L’accordo
notturno del 14-15/7/2020 tra il Governo e i Benetton (che controllano la
società Autostrade per l’Italia Spa - Aspi)
è stato descritto con toni ed espressioni opposte da sostenitori e da oppositori
all’attuale maggioranza “giallo-rossa”;
il prevalere dei toni propagandistici
di “vittoria” o di “sconfitta” ha fatto passare in secondo
piano l’essenza dell’accordo stesso, basata su una serie di transazioni di borsa che prevedono: -
la quotazione in Borsa di Aspi e la sua scissione da Atlantia
Spa (holding della famiglia
Benetton); - un aumento di capitale riservato a CDP (Cassa Depositi e
Prestiti Spa) pari al 33% del
capitale sociale; - la cessione di altre quote da parte della società Atlantia Spa pari al 22% a investitori graditi a CDP.
In sostanza, non c’è stato né “l’estromissione dei Benetton” e né una “nazionalizzazione” della società Autostrade per l’Italia Spa, poiché:
a) vi è un cambiamento nell’assetto societario con l’ingresso di CDP e con un ridimensionamento della quota controllata dai Benetton (che rimarranno al 10-12%);
b) CDP (seppur controllata dal ministero delle Finanze con una quota dell’82,77% e per il 15,93% da diverse fondazioni bancarie) è una società “pubblica”, ma collocata fuori dal perimetro del bilancio statale e, comunque, deterrà solo una quota del 33% del capitale sociale, diventandone soltanto l’azionista di riferimento, ma ben al di sotto della quota di maggioranza del 51%;
c) soprattutto, Atlantia evita i rischi di un fallimento derivante dall’eventuale revoca della concessione, anzi dalla cessione delle quote del 22% incasserebbe denaro liquido (per circa 2,7 €/miliardi), mentre sarebbe rivalutata la propria quota residua del 10-12%;
d) Atlantia, inoltre, evita di sopportare le future restrizioni finanziarie (derivanti dalla prevista riduzione dei pedaggi, dagli ingenti investimenti nella manutenzione, dall’erogazione dei risarcimenti, dalle cause, ecc.).
Una conferma (che l’accordo 14/15/7/2020 sia fondamentalmente un’operazione di mercato/Borsa) giunge dalle contrastate notizie sull’ipotesi di accordo tra Atlantia e CDP; pare che:
In sostanza, non c’è stato né “l’estromissione dei Benetton” e né una “nazionalizzazione” della società Autostrade per l’Italia Spa, poiché:
a) vi è un cambiamento nell’assetto societario con l’ingresso di CDP e con un ridimensionamento della quota controllata dai Benetton (che rimarranno al 10-12%);
b) CDP (seppur controllata dal ministero delle Finanze con una quota dell’82,77% e per il 15,93% da diverse fondazioni bancarie) è una società “pubblica”, ma collocata fuori dal perimetro del bilancio statale e, comunque, deterrà solo una quota del 33% del capitale sociale, diventandone soltanto l’azionista di riferimento, ma ben al di sotto della quota di maggioranza del 51%;
c) soprattutto, Atlantia evita i rischi di un fallimento derivante dall’eventuale revoca della concessione, anzi dalla cessione delle quote del 22% incasserebbe denaro liquido (per circa 2,7 €/miliardi), mentre sarebbe rivalutata la propria quota residua del 10-12%;
d) Atlantia, inoltre, evita di sopportare le future restrizioni finanziarie (derivanti dalla prevista riduzione dei pedaggi, dagli ingenti investimenti nella manutenzione, dall’erogazione dei risarcimenti, dalle cause, ecc.).
Una conferma (che l’accordo 14/15/7/2020 sia fondamentalmente un’operazione di mercato/Borsa) giunge dalle contrastate notizie sull’ipotesi di accordo tra Atlantia e CDP; pare che:
- CDP
spinga ad un’unica e contestuale operazione di mercato: “si prevede che tutta l’operazione avverrà in un unico momento: scissione di Aspi da Atlantia con
contestuale quotazione in Borsa e aumento di capitale a prezzo dell’Ipo
per l’ingresso di Cdp, che garantirà così risorse fresche per la nuova società.
