Il
Governo italiano, in data 31/1/2020, emanava il decreto dello “stato
di emergenza”, per la durata di sei mesi; nella conseguente conferenza
stampa, il Presidente Conte confermava i primi due casi di contagio riscontrati
in Italia (due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani) e rassicurava “sul fatto che la situazione è sotto controllo e che le misure assunte
sono di carattere precauzionale e collocano l’Italia al più alto livello di cautela sul piano internazionale” (Comunicato del
31/1/2020).
Il
primo caso italiano di Covid-19 veniva
segnalato in Lombardia il 20/2/2020; nei giorni successivi si erano già evidenziati
i primi focolai in Lombardia e Veneto; conseguentemente venivano approvati vari
provvedimenti di “distanziamento/isolamento sociale” e blocco delle attività
non necessarie estese progressivamente a tutta l’Italia (lockdown).
Fin
dall’inizio, l’epidemia è stata caratterizzata da una trasmissione prevalentemente locale, ma nonostante le varie misure
di contenimento assunte, il numero di casi Covid-19 è
aumentato molto rapidamente: alla data del 19/5/2020 in Italia ci sono
stati 226.699 contagiati dall’inizio
della pandemia, di cui: 65.129 persone
attualmente positive, 32.169
deceduti e 129.401 guariti.Del resto, nel mondo questa epidemia si è diffusa velocemente; in Europa alla data del 19/5/2020 si registravano 1.892.838 casi confermati e 167.222 morti; nel mondo l’OMS rilevava
4.696.849 casi confermati e 315.131 morti.
In
Italia la diffusione geografica dell’epidemia è stata alquanto eterogenea: contenuta al Sud e nelle
Isole, mediamente elevata in quelle del Centro e molto elevata nelle regioni
del Nord; all'interno delle singole Regioni e Province l’andamento dell’epidemia è stato
a sua volta assai articolato e diverso da zona a zona.
In
Italia (grazie o nonostante le misure di “distanziamento sociale” intraprese progressivamente
dai primi giorni di marzo) il picco
epidemico veniva registrato alla fine del mese di marzo 2020; conseguentemente
le curve nazionali dei casi diagnosticati, dei ricoveri in terapia intensiva e
dei decessi hanno iniziato molto lentamente a decrescere.
Relativamente al primo trimestre 2020 l’Istat
ha condotto un’indagine specifica sull’incremento complessivo dei decessi,
scoprendo che nel periodo 20/2-31/3/2020 vi è stata una crescita dei decessi per il complesso delle cause: da 65.592 decessi (della media del
quinquennio 2015-2019) a 90.946 di
fine marzo 2020, con un “eccesso dei decessi”
di +25.354 unità (+38,7%), di questi il 54% è costituito dai 13.710 morti diagnosticati Covid-19 e
da 11.644 decessi per cause non
chiarite (o una ulteriore mortalità non associata al Covid-19 solo per mancanza del tampone di conferma; o una mortalità
indiretta ma correlata a Covid-19; o
una mortalità non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema
ospedaliero nelle aree maggiormente affette).
Questo
“eccesso di mortalità” si concentra (per il 91%) nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia (37 province del Nord più Pesaro e
Urbino): nel periodo 20/2-31/3/2020 i decessi sono stati 49.351 (+ 23.133 rispetto
ai 26.218 della media del
quinquennio 2015-2019), di cui solo 12.156
(52%) sono i morti con positività al
Covid-19.
Nelle
aree a media diffusione
dell’epidemia (35 province del centro-nord) l’incremento dei decessi per il
complesso delle cause è molto più contenuto: da 17.317 a 19.743 (+2.426 in più rispetto alla media
2015-2019), di cui 1.151 (47%) sono i morti positivi al Covid-19.
Infine
nelle aree a bassa diffusione (34
province del Centro-Sud) i decessi del mese di marzo 2020 sono mediamente
inferiori (-1,8%) rispetto alla
media del quinquennio precedente (Istat, Impatto dell’epidemia covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente primo trimestre 2020).
Questa
indagine sui decessi conferma l’esistenza di una accentuata articolazione territoriale con una corrispondente
diversa intensità (alta-media-bassa) nella diffusione dell’epidemia (vedere grafico).
A
livello regionale si riscontra nel mese di marzo 2020 (rispetto alla media
nello stesso periodo 2015-2019) un aumento: in Lombardia del 185%; nell’Emilia-Romagna del 70%; nel Trentino Alto-Adige del 65%; le Marche, la Liguria e il
Piemonte hanno incrementi del 50%.
