettorato, darà maggiore forza a quel che resta dei partiti, cioè sostanzialmente ai relativileader”, rafforzando la verticalizzazione del nostro sistema politico. Domande: il danno arrecato alla rappresentanza politica è compensato dal modesto risparmio finanziario che si ottiene con la riduzione? Chi propone la riduzione si rende conto della contraddizione tra questo risultato e l’invocazione continua della sovranità popolare?” (Il Foglio 23/7/2017).
Con l’eventuale conferma referendaria, il “taglio dei parlamentari” renderà il rapporto italiano tra eletti/elettori il più elevato a livello europeo, come viene confermato dalle tabelle allegate al disegno di legge (vedere tabelle a lato).
Allegate alla proposta di modifica costituzionale ci sono anche due tabelle riguardanti la ripartizione territoriale dei seggi, le quali rendono immediatamente percepibili le conseguenze riguardanti l’aumentata dimensione dei singoli collegi elettorali (vedere tabelle a lato).
Va infine ricordato come siano stati ridotti anche gli eletti nella circoscrizione Estero (istituita con la legge costituzionale n. 1 del 2000) che passano da 12 deputati e 6 senatori rispettivamente a 8 e 4 (con una riduzione del 33,3%); le proporzioni iscritti AIRE/eletto all’estero passano da 414.495 a 621.746 per un deputato e da 828.495 a 1.243.486 per un senatore (Dossier Senato), ponendo oggettivamente grandi difficoltà sia in termini di rappresentanza che di disuguaglianza nel rapporto numerico elettori/eletti tra cittadini residenti in Italia e quelli fuori dai confini nazionali.
Il “taglio dei parlamentari” pone per tutti gli eletti maggiori difficoltà di rappresentanza in termini di capacità effettiva di presenza sul territorio, a partire dalle campagne elettorali (costi, accesso ai mezzi di informazione, voto di scambio o di opinione o di appartenenza, rapporto con il partito, ecc.) per finire al collegamento con gli elettori e alle loro problematiche (raccogliere le istanze, tenere in conto le proposte ricevute, rendere conto del proprio operato agli elettori).
Va considerato anche come il “taglio dei parlamentari” non solo comporti un aumento della dimensione dei collegi elettorali, ma implichi anche un innalzamento delle soglie effettive di sbarramento oltre le quali i partiti politici possono essere rappresentati nei due rami del Parlamento.
Viene, così, accentuato lo stretto e delicatissimo legame con il tipo di legge elettorale eventualmente adottato che potrebbe limitare o amplificare l’effetto di innalzamento delle soglie effettive di sbarramento e conseguentemente determinare un minore accesso nel Parlamento di forze politiche (a scapito naturalmente delle formazioni più piccole), accentuando così il sacrificio in termini di rappresentanza di ampie porzioni del corpo elettorale.
Per esempio, è opinione diffusa che lasciando invariato l’attuale sistema elettorale misto proporzionale/maggioritario si genererebbe probabilmente una grande distorsione nel rapporto elettori/eletti: “La semplice o mera riduzione della grandezza delle assemblee elettive, mantenendo invariate le regole elettorali, agirebbe come fattore distorsivo sulla dimensione “elettorale” delle circoscrizioni (abitanti ed elettori), nonché sull’estensione geografica, e dunque nel rapporto rappresentati/eletti e nella“legittimità”di questi ultimi (audizione al Senato del prof. G. Passarelli).
In proposito, anche l’avv. Besostri ha evidenziato come il “taglio dei parlamentari” riduca le possibilità di scelta e aumenti la dispersione del voto: “La riduzione del numero dei parlamentari riduce la possibilità di scelta personale tra i candidati, con le soglie implicite che riducono la libera scelta tra liste per chi si preoccupa di dare un voto utile; inoltre, aumenta la dispersione del voto per liste sotto soglia. Questi effetti sarebbero amplificati da premi di maggioranza che sovra rappresentano la lista più votata, dalle candidature plurime che riducono le scelte degli elettori e, infine, dalle liste bloccate che escludono del tutto scelte personali”(Audizione al Senato dell’avv. F. Besostri, pag. 5).
A sua volta il prof. P. Carrozza ha sottolineato l’effetto di rafforzamento delle segreterie centrali di ciascun partito a scapito delle istanze territoriali, in quanto: “aumentare il rapporto numerico tra numero di eletti ed elettori significa, infatti, anche aumentare la loro reciproca “distanza”, allontanare sempre di più dal territorio, dalla “base”, gli eletti, dal momento della loro scelta quali candidati sino al condizionamento e all’indirizzo del loro operare in sede assembleare”, comportando un ulteriore rafforzamento delle tendenze “neo-centraliste” a scapito della “periferia” (audizione al Senato del prof. P. Carrozza al Senato, pag. 13).
La riduzione del numero dei parlamentari non è una ipotesi sbagliata in sé e non è la prima volta che viene proposta (dalla Commissione Bozzi nel 1983-1985; dalla Commissione D'Alema nel 1997; dalla Bozza Violante nel 2007; dal Gruppo di lavoro sui temi istituzionali nel 2013) ed è la terza volta che viene prevista da leggi di riforma Costituzionale: nel 2006 e nel 2016 anche se in entrambi i casi il conseguente referendum popolare aveva bocciato comunque le proposte.
Questa volta, però, la riduzione del numero dei parlamentari è stata proposta da sé sola, cioè senza toccare altre norme riguardanti il sistema legislativo o la forma di Stato e di Governo, come era già avvenuto in precedenza.Insomma, a fronte delle tante perplessità per le rilevanti problematiche (rapporto eletti/elettori, dimensione del collegio, ecc.) che emergono da questo provvedimento di modifica costituzionale è sconcertante la “semplicistica soluzione trovata:
- a partire dalla demagogica definizione come “taglio dei parlamentari”;
- passando per le scarne relazioni allegate ai disegni di legge (poi riunificati nella proposta in seguito votata a larga maggioranza) su un testo assai sobrio formato da soli 4 articoli di complessive 289 parole.
Questa “semplificazione” serve appunto per soddisfare la vasta e prevalente opinione pubblica che, da anni ha subito una articolata campagna da parte del sistema mediatico sui “privilegi”, sui  costi”, sulle “degenerazioni” della “casta dei politici”, ma nei fatti mira a svuotare il mandato parlamentare rappresentativo da un più stretto legame con gli elettori e con il territorio (de-territorializzazione).
Infine, la scelta esplicita di non affrontare contestualmente nessuno degli effetti conseguenti al “taglio dei parlamentari” (votata quasi all’unanimità dagli stessi protagonisti/parlamentari) mette in crisi la rappresentanza, lasciando ai cittadini l’onere della ratifica o della bocciatura, soluzione quest’ultima che obbligherebbe il Parlamento a cercare ulteriori e nuove soluzioni per rivitalizzare la democrazia rappresentativa, rendendola più efficace ed efficiente.
Anche per tutte queste motivazioni … votare NO è meglio!


