sabato 19 ottobre 2019

LE “MAI MORTE”: IL CASO CIDAF (diciassettesima parte)

Il Consorzio Intercomunale Deleghe Agricoltura e Foreste (CIDAF) è un ente che ha sede in Sarzana (Località Pallodola); nella compagine sociale partecipano 10 Comuni (Spezia, Sarzana, Arcola, Castelnuovo M., Lerici, Ameglia, Ortonovo, Portovenere, Santo Stefano e Vezzano L.); l’ex sindaco di Ortonovo F.G. è l’attuale commissario liquidatore, poiché l’Ente è ancora nella proceduta di liquidazione aperta fin dal 1/5/2011.
In questi ultimi anni il CIDAF è sparito dall’attenzione delle varie amministrazioni comunali, molte delle quali non riportano più questo Consorzio nell’elenco degli Enti partecipati sia sul piano degli obblighi di trasparenza (nel sito “Amministrazione trasparente”), che a livello di bilancio consolidato (nel perimetro del gruppo comunale), evidenziando così una generale disattenzione, ma soprattutto una preoccupante carenza di verifiche gestionali.
Eppure il CIDAF, pur essendo da anni in liquidazione, è un’entità ancora “viva”; ha un proprio bilancio che al 31/12/2017 presentava: a) residui attivi da riscuotere per crediti vantati verso Enti pubblici (in gran parte dagli stessi Comuni soci) che non avevano ancora pagato per € 65.779,75 e per € 793,46; b) residui passivi per spese ancora da saldare per € 105.119,54. La gestione di cassa al 1/1/2017 presentava un saldo iniziale di € 43.117,22; nel corso dell’anno venivano riscossi € 21.038,00 e pagati € 46.259,21 e, pertanto, al 31/12/2017 il saldo di cassa ammontava a € 21.496,01.
Insomma, si tratta di un bilancio con pochi movimenti che si trascina da anni con piccole variazioni contabili annuali, tali però da giustificare il permanere della procedura di liquidazione e la sua apertura ancora per altri anni; procedura che si caratterizza per scarsità di informazioni e per il disinteresse degli stessi Enti pubblici coinvolti.
Del resto, occorre ricordare come l’apertura della fase di liquidazione del CIDAF sia avvenuta nel contesto della soppressione delle Comunità Montane liguri (legge regionale n. 23 del 2010 e n. 7 del 2011), con il trasferimento alla Regione e ai Comuni interessati delle deleghe e delle funzioni amministrative in materia di agricoltura, sviluppo rurale, foreste e antincendio boschivo.
Complessivamente in Liguria il provvedimento di soppressione ha riguardato 12 Comunità Montane e 4 Consorzi Delega in agricoltura; nello spezzino ha interessato la Comunità Montana Val di Vara (con sede a Sesta Godano) e, appunto, il CIDAF.
Istituite come “ente di diritto pubblico” (con la legge n. 1102/1971) con lo scopo della “valorizzazione delle zone montane, favorendo la partecipazione delle popolazioni”, a cui sono state successive aggiunte le funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, di caccia e di pesca (DPR n. 11 del 15/1/1972); le Comunità Montane in Liguria sono state poi disciplinate con varie leggi regionali (n. 15 e 27 del 1973, n. 6 del 1978).
Il settore veniva, poi, riordinato (legge regionale n. 24 del 2008) con l’accorpamento di alcune Comunità Montane (pertanto ridotte da 19 a 12); nel 2009 questo accorpamento nello spezzino interessava i tre enti presenti (Comunità montana dell'Alta Val di Vara, Comunità montana della Media e Bassa Val di Vara, Comunità montana della Riviera Spezzina) riunificati nella Comunità Montana Val di Vara (con 22 Comuni coinvolti: Beverino, Bolano, Borghetto di Vara, Brugnato, Calice al Cornoviglio, Follo, Pignone, Riccò del Golfo di Spezia, Carro, Carrodano, Maissana, Rocchetta di Vara, Sesta Godano, Varese Ligure, Zignago, Bonassola, Deiva Marina, Framura, Levanto, Monterosso al Mare, Riomaggiore e Vernazza).
Con la soppressione delle Comunità Montane veniva avviata la liquidazione e nominati 5 Commissari incaricati della liquidazione, i quali dovevano primariamente definire un piano di liquidazione sulla base delle risorse disponibili con particolare riferimento a: - trasferimento o estinzione dei mutui; - alienazione di beni per far fronte alle spese (compresa la retribuzione ed i rimborsi dei Commissari); - i processi di mobilità del personale a tempo indeterminato verso gli enti del settore regionale allargato, assicurando al personale trasferito il trattamento economico fondamentale ed accessorio spettante al personale regionale; - la gestione e il trasferimento degli archivi.
Le procedure di liquidazione dovevano inizialmente terminare entro il 30 aprile 2013, con la possibilità di proseguire in caso di non conclusione della liquidazione (come in effetti avvenne) con la nomina di un Commissario liquidatore scelto tra i dipendenti regionali.
Insomma, le procedure di liquidazione sono ancora oggi attive; questa lunga fase di liquidazione è spiegata solo in parte dalla complessità della dismissione del patrimonio (immobili, macchine, crediti, ecc. da attuare attraverso perizie, aste, piani di rientro e accordi), dalla presenza di contenziosi e di mutui, nonché dalla gestione della mobilità del personale. Molto dipende anche dalla “lentezza” della burocrazia, dall’accumulo di incarichi dei liquidatori, dalle “furbizie” dei Comuni che non rispettano gli impegni sottoscritti, dalle “contrapposizioni ideologiche”, ma anche dalle “indecisioni nostalgie” di coloro che non hanno mai fatto analisi sulla reale situazione.
Per esempio, il Comune di Riccò del Golfo ha recentemente approvato un piano di rientro per un importo complessivo di € 55.160,13 (suddiviso in € 32.025,00 di parte capitale ed € 23.135,13 di parte corrente) da pagarsi in 15 rate annuali di € 3.677,34 cadauna e senza l’applicazione di interessi (Delibera di Giunta n. 70 del 14/9/2019).