Sempre in sede di Ipo, avverrà l’ingresso
di tutti gli altri soci. Tra le manifestazioni di interesse che sarebbero già
arrivate, ci sono Macquarie, Blackstone, Qatar, Poste Vita e Casse
previdenziali. La valutazione e il
prezzo di Aspi saranno stabiliti dal mercato” (ANSA
del 26/7/2020);
- mentre Atlantia pare spingere in altro senso: “prima l’aumento di capitale
di Cassa depositi e Prestiti da 3-4
miliardi e poi l’acquisto di quote
partecipative di Aspi da parte di investitori istituzionali” (Il Fatto Quotidiano, del 31/7/2020).
Tutto
ruota attorno al valore da
attribuire ad Aspi (come viene
determinato e chi lo stabilisce); soprattutto, è necessario prima approvare il piano economico finanziario di Aspi (piano di investimenti, determinazione
delle tariffe, redditività, indebitamento, ecc.) necessario per comprendere l’immediato
futuro economico e finanziario della concessionaria.
Sul
valore effettivo di Aspi incideranno anche altre componenti:
a) come verrà regolato l’impegno degli attuali soci di Aspi a coprire i previsti 3,4 €/miliardi di risarcimenti?;
b) come verranno sistemate sia l’attuale indebitamento di Aspi che le garanzie rilasciate da Atlantia?;
c) quali saranno le condizioni (investimenti da effettuare, manutenzioni, determinazione dei pedaggi) della nuova concessione che CDP e gli altri nuovi azionisti di Aspi dovranno rispettare?;
d) come verranno corrette/inasprite nella nuova concessione le problematiche legate ai sotto-investimenti e alle sovra-remunerazioni che hanno caratterizzato la vecchia gestione?;
e) come verranno regolamentate le problematiche connesse con le responsabilità pregresse (manleva e/o scudo penale) a carico dei vecchi soci e amministratori rispetto alla nuova gestione?
a) come verrà regolato l’impegno degli attuali soci di Aspi a coprire i previsti 3,4 €/miliardi di risarcimenti?;
b) come verranno sistemate sia l’attuale indebitamento di Aspi che le garanzie rilasciate da Atlantia?;
c) quali saranno le condizioni (investimenti da effettuare, manutenzioni, determinazione dei pedaggi) della nuova concessione che CDP e gli altri nuovi azionisti di Aspi dovranno rispettare?;
d) come verranno corrette/inasprite nella nuova concessione le problematiche legate ai sotto-investimenti e alle sovra-remunerazioni che hanno caratterizzato la vecchia gestione?;
e) come verranno regolamentate le problematiche connesse con le responsabilità pregresse (manleva e/o scudo penale) a carico dei vecchi soci e amministratori rispetto alla nuova gestione?
Del resto, basta analizzare velocemente
i bilanci di Aspi per rendersi conto
della fine di un ciclo: - il
bilancio di esercizio 2019 della società: “presenta
una perdita di esercizio pari a 291 milioni di euro, rispetto all’utile 2018 di 618 milioni di euro, che ha deliberato di coprirla mediante
utilizzo della riserva utili portati a nuovo che si riduce di conseguenza a 567 milioni di euro” (Teleborsa del 29/5/2020); - il bilancio
consolidato del Gruppo Autostrade presenta: “La perdita dell’esercizio è pari a 268
milioni di euro e si confronta con un utile dell’esercizio di 622 milioni di euro del 2018” (Comunicato del
28/4/2020).
I
ricavi operativi si attestano nel 2019 a 4.083
€/milioni in costante aumento rispetto agli anni precedenti (+22,65% sui ricavi del 2011), di cui
derivanti dai pedaggi sono 3.690
€/milioni con un incremento di +32
€/milioni sul 2018, ma +764 €/milioni sul 2011 (+26,13% sui ricavi del 2011).