All’interno
di queste regioni ci sono Province che presentano una forte concentrazione di
questo fenomeno; gli incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020
(rispetto al 2015-2019) sono a: Bergamo del 568%, Cremona del 391%,
Lodi del 370%, Brescia del 290%, Piacenza del 264%, Parma del 208%,
Lecco del 174%, Pavia del 133%, Mantova del 122%, Pesaro e Urbino del 120%.
In queste zone, relativamente all’eccesso di decessi quelli attribuibili a Covid-19 sono una quota variabile: a Bergamo, Cremona, Lecco è circa del 46%; a Lodi, Mantova e Pavia è superiore al 60%; a Piacenza la quota è tra le più alte al 68,6%.
In queste zone, relativamente all’eccesso di decessi quelli attribuibili a Covid-19 sono una quota variabile: a Bergamo, Cremona, Lecco è circa del 46%; a Lodi, Mantova e Pavia è superiore al 60%; a Piacenza la quota è tra le più alte al 68,6%.
Per
quanto riguarda le differenze di età e genere, l’Istat rileva come l’eccesso di
mortalità più consistente si riscontri per gli uomini di 70-79 anni
(+50% rispetto allo stesso periodo
della media 2015-2019) e per quelli di età 80-89 anni (+ 44%); la mortalità nelle donne registra un incremento più
contenuto (+20% tanto per la classe
di età 70-79 che per quella 90 e più); in sintesi, l’età è un fattore
determinante per spiegare questo “eccesso di mortalità”:
per il 61,5 % negli uomini e per il 42% per le donne sopra i 50 anni (vedere grafici).
Per
quanto riguarda le cause principali di morte, l’Istat nota come la frequenza
dei decessi totali dei primi due mesi del 2020 sia simile a quella dei decessi
del 2017 (malattie del sistema circolatorio con il 36% dei decessi totali; i
tumori con il 27%; le malattie del sistema respiratorio con il 9%; le demenze e
l’Alzheimer con il 5%; le malattie dell’apparato digerente con il 4% e il
diabete con il 3%), ma con il diffondersi
dell’epidemia aumentano i decessi di Covid-19
e si incrementa la mortalità totale specie nelle aree a più alta diffusione,
mentre questa tendenza è molto più attenuata nelle aree a media diffusione: “Verosimilmente il Covid-19 ha agito sia anticipando
il decesso in individui affetti da gravi patologie, sia incrementando la mortalità con i suoi effetti diretti e indiretti,
particolarmente evidenti nelle aree a media e alta diffusione” (Istat, p. 22).
Nel
34,7% dei casi segnalati viene
riportata almeno una co-morbilità (una tra: patologie cardiovascolari,
patologie respiratorie, diabete, deficit immunitari, patologie metaboliche,
patologie oncologiche, obesità, patologie renali o altre patologie croniche).
Insomma,
l’epidemia ha investito l’Italia in modi molto diversi
da zona a zona: nei territori ad elevata diffusione
la letalità è stata pesantissima, colpendo prevalentemente
anziani e persone “fragili” (in quanto già colpite da precedenti malattie); è
stata pesante nelle aree a media diffusione (Centro-Nord) e sicuramente
più morbida al Sud.
Una
recente indagine a cura dell’Inps, nel confermare le conclusioni dell’indagine
Istat, evidenzia come la quantificazione dei decessi per Covid-19, condotta utilizzando il numero di pazienti deceduti
positivi fornito su base giornaliera dal Dipartimento della Protezione Civile, sia
oramai poco attendibile per
comprendere la reale diffusione dell’epidemia, in quanto ha sottostimato la reale incidenza del virus
sulla mortalità complessiva della popolazione, dimostrando come nel periodo
1/3-30/4/2020 il fenomeno “eccesso di mortalità” sia in Italia pari a 46.909 deceduti, di cui 27.938 ufficialmente attribuiti al Covid-19 e 18.971 siano dovuti a cause non ufficialmente attribuite, ma di
fatto collegabili al virus; da un punto di vista territoriale questo fenomeno è
concentrato al Nord (18.412 decessi)
rispetto al Centro (169 decessi) e
al Sud (390 decessi) e si concentra
negli uomini di età superiore ai 70 anni residenti nel Nord (Inps, Analisi della mortalità nel periodo di epidemia da
Covid-19).
La
mancanza di dati, specie a livello comunale, impedisce maggiori approfondimenti
che sarebbero invece assai necessari per comprendere le dinamiche e i
meccanismi di trasmissione del virus, nonché la sua effettiva incidenza.
In
proposito, si possono azzardare solo alcune ipotesi di analisi; per esempio per
la Provincia spezzina, in cui alla data del 19/5/2020 ci sono stati 899 contagiati dall’inizio della
pandemia, di cui: 176 attualmente
positive, con 35 ospedalizzati (di
cui 3 in terapia intensiva), 211 le sorveglianze attive e 136 i deceduti.
