Il
Consorzio
Intercomunale Rifiuti (CIR), ha sede a La Spezia, ne sono soci i 10 Comuni
della Val di Magra e del Golfo (Ameglia, Arcola, Castelnuovo M., La Spezia,
Lerici, Ortonovo, Portovenere, S. Stefano M., Sarzana e Vezzano Ligure); si è
occupato della gestione dei rifiuti nell’area spezzina a partire dal 1995 (in
sostituzione del Consorzio incenerimento
Rifiuti di La Spezia - CONIR) e veniva posto in liquidazione con la decisione
assunta in data 9/6/99 di revocare le competenze e i servizi fino ad allora
svolti per passarle ad ACAM, cessando
così le proprie funzioni operative a partire dal 1/7/99. Scopo
principale del CIR
era stato la costruzione di una
discarica per RSU (con relativa strada di accesso) in località Val Bosca nel Comune della Spezia per
far fronte all’emergenza rifiuti del periodo (appalto mediante licitazione
privata per un importo complessivo dei lavori L. 9.481.937.527 + IVA). Il
progetto era stato approvato per lo smaltimento di 218.000 m3, ma con successivo ampliamento, veniva autorizzato per
complessivi 350.000 m3 (determina
Provinciale n.17 del 4/08/98).Il
CIR trasferiva
i propri beni e il proprio personale ad ACAM;
quest’ultima pagava CIR in modo articolato: a) l’acquisto di alcuni
beni veniva saldato con l’assegnazione diretta ai Comuni-soci di CIR di
quote del proprio capitale sociale; b) altri beni, invece, venivano venduti
per saldare una parte dei debiti di CIR; proprio questa forma di pagamento
(particolarmente conveniente per i Comuni) comportava che la procedura di liquidazione di CIR rimanesse
aperta per la necessità di saldare i residui debiti, alcuni dei quali derivanti
dalla definizione di alcune pendenze legali.
-
Una
vertenza era stata aperta sia dalla ditta Costa
Mauro che da Ecor.Med Spa per fatture
non saldate e contestate legate alle attività di smaltimento tramite
“biopressa” (per fatti iniziati sotto il CONIR
e conclusi nei primi anni di gestione del CIR); vertenza poi articolata in varie cause
civili per il pagamento delle relative prestazioni.
-
Un’altra
vertenza riguardava le ceneri provenienti dal dismesso forno inceneritore di
Boscalino del CONIR collocate in un
piazzale di proprietà dell’ENEL.
-
Vi
era poi da sistemare i debiti derivanti dal lodo arbitrale pronunciato il
3/6/2008 che aveva condannato il CIR al pagamento di € 400.000,00 (oltre spese) per una convenzione stipulata con la Termomeccanica Spa per la costruzione
di una discarica e lo smaltimento dei rifiuti in loc. Vallescura sita nel
Comune di Riccò del Golfo. Nel luglio del 2009 la Termomeccanica Spa notificava un precetto di €
448.098,04, ma non essendoci nelle casse del CIR le risorse necessarie per provvedere al saldo,
veniva raggiunto un accordo di pagamento rateale: € 70.000 entro 31/12/2009; € 150.000 entro 30/9/2010; € 150.000 al 31/12/2010; € 78.098,04 al 30/9/2011; oltre € 110.000 per IVA. Alcuni Comuni-soci
richiedevano e ottenevano ulteriore dilazione, ma mentre alcuni di questi iniziavano
a pagare, altri non vi provvedevano; alla data del 3/4/2017 vi erano ancora da
pagare da parte di tutti i Comuni €
299.527, mentre tre Comuni non avevano effettuato alcuni versamenti, di cui
quello di Sarzana doveva ancora
versare € 73.429,78.
La
presenza di residui debiti ancora da pagare, oltre all’accumularsi di ulteriori
spese (gestionali, legali, peritali, Iva) nel contesto di una mancanza di
risorse (per il trasferimento ad ACAM
di tutti i beni) comportavano il protrarsi della procedura di liquidazione fino ad oggi; una procedura cadenzata da bilanci
in perdita e dalla redazione di piani
di riparto e richieste di pagamento
rivolte ai Comuni-soci.