Su questo versante, va evidenziato come le Comunità Montane e i Consorzi delega abbiano cercato di imitare e/o sostituire i Comuni, finendo per assumere sia personale amministrativo che impegni di spesa pur nella limitatezza delle risorse a disposizione, riducendo così i mezzi da impiegare per un effettivo sviluppo dei territori.
Un semplice esempio in proposito; nel 2009 la Comunità montana Val di Vara recuperava entrate erariali per € 215.647,70 senza le quali non poteva sopravvivere; tutte le Comunità Montane liguri ricevevano dallo Stato € 1.899.988,66, ma tali entrate non erano sufficienti a coprire le spese del personale ammontante a € 8.209.970,89 (Ricorso n. 32 del 3/3/2010); la differenza veniva in parte coperta dagli stanziamenti regionali e dalla sottoscrizione di prestiti, aumentando così l’indebitamento che ora è difficile da liquidare.
In conclusione. La vicenda del CIDAF è emblematica della farraginosità delle procedure di liquidazione; “sopprimere un ente” non significa automaticamente chiuderlo, ma comporta un passaggio intermedio, che è la procedura di liquidazione che può durare molti anni, anche decenni.
Nel frattempo, occorre spesso fare fronte a chi tenta di “rianimare” questi Enti attraverso il ricorso all’accorpamento o alla “rinascita” con nomi diversi e dirigenza aggiornata. Per esempio, in Liguria con la soppressione delle Comunità Montane è stato contestualmente istituito un nuovo ente: Settore Ispettorato Agrario Regionale, articolato in 4 sedi provinciali e 15 sportelli per il territorio, che in molti casi sono ospitati presso le preesistenti sedi delle Comunità Montane.
Non bisogna dimenticare, poi, la possibilità di fare un opportuno ricorso al Tar o al Consiglio di Stato o alla Corte Costituzionale per “congelare” o “rivitalizzare” la pratica.
Per esempio, occorre ricordare come un primo tentativo di soppressione  delle Comunità Montane era già avvenuto con alcune norme contenute nella Legge Finanziaria del 2008 del Governo Prodi, ma a seguito dei ricorsi presentati dalle Regioni Toscana e Veneto, la Corte Costituzionale ne dichiarava l’incostituzionalità per la violazione della competenza regionale.
Contro analogo tentativo contenuto nella legge finanziaria del 2010 dell’allora governo Berlusconi, il Presidente della Regione Liguria Burlando depositava in data 3/3/2010 un “Ricorso per questione di legittimità costituzionale contro il comma 187 dell’art. 2 della legge finanziaria n. 191/2009” con particolare riferimento alla compressione totale dello “spazio  entro  cui  possono  esercitarsi  le competenze legislative ed amministrative regionali”, poiché la finanziaria 2010 tendeva a “smantellare  le comunità montane, considerando quali interlocutori per le  politiche della montagna i soli «comuni montani», per la parte in cui prosciuga mezzi finanziari delle comunità montane, decretandone  l'estinzione” (Ricorso n. 32 del 3/3/2010).
Anche altre Regioni (Calabria, Toscana e Campania), allora gestite dal medesimo partito di opposizione in Parlamento, si erano rivolte alla Corte Costituzionale per contrastare questo tentativo di “soppressione” (e mettere così in difficoltà il Governo).
La Corte Costituzionale sentenziava il diritto del Governo di fissare “limiti alla spesa di enti pubblici regionali sono espressione della finalità di coordinamento finanziario (…) e imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari” senza però “ledere il generale canone della ragionevolezza e proporzionalità dell’intervento normativo rispetto all’obiettivo prefissato”, lasciando, in sede applicativa, “specifici ambiti di autonomia alle Regioni e agli enti locali minori”, dichiarando così l’illegittimità costituzionale solo di alcune parti, ma confermando sostanzialmente le indicazioni governative (Corte Costituzionale, Sentenza 326/2010).
Questa sentenza dimostra come da una parte governativa ci sia stata “approssimazione” e “superficialità”, ma da parte dell’opposizione ci sia stata “strumentalità” e “opportunismo” e alla fine a farne le spese è stato solo il bilancio statale!
Del resto, la Regione Liguria ha dovuto a sua volta procedere a “sopprimere” le Comunità Montane. In proposito è interessante riportare le dichiarazioni del presidente dell’allora Commissione Bilancio regionale A. Cavarra (poi sindaco di Sarzana), il quale motivava la soppressione per la perdita “di ogni forma di sostegno statale e perché era necessario per la Regione Liguria far fronte ai tagli della manovra governativa quantificabili in 150 milioni di euro”. In questa dichiarazione traspare chiaramente la mancanza di una autonoma analisi e soprattutto scarseggiava una visione “ri-organizzativa” del settore, in quanto si limitava a prevedere la riconduzione alla Regione delle funzioni inerenti l’agricoltura, la gestione del piano di sviluppo rurale e l’antincendio; mentre la bonifica le manutenzioni del suolo erano poste a carico delle Provincie, lasciando ai Comuni e alle Province la gestione del vincolo idrogeologico. In particolare, era insufficiente e superficiale la previsione di sviluppare idonee forme di associazionismo comunale per “rispondere all'esigenza di gestire in forma associata funzioni fondamentali proprie dei comuni allo scopo di conseguire sensibili economie di scala nella gestione dei servizi” (dichiarazione del 16/4/2011).
Il risultato attuale è che CIDAF e le Comunità Montane sono ancora “vive” seppur in fase di liquidazione, mentre le “economie di scala” sono rimaste nelle intenzioni e la spesa del settore è complessivamente aumentata.  
Questa perdurante “incapacitàgestionale e programmatica si riversa comunque sul bilancio statale (basta ricordare che il debito pubblico italiano continua inesorabilmente ad aumentare ed ha raggiunto al 31/8/2019 i 2.463 €/miliardi, +136 €/miliardi rispetto al 31/8/2018), ma molti “enti inutili” continuano a “viveree a tutti noi tocca … pagare!
Euro Mazzi