I
dati spezzini sono i più bassi della Liguria (vedere grafico); quest’ultima alla data del
19/5/2020 presentava i seguenti dati: 4.231
positivi, 360 ospedalizzati (di
cui 22 in terapia intensiva), 1.904 in isolamento domiciliare, 2.057 asintomatici clinicamente guariti
e 3.560 guariti con 2 test
consecutivi negativi,1.368 in sorveglianze
attive, 1.374 decessi; con 83.593 test di controllo effettuati.
I dati Liguri evidenziano due aspetti peculiari: il 75% dei contagiati ha un’età superiore ai 50 anni e quelli con più di 70 anni sono quasi il 45%; l’incidenza dei decessi sui contagiati è molto alta (14,67%); questi dati confermano le interpretazioni dell’Istat sull’incidenza dell’anzianità sia nei contagiati che nei decessi.
I dati Liguri evidenziano due aspetti peculiari: il 75% dei contagiati ha un’età superiore ai 50 anni e quelli con più di 70 anni sono quasi il 45%; l’incidenza dei decessi sui contagiati è molto alta (14,67%); questi dati confermano le interpretazioni dell’Istat sull’incidenza dell’anzianità sia nei contagiati che nei decessi.
Nella
Provincia Spezzina i morti del 1° trimestre 2020 sono stati 906 (+9,74% rispetto a 825 dello
stesso periodo della media 2015/19); i morti del mese di marzo 2020 sono stati 400 (+51,75% rispetto ai 263 dello
stesso periodo della media 2015/19); mentre il mese di gennaio e di febbraio 2020
presentavano un numero più basso di decessi (rispettivamente -12.45% e -6.94%).
Raggruppando
i dati comunali per aree omogenee, si può evidenziare come la Val di Magra
abbia avuto nel marzo 2020 ben 137
deceduti (con un “eccesso di mortalità”
di circa +63 morti pari al +84,64% rispetto ai 74 morti dello stesso periodo della
media 2015/19); seguono i +42 deceduti
dell’Area del Golfo, i +25 della
Riviera e i +6 della Val di Vara.
Il
fenomeno “eccesso di mortalità” dei dati
del mese di marzo 2020 rispetto allo stesso periodo della media 2015/19 riguarda
soprattutto gli uomini (+103 morti pari
al +88,79%) rispetto alle donne (+33); in particolare sono colpiti gli
uomini sopra i 65 anni (+97 morti pari
al +93,42% rispetto alle donne con +29), territorialmente concentrati a
Spezia (+41) e nella Val di Magra (+36).
In conclusione.
La
mortalità complessiva (per ogni tipo di causa) ha avuto nel marzo 2020 una forte accelerazione, specie nelle zone
ad alta intensità di contagio, mentre minore è stato l’impatto dell’epidemia nelle
zone con diffusione a media e bassa intensità; questo “eccesso
di mortalità” è solo in parte ufficialmente riferibile ai
decessi di Covid-19: “Va sottolineato che il picco di decessi
giornalieri delle tre macro aree di Covid-19
è stato raggiunto il 25 marzo 2020, con 837
casi, nello stesso giorno i decessi totali sono stati 2.902 (…) La frequenza
dei decessi totali del 2020, indipendentemente dalla classe di diffusione nei
primi giorni di marzo è molto simile a quella dei decessi del 2017. In alcuni
casi è stata anche lievemente minore, soprattutto nell’area a bassa diffusione”
(Istat,
pag. 22).
Occorrono
urgentemente più dati e bisogna fare analisi precise, poiché queste serviranno nel
prossimo futuro al fine di non ripetere gli errori già commessi derivanti dall’improvvisazione e dall’urgenza
del momento.
In
tal senso, queste note dimostrano come l’epidemia si sia già caratterizzata per
una “diffusione
per zone”; dunque, aveva ragione il virologo Crisanti: “il “rischio zero” non
esiste, specialmente in situazioni del genere. Per agire occorre sapere quanti casi si verificano ogni giorno e dove
(…) si deve circoscrivere rapidamente l’area, fare tamponi a tutti subito, isolare
i positivi, ripetere l’operazione dopo 7-8 giorni per agguantare i casi che dovessero essere sfuggiti alla prima
osservazione. Chiudi, e il cluster
finisce. Ma bisogna essere preparati, avere
la capacità di fare esami” (Italiaonline del 21/4/2020)
… conseguentemente erano inadeguate (se non sbagliate) molte decisioni assunte
sia a livello governativo che regionale … e sarebbe ora di porvi rimedio.
Euro
Mazzi
PS: questo post fa parte di un ampio studio sulle problematiche relative alla crisi economica e finanziaria che da anni interessa l’Italia nel contesto europeo.
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