A
fronte di questi costanti incrementi dei ricavi, i costi operativi nel 2019
sono pari a 3.373 €/milioni, il valore più alto rispetto
agli anni precedenti con un incremento di +2.046
€/milioni rispetto al 2011 (+154,24%); i costi operativi hanno
avuto un andamento ondulatorio: in calo nei primi anni (-26 €/milioni nel 2012; -43 €/milioni nel 2013; -267 €/milioni
nel 2016); poi in aumento (+347 €/milioni
nel 2014, +77 €/milioni nel
2015; +77 €/milioni nel 2017); una impennata nel 2018 +521 €/milioni e soprattutto nel 2019
con un ulteriore incremento di 1.360 €/milioni.
L’analisi della composizione dei costi operativi permette di evidenziare come a fronte di leggeri incrementi degli oneri concessori (passati da 435 €/milioni del 2011 a 473 €/milioni del 2019) e di un costo del lavoro sostanzialmente stabile negli ultimi anni (era 367 €/milioni del 2011, saliti a 539 €/milioni nel 2014, è di 500 €/milioni nel 2019), l’incremento maggiore si riscontra negli oneri gestionali passati da 525 €/milioni del 2011 a 897 €/milioni del 2019, influenzato essenzialmente “dai costi connessi agli interventi relativi alla ricostruzione del Viadotto Polcevera (226 milioni di euro nel 2019)” (Bilancio 2019, pag. 34); ma l’aumento più sostanzioso si registra alla voce “Variazione operativa dei fondi” per 1.503 €/milioni (495 €/milioni nel 2018) che include essenzialmente: a) l’accantonamento, pari a 1.500 €/milioni per oneri correlati alle negoziazioni in corso con il Governo; b) altri oneri correlati alla demolizione e ricostruzione del viadotto Polcevera (207 €/milioni); c) accantonamenti destinati sia ai risarcimenti agli eredi delle vittime e ai feriti dell’evento del 14 agosto 2018 che alle spese legali (12 €/milioni) correlati a contenziosi fiscali instaurati con enti locali (8 €/milioni).
L’analisi della composizione dei costi operativi permette di evidenziare come a fronte di leggeri incrementi degli oneri concessori (passati da 435 €/milioni del 2011 a 473 €/milioni del 2019) e di un costo del lavoro sostanzialmente stabile negli ultimi anni (era 367 €/milioni del 2011, saliti a 539 €/milioni nel 2014, è di 500 €/milioni nel 2019), l’incremento maggiore si riscontra negli oneri gestionali passati da 525 €/milioni del 2011 a 897 €/milioni del 2019, influenzato essenzialmente “dai costi connessi agli interventi relativi alla ricostruzione del Viadotto Polcevera (226 milioni di euro nel 2019)” (Bilancio 2019, pag. 34); ma l’aumento più sostanzioso si registra alla voce “Variazione operativa dei fondi” per 1.503 €/milioni (495 €/milioni nel 2018) che include essenzialmente: a) l’accantonamento, pari a 1.500 €/milioni per oneri correlati alle negoziazioni in corso con il Governo; b) altri oneri correlati alla demolizione e ricostruzione del viadotto Polcevera (207 €/milioni); c) accantonamenti destinati sia ai risarcimenti agli eredi delle vittime e ai feriti dell’evento del 14 agosto 2018 che alle spese legali (12 €/milioni) correlati a contenziosi fiscali instaurati con enti locali (8 €/milioni).
La
differenza tra ricavi e costi (Margine
operativo lordo/EBITDA) è pari a 710
€/milioni (-1.281 €/milioni rispetto al 2018), importo
più basso dal 2011, con una riduzione di ben 2.033 €/milioni rispetto all’importo più elevato (pari a 2.743 €/milioni) raggiunto nel 2015.
La
situazione finanziaria del Gruppo presenta al 31/12/2019: “un indebitamento finanziario netto pari a 8.392 milioni di euro e
registra un decremento pari 421 milioni di euro rispetto al 31 dicembre 2018
(8.813 milioni di euro)” (Comunicato del 28/4/2020).
Questi
pochi dati del bilancio fanno comprendere come con la caduta del viadotto
Morandi si sia chiuso un ciclo caratterizzato da notevoli utili: dal 2011 al 2017 l’incidenza degli utili sui ricavi
superava mediamente il 22% (con la
sola eccezione del 2014 con il 16,18%),
mentre nel 2018 tale incidenza cala al 15,53%
e nel 2019 è crollata a -6,56%,
registrandosi una perdita di -268
€/milioni.