Il
liquidatore commentava negativamente questi ritardati pagamenti da parte di alcuni Comuni: “il che rendeva difficile convocare gli altri
Comuni, nessuno dei quali, evidentemente, intenzionato ad avere ulteriori aggravi senza la certezza che i comportamenti omissivi di altri consorziati
avessero finalmente conclusione, sia per il debito passato che per quello
che sarebbe derivato dal nuovo riparto”. (3/4/2017),
Il
bilancio 2016 chiudeva con una perdita di €
10.795 “dovuta esclusivamente a
mancanza di ricavi” e dalla presenza solo di spese gestionali, ma che si
aggiungevano a € -141.241 di perdite precedenti,
portando ad un capitale netto negativo
di € -152.036.
L’attivo
patrimoniale era composto da € 84,744
di crediti (erano € 118.528 nel
2015) e € 1.727 di liquidità di
cassa (erano € 1.864 nel 2015); sul
lato del passivo vi erano € 238.507
di debiti (erano € 261.633 nel 2015). Il conto economico del 2016 non presentava
ricavi (mentre nel 2015 erano € 94.691),
ma soltanto costi di gestione per € 10.824
(nel 2015 vi erano stati costi per €
186.064).
Da
notare che tra i crediti figuravano solo i
Comuni ritardatari nei pagamenti dei piani
di riparto per € 83.673, mentre
i debiti erano costituiti da quanto ancora dovuto alla società Termomeccanica e da fatture ancora da
saldare verso vari professionisti per €
148.421.
In
data 24/4/2017 il liquidatore inviava ai Comuni-soci il riparto conclusivo di € 299.527
con l’invito al pagamento entro il 31/7/2017, avvertendo però della possibilità
di ulteriori esborsi in base a “quanto
ancora dovuto a Termomeccanica Ecologia” per debito ancora non estinto,
sollecitando i Comuni “ritardatari”
al pagamento degli arretrati.
Insomma,
la procedura di liquidazione è ancora
oggi attiva; il bilancio registra pochi
movimenti con piccole variazioni contabili annuali, tali però da
giustificare il permanere della
procedura di liquidazione e la sua apertura ancora per altri anni.
La
liquidazione si trascina da anni e
questa “lunghezza” è spiegata solo in parte dalla presenza di vertenze oramai
definite, semmai la farraginosità di questa procedura dipende in gran parte
dall’atteggiamento dei Comuni-soci che non
liquidano quanto da loro dovuto nella loro qualità di soci.
Inoltre,
in questi ultimi anni il CIR è sparito dall’attenzione di alcune
amministrazioni comunali, molte delle quali: - non riportano più questo
Consorzio nell’elenco degli Enti partecipati sia sul piano degli obblighi di trasparenza (nel sito “Amministrazione trasparente”), che a
livello di bilancio consolidato (nel
perimetro del gruppo
comunale); - non accantonano nel
proprio rendiconto la quota di loro competenza della perdita di bilancio del CIR; - non riportano a bilancio la parte residua del proprio eventuale
debito verso il CIR; tutti questi comportamenti evidenziano una generale disattenzione, ma soprattutto
una preoccupante carenza di verifiche
gestionali, nonché una violazione del principio
di completezza nella redazione dei bilanci.
In conclusione. La vicenda del
CIR è
una ulteriore conferma della farraginosità
e lunghezza delle procedure di liquidazione; ma è anche emblematica della
carenza di “lungimiranza” di un’intera classe politica locale, specie nella
gestione dei rifiuti.
Negli
anni ’80-90 le scelte politiche e amministrative sulla gestione dei rifiuti
hanno dato luogo alla formazione di ben tre entità destinate alla gestione dei
rifiuti tutte finite male: il CONIR,
il CIR
e ACAM (poi ACAM Ambiente), le quali hanno gestito male varie discariche (tra
cui quelle dell’area intorno a Pitelli, quella di Vallescura, ecc.), un
inceneritore a Boscalino, l’impianto TMB di Saliceti e di compostaggio di
Boscalino, facendo aumentare notevolmente il costo del servizio raccolta
rifiuti e scaricando così sui cittadini questa cattiva gestione.
