sabato 26 ottobre 2019

LE “MAI MORTE” (2): IL CASO CIR (diciottesima parte)

Il Consorzio Intercomunale Rifiuti (CIR), ha sede a La Spezia, ne sono soci i 10 Comuni della Val di Magra e del Golfo (Ameglia, Arcola, Castelnuovo M., La Spezia, Lerici, Ortonovo, Portovenere, S. Stefano M., Sarzana e Vezzano Ligure); si è occupato della gestione dei rifiuti nell’area spezzina a partire dal 1995 (in sostituzione del Consorzio incenerimento Rifiuti di La Spezia - CONIR) e veniva posto in liquidazione con la decisione assunta in data 9/6/99 di revocare le competenze e i servizi fino ad allora svolti per passarle ad ACAM, cessando così le proprie funzioni operative a partire dal 1/7/99. Scopo principale del CIR era stato la costruzione di una discarica per RSU (con relativa strada di accesso) in località Val Bosca nel Comune della Spezia per far fronte all’emergenza rifiuti del periodo (appalto mediante licitazione privata per un importo complessivo dei lavori L. 9.481.937.527 + IVA). Il progetto era stato approvato per lo smaltimento di 218.000 m3, ma con successivo ampliamento, veniva autorizzato per complessivi 350.000 m3 (determina Provinciale n.17 del 4/08/98).Il CIR trasferiva i propri beni e il proprio personale ad ACAM; quest’ultima pagava CIR in modo articolato: a) l’acquisto di alcuni beni veniva saldato con l’assegnazione diretta ai Comuni-soci di CIR di quote del proprio capitale sociale; b) altri beni, invece, venivano venduti per saldare una parte dei debiti di CIR; proprio questa forma di pagamento (particolarmente conveniente per i Comuni) comportava che la procedura di liquidazione di CIR rimanesse aperta per la necessità di saldare i residui debiti, alcuni dei quali derivanti dalla definizione di alcune pendenze legali.
Tra queste vertenze legali vanno ricordate le seguenti:
-  Una vertenza era stata aperta sia dalla ditta Costa Mauro che da Ecor.Med Spa per fatture non saldate e contestate legate alle attività di smaltimento tramite “biopressa” (per fatti iniziati sotto il CONIR e conclusi nei primi anni di gestione del CIR); vertenza poi articolata in varie cause civili per il pagamento delle relative prestazioni.
-  Un’altra vertenza riguardava le ceneri provenienti dal dismesso forno inceneritore di Boscalino del CONIR collocate in un piazzale di proprietà dell’ENEL.
-  Vi era poi da sistemare i debiti derivanti dal lodo arbitrale pronunciato il 3/6/2008 che aveva condannato il CIR al pagamento di € 400.000,00 (oltre spese) per una convenzione stipulata con la Termomeccanica Spa per la costruzione di una discarica e lo smaltimento dei rifiuti in loc. Vallescura sita nel Comune di Riccò del Golfo. Nel luglio del 2009 la Termomeccanica Spa notificava un precetto di  € 448.098,04, ma non essendoci nelle casse del CIR le risorse necessarie per provvedere al saldo, veniva raggiunto un accordo di pagamento rateale: € 70.000 entro 31/12/2009;  € 150.000 entro 30/9/2010; € 150.000 al 31/12/2010; € 78.098,04 al 30/9/2011; oltre € 110.000 per IVA. Alcuni Comuni-soci richiedevano e ottenevano ulteriore dilazione, ma mentre alcuni di questi iniziavano a pagare, altri non vi provvedevano; alla data del 3/4/2017 vi erano ancora da pagare da parte di tutti i Comuni € 299.527, mentre tre Comuni non avevano effettuato alcuni versamenti, di cui quello di Sarzana doveva ancora versare € 73.429,78.
La presenza di residui debiti ancora da pagare, oltre all’accumularsi di ulteriori spese (gestionali, legali, peritali, Iva) nel contesto di una mancanza di risorse (per il trasferimento ad ACAM di tutti i beni) comportavano il protrarsi della procedura di liquidazione fino ad oggi; una procedura cadenzata da bilanci in perdita e dalla redazione di piani di riparto e richieste di pagamento rivolte ai Comuni-soci.