Le
previsioni per il 2020 non appaiono buone, poiché le restrizioni agli
spostamenti derivanti dal virus Covid-19
hanno “determinato una forte riduzione dei volumi di traffico
e hanno inciso, e andranno a incidere, sui ricavi
attesi per l’esercizio 2020. Questo fenomeno ha generato evidenti
ripercussioni sulla temporanea capacità di Autostrade per l’Italia e delle
altre società concessionarie del Gruppo di generare adeguati flussi di cassa a sostegno del programma di investimenti e
per il servizio del debito, nonché, unitamente al mutamento del quadro
regolatorio, sulla più ampia capacità di Autostrade per l’Italia di fare ricorso al mercato del credito per
sostenere le sue necessità finanziarie” (Bilancio 2019, pag. 150).
La
semestrale 2020 conferma queste negative previsioni: “Traffico sulla rete del Gruppo in diminuzione del 37,7% • Ricavi operativi pari a 1.263 milioni di euro, con un decremento di 704 milioni di euro (-36%) • Margine
operativo lordo (EBITDA), negativo di 62
milioni di euro, in riduzione di 1.224
milioni di euro (…) • Perdita del
periodo di pertinenza del Gruppo pari a 476
milioni di euro, rispetto all’utile rilevato nel primo semestre del 2019
pari a 426 milioni di euro, con un
decremento di 902 milioni di euro” (Comunicato del 4/8/2020).
La
“pesantezza”
economica e finanziaria di Aspi è ben
testimoniata dalle preoccupazioni espresse dallo stesso CDA che ha approvato: “una serie di misure volte ad assicurare il
sostentamento del fabbisogno finanziario della Società, fra le quali: (i) il piano
di efficientamento dei costi, pur non a discapito della sicurezza; (ii) la
ricerca di soluzioni alternative per il finanziamento del circolante, ivi
inclusa la richiesta erogazione fondi a Cassa Depositi e Prestiti; (iii) la
richiesta di supporto finanziario [a breve e medio termine] alla Capogruppo
Atlantia; (iv) la attivazione delle misure di sostegno finanziario, anche
avvalendosi della normativa di urgenza recentemente emanata per il sostegno
alle imprese, con particolare riguardo alla garanzia SACE su nuovi
finanziamenti che dovessero essere erogati a favore della Società” (Bilancio 2019,
pag. 150).
In conclusione.
Il
punto nevralgico di tutta l’operazione borsistica derivata dall’accordo notturno
del 14-15/7/2020 tra il Governo e i Benetton si concentra nel valore da attribuire ad Aspi, che determinerà sia l’entità degli
esborsi di CDP e degli altri investitori interessati ad entrare, che i
conseguenti incassi conseguiti da Aspi e da Atlantia.
Mancano
ancora molti dettagli fondamentali per valutare compiutamente l’operazione, ma
di sicuro dietro la retorica sulla “punizione” inflitta ai Benetton c’è ben poca sostanza; anzi i Benetton
potrebbero addirittura realizzare una “plusvalenza” … e in tal caso si
tratterebbe di un vero e proprio regalo.
La
sintetica analisi del bilancio di Aspi
evidenzia una “pesantezza” economica e finanziaria che testimonia come con
questo accordo governativo i Benetton si siano “liberati” di Aspi divenuta oramai ingestibile (per le
conseguenze della caduta del viadotto Morandi) e non più redditizia come prima
(per la prevista riduzione dei pedaggi e per i necessari maggiori investimenti),
dopo averla “spremuta” per anni con lauti dividendi.
Insomma,
dietro l’accordo governativo c’è molto “fumo propagandistico”, ma c’è una
sicura liquidità in favore dei Benetton (derivante dagli incassi per la vendita
del 22% delle quote) e molta improvvisazione sull’intervento
di CDP che attualmente è priva sia di
un progetto industriale, che di una strategia di sviluppo futuro: CDP entra in Aspi ma per fare cosa?
Siamo solo all'inizio … la “partita” è ancora lunga e complicata … vedremo
come andrà a finire!
Euro
Mazzi
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