La
Palmaria è un’isola situata a poca
distanza dal borgo di Portovenere e risulta facilmente raggiungibile anche da
Spezia, ma fino ad oggi l’isola è stata utilizzata (a parte dai pochi
residenti) per la balneazione (da
parte di personale militare con le loro famiglie e da residenti dei comuni
limitrofi) e per fini escursionistici;
la presenza di visitatori sulla Palmaria
è stata quantificata in circa 150.000 – 165.000 persone all’anno, di cui il 95%
sono i bagnanti.
Grazie
alle limitazioni derivanti dall’essere stata un presidio militare, oltre ai
vincoli scaturenti dalle varie normative di protezione ambientale, l’isola ha
sostanzialmente mantenuto le caratteristiche
paesaggistiche e naturalistiche “di straordinaria bellezza scenica”,
evitando una indiscriminata urbanizzazione.
In proposito va ricordato come l’isola della Palmaria sia stata inserita nella lista dei siti UNESCO patrimonio mondiale dell’umanità nel 1997; faccia parte del Parco Naturale del Comune di Portovenere dal 2001; da molto tempo vi insistono tre tipologie di vincoli (paesaggistici, archeologici e architettonici); sia un SIC (Sito di Interesse Comunitario nell’ambito di “Natura 2000” dal 1995 con ben due zone: le isole Tino e Tinetto IT 1345103 e l’isola Palmaria IT 1345104).
In proposito va ricordato come l’isola della Palmaria sia stata inserita nella lista dei siti UNESCO patrimonio mondiale dell’umanità nel 1997; faccia parte del Parco Naturale del Comune di Portovenere dal 2001; da molto tempo vi insistono tre tipologie di vincoli (paesaggistici, archeologici e architettonici); sia un SIC (Sito di Interesse Comunitario nell’ambito di “Natura 2000” dal 1995 con ben due zone: le isole Tino e Tinetto IT 1345103 e l’isola Palmaria IT 1345104).
Quest’ultima
protezione comunitaria ha lo scopo
di garantire il mantenimento della conservazione
del paesaggio, della flora e della fauna,
contribuendo ad arrestare la perdita di
biodiversità in ambito terrestre (“Natura 2000” è la rete ecologica istituita
dalle direttive europee “Habitat” – dir. 92/43/cee e “Uccelli” – dir. 79/409/cee).
Occorre ricordare come per “biodiversità” si intenda la varietà degli organismi viventi, la loro variabilità genetica e i complessi ecologici di cui fanno parte; l’Europa individua la diversità biologica come area prioritaria di azione con l’obiettivo di “proteggere e, ove necessario, risanare il funzionamento dei sistemi naturali ed arrestare la perdita di biodiversità”, prevedendo anche specifici fondi europei per raggiungere questi risultati.
Questa protezione europea costituisce per ogni Stato un “obbligo di risultato”, cioè le Autorità nazionali e locali devono definire le misure atte mantenere uno stato di conservazione soddisfacente “degli habitat naturali e della specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario”; devono mantenere le caratteristiche ecologiche dei siti “Natura 2000” dal momento in cui sono proposti come siti di interesse comunitario.
Occorre ricordare come per “biodiversità” si intenda la varietà degli organismi viventi, la loro variabilità genetica e i complessi ecologici di cui fanno parte; l’Europa individua la diversità biologica come area prioritaria di azione con l’obiettivo di “proteggere e, ove necessario, risanare il funzionamento dei sistemi naturali ed arrestare la perdita di biodiversità”, prevedendo anche specifici fondi europei per raggiungere questi risultati.
Questa protezione europea costituisce per ogni Stato un “obbligo di risultato”, cioè le Autorità nazionali e locali devono definire le misure atte mantenere uno stato di conservazione soddisfacente “degli habitat naturali e della specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario”; devono mantenere le caratteristiche ecologiche dei siti “Natura 2000” dal momento in cui sono proposti come siti di interesse comunitario.