Il liquidatore commentava negativamente questi ritardati pagamenti da parte di alcuni Comuni: “il che rendeva difficile convocare gli altri Comuni, nessuno dei quali, evidentemente, intenzionato ad avere ulteriori aggravi senza la certezza che i comportamenti omissivi di altri consorziati avessero finalmente conclusione, sia per il debito passato che per quello che sarebbe derivato dal nuovo riparto”. (3/4/2017),
Il bilancio 2016 chiudeva con una perdita di € 10.795dovuta esclusivamente a mancanza di ricavi” e dalla presenza solo di spese gestionali, ma che si aggiungevano a € -141.241 di perdite precedenti, portando ad un capitale netto negativo di € -152.036.
L’attivo patrimoniale era composto da € 84,744 di crediti (erano € 118.528 nel 2015) e € 1.727 di liquidità di cassa (erano € 1.864 nel 2015); sul lato del passivo vi erano € 238.507 di debiti (erano  € 261.633 nel 2015). Il conto economico del 2016 non presentava ricavi (mentre nel 2015 erano € 94.691), ma soltanto costi di gestione per € 10.824 (nel 2015 vi erano stati costi per € 186.064).
Da notare che tra i crediti figuravano solo i Comuni ritardatari nei pagamenti dei piani di riparto per € 83.673, mentre i debiti erano costituiti da quanto ancora dovuto alla società Termomeccanica e da fatture ancora da saldare verso vari professionisti per € 148.421.
In data 24/4/2017 il liquidatore inviava ai Comuni-soci il riparto conclusivo di € 299.527 con l’invito al pagamento entro il 31/7/2017, avvertendo però della possibilità di ulteriori esborsi in base a “quanto ancora dovuto a Termomeccanica Ecologia” per debito ancora non estinto, sollecitando i Comuni ritardatari” al pagamento degli arretrati.
Insomma, la procedura di liquidazione è ancora oggi attiva; il bilancio registra pochi movimenti con piccole variazioni contabili annuali, tali però da giustificare il permanere della procedura di liquidazione e la sua apertura ancora per altri anni.
La liquidazione si trascina da anni e questa “lunghezza” è spiegata solo in parte dalla presenza di vertenze oramai definite, semmai la farraginosità di questa procedura dipende in gran parte dall’atteggiamento dei Comuni-soci che non liquidano quanto da loro dovuto nella loro qualità di soci.
Inoltre, in questi ultimi anni il CIR è sparito dall’attenzione di alcune amministrazioni comunali, molte delle quali: - non riportano più questo Consorzio nell’elenco degli Enti partecipati sia sul piano degli obblighi di trasparenza (nel sito “Amministrazione trasparente”), che a livello di bilancio consolidato (nel perimetro del gruppo comunale); - non accantonano nel proprio rendiconto la quota di loro competenza della perdita di bilancio del CIR; - non riportano a bilancio la parte residua del proprio eventuale debito verso il CIR; tutti questi comportamenti evidenziano una generale disattenzione, ma soprattutto una preoccupante carenza di verifiche gestionali, nonché una violazione del principio di completezza nella redazione dei bilanci.
In conclusione. La vicenda del CIR è una ulteriore conferma della farraginosità e lunghezza delle procedure di liquidazione; ma è anche emblematica della carenza di “lungimiranza” di un’intera classe politica locale, specie nella gestione dei rifiuti.
Negli anni ’80-90 le scelte politiche e amministrative sulla gestione dei rifiuti hanno dato luogo alla formazione di ben tre entità destinate alla gestione dei rifiuti tutte finite male: il CONIR, il CIR e ACAM (poi ACAM Ambiente), le quali hanno gestito male varie discariche (tra cui quelle dell’area intorno a Pitelli, quella di Vallescura, ecc.), un inceneritore a Boscalino, l’impianto TMB di Saliceti e di compostaggio di Boscalino, facendo aumentare notevolmente il costo del servizio raccolta rifiuti e scaricando così sui cittadini questa cattiva gestione.