In
proposito, si possono riportare alcune sintetiche valutazioni dell’allora
sindaco di Spezia (Pagano) in merito all’articolazione del dibattito relativo
alla gestione dei rifiuti: “forno
inceneritore o impianto di produzione di Cdr – ma anche di dar vita a un nuovo
soggetto gestionale, che superasse la frammentazione allora esistente. Il Cir (…)
gestiva la discarica di Valbosca per i Comuni del Golfo e della Val di Magra e
avrebbe dovuto gestire l’impianto di smaltimento dei rifiuti eccedenti la
raccolta differenziata; i Comuni della Riviera e della Val di Vara facevano
riferimento a specifiche discariche; lo spazzamento, la raccolta e la raccolta
differenziata erano gestiti dai singoli Comuni (con grande difficoltà, perché non
potevamo sostituire il personale che andava in pensione). Pochi mesi dopo, il
19 maggio 1998, sciogliemmo il nodo: l’assemblea dei sindaci soci del consorzio
Acam diede “disco verde” al progetto di razionalizzare la gestione dei servizi
energetici e ambientali e di dar vita a un unico soggetto gestionale, mediante
incorporazione del Cir in Acam. L’Acam diventava così l’unica azienda pubblica
nel settore dei servizi: “Superacam”, come fu subito definita dai giornali.
Un’unica grande azienda che avrebbe gestito non solo il ciclo integrale dell’acqua
e del gas (come già accadeva) ma anche quello dei rifiuti. In quell’occasione i
sindaci diedero l’ok politico: poi ci sarebbero stati il perfezionamento
tecnico dell’intesa e le conseguenti deliberazioni. Bisogna ricordare che il Cir
aveva appena ventotto dipendenti, mentre l’Acam ne aveva quasi quattrocento. E
di Acam i sindaci avevano fiducia. A partire dal 1996 l’azienda aveva avviato
un concreto cambiamento interno, attraverso un potenziamento e una
riorganizzazione del management e l’inserimento di un Direttore Generale proveniente
dal settore privato. Era arrivato, dalla Nettis di Bari, l’ingegner Pierluigi
Tortora, indicato al Presidente di Acam Sergio Palmerini da una società di “cacciatori
di teste”, la Egon Zehnder” (Giorgio Pagano, “Acam, la verità. Diario1997-2007”, pag. 362). I
risultati della “Superacam” poi si sono visti!
Una classe politica locale che non sa neanche chiudere una società posta in
liquidazione come il CIR che da 20 anni ha cessato ogni attività ed
è oramai un “ente inutile”.
Tutti
i partiti hanno sempre dichiarano di voler “tagliare gli sprechi”,
promettendo un “taglio netto e profondo agli enti inutili”, anche come segnale
concreto di riorganizzazione della macchina statale e come volontà di attuare
la mitica “spending review”, salvo poi rimangiarsi la parola al momento in
cui si ritrovano all’opposizione, poiché è sempre meglio “tagliare a casa d’altri piuttosto
che nella propria”.
Quanti
“carrozzoni”,
quanti “stipendifici”, quanti “salvapoltrone”, quanti “poltronifici”
creati per parcheggiare generazioni di impiegati e politici … eppure resistono,
perché fanno consenso elettorale: le
partecipate in generale sono uno dei perni di questo sistema clientelare.
Del
resto, non sappiamo con precisione neanche quanti sono gli “enti
inutili” da sopprimere e i risparmi
da conseguire; c’è una miriade di enti pubblici, società partecipate,
consorzi, comunità montane, fondazioni, associazioni, agenzie, istituti,
comitati e centri che si occupano delle materie più varie e più diverse.