In
proposito, la Regione Liguria ha individuato quale ente gestore dei siti rete “Natura
2000” in oggetto il Comune di Porto Venere; ha emanato varie disposizioni (ad esempio la legge
regionale n. 28 del 10/7/2009 “Disposizioni
per la tutela e valorizzazione della biodiversità”, la Dgr. 1764/03 che ha istituito l’osservatorio regionale per
la biodiversità); ha il compito, tra l’altro, di coordinare il monitoraggio e la gestione dei vari siti al fine della verifica del mantenimento
della coerenza ecologica e per il perseguimento di uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat e
delle specie tutelate; ha istituito “la Rete ecologica regionale – RER”
che individua i collegamenti ecologici funzionali tra i vari Siti regionali.
La
tutela delle aree protette a livello nazionale e regionale (“Siti
Rete Natura 2000”) viene attuata per esempio attraverso il divieto di
svolgere attività quali caccia, pesca, raccolta di specie vegetali etc. e
attraverso il regime autorizzatorio
relativo alle attività di uso del suolo.
La
normativa europea, recepita da quella italiana e applicata dalla Regione Liguria,
impone che sia evitato (cioè prevenuto) il degrado e la
perturbazione degli habitat naturali
e di specie (art. 6 comma 2 dir. 92/43/cee). Conseguentemente, qualsiasi
piano o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito,
ma che possa avere (cioè basta la sola probabilità)
incidenze significative su tale sito
deve essere oggetto di “un’opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul
sito, tenendo conto degli obiettivi di
conservazione del medesimo” (art. 6 comma 3 dir.
92/43/cee); la normativa europea stabilisce quindi l’obbligo della valutazione di incidenza di ogni piano
o progetto, i quali possono essere approvati solo dopo “aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito e, se del caso
previo parere dell’opinione pubblica”
(art. 6 comma 3dir. 92/43/cee).
La
valutazione ambientale costituisce
un importante strumento per garantire un’attenta stima degli effetti dell’attuazione di questi piani,
prevedendo durante la loro elaborazione
e/o prima della loro adozione, misure di attenuazione (cioè di riduzione al
minimo dell’eventuale impatto negativo), nonché la valutazione di possibili
soluzioni alternative, al fine di migliorare gli impatti e garantire così l’integrità del SIC. Per “integrità”
si deve intendere il mantenimento della capacità del sito di auto-riparazione e di auto-rinnovamento; questa “integrità”
può essere modificata soltanto in via eccezionale “per motivi di rilevante interesse
pubblico, inclusi i motivi di natura sociale o economica”, con
l’obbligo in tal caso di ricercare idonee misure
di compensazione (art. 6 comma 4 dir. 92/43/cee).
In
questo contesto vincolistico, nel maggio 2019 è stato presentato (alla presenza
di tutti i rappresentanti di Regione, Comune di Porto Venere, l’Ammiragliato,
il Mibact regionale, la Soprintendenza della Liguria e il progettista Andreas
Kipar) il Masterplan
per “il rilancio e la valorizzazione dell’isola Palmaria”.
Il Masterplan Palmaria 2019
è finalizzato allo sviluppo turistico
dell’isola che viene definito a priori “sostenibile e culturale”, anzi vuole
essere: “un esempio a livello europeo di
convivenza tra eco-sostenibilità e valorizzazione turistico-territoriale”
(Relazione 3° fase, pag. 8), arrivando a ritenerlo addirittura “necessario”:
“Uno degli obiettivi del Masterplan è la promozione di un turismo sostenibile e
culturale necessario al fine di preservare l’eccellenza ambientale del sito
della Palmaria” (Relazione 3°
fase, pag. 79), senza però valutarne concretamente gli impatti sulla fragilità del
suo eco-sistema: “Si rimanda pertanto ad
una data successiva e, congiuntamente con un ente specializzato, la definizione e lo studio della Capacità
di Carico (Carrying Capacity) monitorando nel tempo le azioni intraprese
dal Masterplan”
(Relazione 3° fase, pag. 79).