In proposito, si possono riportare alcune sintetiche valutazioni dell’allora sindaco di Spezia (Pagano) in merito all’articolazione del dibattito relativo alla gestione dei rifiuti: “forno inceneritore o impianto di produzione di Cdr – ma anche di dar vita a un nuovo soggetto gestionale, che superasse la frammentazione allora esistente. Il Cir (…) gestiva la discarica di Valbosca per i Comuni del Golfo e della Val di Magra e avrebbe dovuto gestire l’impianto di smaltimento dei rifiuti eccedenti la raccolta differenziata; i Comuni della Riviera e della Val di Vara facevano riferimento a specifiche discariche; lo spazzamento, la raccolta e la raccolta differenziata erano gestiti dai singoli Comuni (con grande difficoltà, perché non potevamo sostituire il personale che andava in pensione). Pochi mesi dopo, il 19 maggio 1998, sciogliemmo il nodo: l’assemblea dei sindaci soci del consorzio Acam diede “disco verde” al progetto di razionalizzare la gestione dei servizi energetici e ambientali e di dar vita a un unico soggetto gestionale, mediante incorporazione del Cir in Acam. L’Acam diventava così l’unica azienda pubblica nel settore dei servizi: “Superacam”, come fu subito definita dai giornali. Un’unica grande azienda che avrebbe gestito non solo il ciclo integrale dell’acqua e del gas (come già accadeva) ma anche quello dei rifiuti. In quell’occasione i sindaci diedero l’ok politico: poi ci sarebbero stati il perfezionamento tecnico dell’intesa e le conseguenti deliberazioni. Bisogna ricordare che il Cir aveva appena ventotto dipendenti, mentre l’Acam ne aveva quasi quattrocento. E di Acam i sindaci avevano fiducia. A partire dal 1996 l’azienda aveva avviato un concreto cambiamento interno, attraverso un potenziamento e una riorganizzazione del management e l’inserimento di un Direttore Generale proveniente dal settore privato. Era arrivato, dalla Nettis di Bari, l’ingegner Pierluigi Tortora, indicato al Presidente di Acam Sergio Palmerini da una società di “cacciatori di teste”, la Egon Zehnder(Giorgio Pagano, “Acam, la verità. Diario1997-2007”, pag. 362). I risultati della Superacampoi si sono visti!
Una classe politica locale che non sa neanche chiudere una società posta in liquidazione come il CIR che da 20 anni ha cessato ogni attività ed è oramai un “ente inutile”.
Tutti i partiti hanno sempre dichiarano di voler “tagliare gli sprechi”, promettendo un “taglio netto e profondo agli enti inutili”, anche come segnale concreto di riorganizzazione della macchina statale e come volontà di attuare la mitica “spending review”, salvo poi rimangiarsi la parola al momento in cui si ritrovano all’opposizione, poiché è sempre meglio “tagliare a casa d’altri piuttosto che nella propria”.
Quanti “carrozzoni”, quanti “stipendifici”, quanti “salvapoltrone”, quanti “poltronifici” creati per parcheggiare generazioni di impiegati e politici … eppure resistono, perché fanno consenso elettorale: le partecipate in generale sono uno dei perni di questo sistema clientelare.
Del resto, non sappiamo con precisione neanche quanti sono gli “enti inutili” da sopprimere e i risparmi da conseguire; c’è una miriade di enti pubblici, società partecipate, consorzi, comunità montane, fondazioni, associazioni, agenzie, istituti, comitati e centri che si occupano delle materie più varie e più diverse.
Da decenni viene attivata periodicamente la campagna propagandistica sugli “enti inutili” che costano molto allo Stato (o meglio al contribuente), cifre enormi (variabile a seconda delle scelte tra i 7 e i 15 €/miliardi l’anno); qualcosa è stato fatto poiché una volta erano molti di più, ma c’è ancora molto da fare!