Euro Mazzi
(aggiornamento del post pubblicato in data 15/2/2020)
  
Questo post fa parte di una articolata analisi sulle proposte di riforma della Costituzione e sulle problematiche del sistema democratico e politico italiano.
 
I post relativi al “taglio dei parlamentari” sono i seguenti:
1) REFERENDUM: LA BOIATA DEL “TAGLIO DEI PARLAMENTARI”: QUI
2) REFERENDUM: UN “TAGLIO” ALLA RAPPRESENTANZA: QUI
3) REFERENDUM: UN ABBINAMENTO CHE NON STA IN PIEDI: QUI
4) REFERENDUM: “taglio dei parlamentari” e legge elettorale: QUI 

I post sulla precedente proposta di riforma Renzi-Boschi sono i seguenti:
VERSO IL REFERENDUM: LIBERTÀ E GIUSTIZIA SOCIALE (una premessa …): QUI

1)   IL NUOVO SENATO: UNA (CONTRO)RIFORMA CONFUSA E POCO INCISIVA: QUI
2)  CONTRO-RIFORMA COSTITUZIONALE: UN SENATO DI “DESIGNATI” … UN GOVERNO “PIGLIATTUTTO”: QUI
3)  (CONTRO)RIFORMA COSTITUZIONALE: IL RIDIMENSIONAMENTO DELLE AUTONOMIE LOCALI E UNA DERIVA NEOCENTRALISTA: QUI
4)  (CONTRO)RIFORMA COSTITUZIONALE: RAFFORZAMENTO DELL’ESECUTIVO E PREMIERATO FORTE: QUI
5)  (CONTRO)RIFORMA COSTITUZIONALE: UN PRESIDENTE ARBITRO O UNO DEI GIOCATORI?: QUI
6)  (CONTRO)RIFORMA COSTITUZIONALE: UNA CORTE SOPRA LE PARTI O DI PARTE?: QUI
7)  (CONTRO)RIFORMA COSTITUZIONALE: LA FAVOLA DELLE PROVINCE, ELIMINATE COME NOME e RINATE COME ENTI DI AREA VASTA …: QUI
8)  (CONTRO)RIFORMA COSTITUZIONALE: SUI RISPARMI I CONTI NON TORNANO … TRA APPROSSIMAZIONI E DEMAGOGIA: QUI
9)  (CONTRO)RIFORMA COSTITUZIONALE: DECISIONISMO SUPERFICIALE E CONFUSO: QUI
10) (CONTRO)RIFORMA COSTITUZIONALE: IL PREMIERATO STRISCIANTE: QUI
11) NO … è meglio!: QUI

Altri post sull’argomento:
IL POPULISMO DEL PDRenziano: QUI
NEMESI RENZIANA …: QUI
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