PS: questo post fa parte di un ampio studio sulle partecipate pubbliche locali, un mondo “sommerso”, ma foriero di ripercussioni non sempre positive sui bilanci degli Enti Locali.
Per vedere gli altri post:
1 - SOCIETÀ PARTECIPATE: UNA MALATTIA IN PEGGIORAMENTO E UN «BISTURI» CHE NON ARRIVA: QUI
2 - AMEGLIA SERVIZI TURISTICI SRL (AST): QUI
3 - SARZANA PATRIMONIO E SERVIZI SRL (SPS): QUI
4 - SISTEMA TURISTICO LOCALE – GOLFO DEI POETI, VAL DI MAGRA E VAL DI VARA (STL): QUI
5 - FONDAZIONE GENOVA/LIGURIA FILM COMMISSION: QUI
6 - PARTECIPATE: IL CASO C.A.L.L.L. SRL DI SARZANA: QUI
7 - PARTECIPATE: IL CASO A.SP. SRL DI VEZZANO LIGURE: QUI
8 - PARTECIPATE: IL CASO “CITTÀ DI SARZANA ITINERARI CULTURALI”: QUI 
9 - PARTECIPATE: IL CASO “AZIENDA AGRICOLA DIMOSTRATIVA”: QUI
10 - PARTECIPATE: IL CASO “ENOTECA REGIONALE DELLA LIGURIA”: QUI
11 - IL CASO ESEMPLARE DELLA PARTECIPATA SARZANESE SPS: QUI
12 - PARTECIPATE: LA VENDITA DI ASP: QUI
13 -  IL PROGETTO DI FUSIONE DI ATC … “e facite ammuina”: QUI
14 - PARTECIPATE: ATC E I PROBLEMI DEL TPL: QUI
15 - PARTECIPATE: ACAM ACQUE SPA E I PROBLEMI DEL SERVIZIO IDRICO INTEGRATO: QUI
16 - L’AGONIA FALLIMENTARE DELLA SARZANA PATRIMONIO E SERVIZI SRL: QUI

Altri post su questo argomento:
- UN LUNGIMIRANTE ASSURDO AMMINISTRATIVO: deliberare a fine 2015 il programma per l'ATC del 2012-2015: QUI
- SARZANA E AMEGLIA: IL NODO PARTECIPATE ARRIVA AL PETTINE … E SON DOLORI: QUI
- LE SOCIETÀ PARTECIPATE REGIONE LIGURIA: QUI
- BILANCIO 2016 (2): FARE CHIAREZZA NELLE PARTECIPATE DEL COMUNE: QUI
- IL "BUCO NERO" DELLE PARTECIPATE: cosa succede a Castelnuovo Magra: QUI
- TRASPARENZA E SOCIETA’ PARTECIPATE: un sistema quasi al collasso …: QUI

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