Su queste problematiche emerge chiaramente la mancanza di una “visione lungimirante” e “programmatica” da parte di una politica “schizofrenica” portata, da una parte, a rispondere alle esigenze del momento, creando sempre nuovi enti che si occupano di specifici compiti e spendono risorse; dall’altra, a ricercare gli “sprechi” per  raccatare” risorse per far fronte al deficit del bilancio statale.
Così tra nuove spese e successivi tagli, tra spinte di decentramento e di ri-accentramento, tra nuovi enti e successiva loro soppressione, aumenta l’inefficienza dell’apparato pubblico e viene ulteriormente incrementata la perdita di concorrenzialità che, nell’attuale regime di mercati aperti, non tarderà a dare ulteriori amare conseguenze negative per l’Italia.
La mancanza di “statisti”, unita all’abbondanza di politici incapaci e inconcludenti ai vertici istituzionali fa prevedere ulteriori possibili “disastri”, mentre occorrerebbe urgentemente ridefinire le funzioni di Regioni e Comuni; sopprimere gli “enti inutili”; ripensare alle funzioni degli enti intermedi (le province, le prefetture, gli ambiti, ecc.); insomma, bisognerebbe ripensare, disegnare e riorganizzare una nuova gestione amministrativa del territorio e dei servizi pubbliciprima che sia troppo tardi!

Euro Mazzi


PS: questo post fa parte di un ampio studio sulle partecipate pubbliche locali, un mondo “sommerso”, ma foriero di ripercussioni non sempre positive sui bilanci degli Enti Locali.
Per vedere gli altri post:
1 - SOCIETÀ PARTECIPATE: UNA MALATTIA IN PEGGIORAMENTO E UN «BISTURI» CHE NON ARRIVA: QUI
2 - AMEGLIA SERVIZI TURISTICI SRL (AST): QUI
3 - SARZANA PATRIMONIO E SERVIZI SRL (SPS): QUI
4 - SISTEMA TURISTICO LOCALE – GOLFO DEI POETI, VAL DI MAGRA E VAL DI VARA (STL): QUI
5 - FONDAZIONE GENOVA/LIGURIA FILM COMMISSION: QUI
6 - PARTECIPATE: IL CASO C.A.L.L.L. SRL DI SARZANA: QUI
7 - PARTECIPATE: IL CASO A.SP. SRL DI VEZZANO LIGURE: QUI
8 - PARTECIPATE: IL CASO “CITTÀ DI SARZANA ITINERARI CULTURALI”: QUI 
9 - PARTECIPATE: IL CASO “AZIENDA AGRICOLA DIMOSTRATIVA”: QUI
10 - PARTECIPATE: IL CASO “ENOTECA REGIONALE DELLA LIGURIA”: QUI
11 - IL CASO ESEMPLARE DELLA PARTECIPATA SARZANESE SPS: QUI
12 - PARTECIPATE: LA VENDITA DI ASP: QUI
13 -  IL PROGETTO DI FUSIONE DI ATC … “e facite ammuina”: QUI
14 - PARTECIPATE: ATC E I PROBLEMI DEL TPL: QUI
15 - PARTECIPATE: ACAM ACQUE SPA E I PROBLEMI DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO: QUI
16 - L’AGONIA FALLIMENTARE DELLA SARZANA PATRIMONIO E SERVIZI SRL: QUI
17 - LE “MAI MORTE”: IL CASO CIDAF: QUI 

Altri post su questo argomento:
- UN LUNGIMIRANTE ASSURDO AMMINISTRATIVO: deliberare a fine 2015 il programma per l'ATC del 2012-2015: QUI
- SARZANA E AMEGLIA: IL NODO PARTECIPATE ARRIVA AL PETTINE … E SON DOLORI: QUI
- LE SOCIETÀ PARTECIPATE REGIONE LIGURIA: QUI
- BILANCIO 2016 (2): FARE CHIAREZZA NELLE PARTECIPATE DEL COMUNE: QUI
- IL "BUCO NERO" DELLE PARTECIPATE: cosa succede a Castelnuovo Magra: QUI
- TRASPARENZA E SOCIETA’ PARTECIPATE: un sistema quasi al collasso …: QUI

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