Da
decenni viene attivata periodicamente la campagna propagandistica sugli “enti
inutili” che costano molto allo Stato (o meglio al contribuente), cifre
enormi (variabile a seconda delle scelte tra i 7 e i 15 €/miliardi l’anno);
qualcosa è stato fatto poiché una
volta erano molti di più, ma c’è ancora
molto da fare!
Su
queste problematiche emerge chiaramente la mancanza di una “visione
lungimirante” e “programmatica” da parte di una politica
“schizofrenica”
portata, da una parte, a rispondere alle esigenze del momento, creando sempre
nuovi enti che si occupano di specifici compiti e spendono risorse; dall’altra,
a ricercare gli “sprechi” per “raccatare”
risorse per far fronte al deficit del bilancio statale.
Così
tra nuove spese e successivi tagli, tra spinte di decentramento e di
ri-accentramento, tra nuovi enti e successiva loro soppressione, aumenta l’inefficienza dell’apparato
pubblico e viene ulteriormente incrementata la perdita di concorrenzialità che, nell’attuale regime di mercati
aperti, non tarderà a dare ulteriori amare conseguenze negative per l’Italia.
La
mancanza di “statisti”, unita all’abbondanza di politici incapaci e inconcludenti ai vertici istituzionali fa prevedere
ulteriori possibili “disastri”, mentre occorrerebbe
urgentemente ridefinire le funzioni di Regioni e Comuni; sopprimere gli “enti inutili”;
ripensare alle funzioni degli enti intermedi (le province, le prefetture, gli
ambiti, ecc.); insomma, bisognerebbe ripensare, disegnare e riorganizzare una
nuova gestione amministrativa del territorio e dei servizi pubblici… prima che sia troppo tardi!
Euro
Mazzi
PS: questo post fa parte di un ampio studio sulle partecipate pubbliche
locali, un mondo “sommerso”, ma foriero di ripercussioni non sempre positive
sui bilanci degli Enti Locali.
Per vedere gli altri post:1 - SOCIETÀ PARTECIPATE: UNA MALATTIA IN PEGGIORAMENTO E UN «BISTURI» CHE NON ARRIVA: QUI
2 - AMEGLIA SERVIZI TURISTICI SRL (AST): QUI
3 - SARZANA PATRIMONIO E SERVIZI SRL (SPS): QUI
4 - SISTEMA TURISTICO LOCALE – GOLFO DEI POETI, VAL DI MAGRA E VAL DI VARA (STL): QUI
5 - FONDAZIONE GENOVA/LIGURIA FILM COMMISSION: QUI
6 - PARTECIPATE: IL CASO C.A.L.L.L. SRL DI SARZANA: QUI
7 - PARTECIPATE: IL CASO A.SP. SRL DI VEZZANO LIGURE: QUI
8 - PARTECIPATE: IL CASO “CITTÀ DI SARZANA ITINERARI CULTURALI”: QUI
9 - PARTECIPATE: IL CASO “AZIENDA AGRICOLA DIMOSTRATIVA”: QUI
10 - PARTECIPATE: IL CASO “ENOTECA REGIONALE DELLA LIGURIA”: QUI
11 - IL CASO ESEMPLARE DELLA PARTECIPATA SARZANESE SPS: QUI
12 - PARTECIPATE: LA VENDITA DI ASP: QUI
13 - IL PROGETTO DI FUSIONE DI ATC … “e facite ammuina”: QUI
14 - PARTECIPATE: ATC E I PROBLEMI DEL TPL: QUI
15 - PARTECIPATE: ACAM ACQUE SPA E I PROBLEMI DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO: QUI
16 - L’AGONIA FALLIMENTARE DELLA SARZANA PATRIMONIO E SERVIZI SRL: QUI
17 - LE “MAI MORTE”: IL CASO CIDAF: QUI
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- UN LUNGIMIRANTE ASSURDO AMMINISTRATIVO: deliberare a fine 2015 il programma per l'ATC del 2012-2015: QUI
- SARZANA E AMEGLIA: IL NODO PARTECIPATE ARRIVA AL PETTINE … E SON DOLORI: QUI
- LE SOCIETÀ PARTECIPATE REGIONE LIGURIA: QUI
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