Insomma,
se non c’è uno studio specifico sugli effetti di questo sviluppo turistico, come può essere definito “eco-sostenibile” il
modello previsto dal Masterplan? Eppure l’impatto negativo del turismo di massa sull’ambiente si è già
manifestato in questi ultimi anni specie nell’area delle Cinque Terre, ma la
prospettiva di uno sviluppo del
turistico di massa aperto dal Masterplan per una piccola isola sarebbe alquanto
più devastante.
Inoltre,
lo scenario 5bis
è nato come compromesso tra le opposte necessità di “promuovere
la valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico dell’isola
mirando a garantire l’equilibrio economico dell’operazione considerata
nel suo complesso” (Relazione
fase 3, pag. 32).
Il
Masterplan
riafferma i valori della “sostenibilità” senza darne alcuna dimostrazione concreta, anzi è pervaso
da evidente “genericità”, in quanto si prefigura come “processo” (o meglio come una "gamma di potenziali interventi"), cioè ogni
problema ora sollevato non viene definito, ma rimandato a fasi successive, in quanto verrà risolto a posteriori e
senza stabilirne tempi e modalità, perché dipenderà dall’evoluzione dello
scenario: “Il masterplan di valorizzazione
dell’isola Palmaria si configura
come un processo dinamico che
propone una gamma di azioni progettuali
ed opere da realizzare anche con tempistiche
differenti a seconda dell’evolversi
dello scenario complessivo e del mutamento delle condizioni di partenza”
(Relazione 3° fase, pag. 89).
Il
Masterplan
riprendendo le indicazioni del Protocollo 2016 non propone un programma di mera
valorizzazione di singoli cespiti immobiliari, al contrario esprime una precisa
volontà dei vari soggetti sottoscrittori “di
trasformare l’isola in un’attrattiva turistica di altissimo livello, sia
nazionale che internazionale”.
Con queste premesse, già
in un comunicato del 8/2/2016 l’assessore Scajola parlava di “Palmaria, un futuro da Capri”; mentre il Presidente Toti
evidenziava la necessità di passare da una Palmaria
abbandonata e destinata ad un degrado progressivo a quella di un’isola riqualificata e utile
produttivamente: “La mia Palmaria
sarà un’isola
resort che darà tanto lavoro (…) Il presidente della Regione indica
infatti che a trasformare l'isola Patrimonio Unesco dell'Umanità, da scoglio abbandonato,
patrimonio del demanio marittimo, a "Capri della Liguria", saranno i capitali privati (…) L'azione è
quella di un project financing. Ci
deve essere un consorzio privato che
non soltanto si prenda in carico la ristrutturazione
degli immobili e l'equipaggiamento dell'isola con servizi, ma, come
"onere" si accolli anche la manutenzione
di tutto questo (…) Non costruiremo
mezzo metro quadrato in più: è un sito Unesco, non si tocca” (secolo xix 12/3/2016).
In conclusione. Il Masterplan Palmaria
2019 si muove dentro ad una concezione di sfruttamento consumistico del territorio per favorire uno “sviluppo
economico” avviato grazie alla previsione di una “privatizzazione strisciante”
(l’alienazione e la concessione a lungo termine dei beni del Demanio militare
da tempo abbandonati).
Nel
Masterplan non si fa alcun cenno a possibili soluzioni
per contenere gli impatti
determinati da ciascun singolo
intervento, dal diverso uso del suolo a fini produttivi (conversione di aree
adibite a vegetazione arborea ed arbustiva) o di servizio (nuovi approdi, trenini
a cremagliera), nonché dalla conseguente maggiore pressione antropica
(incremento del turismo) sulla componente naturale (in termini di inquinamento
idrico e sonoro, di rischio di abbandono di rifiuti e di incendio, di
alterazione della vegetazione e di disturbo alla fauna, ecc.), né vengono previste
azioni di mitigazione e/o di
compensazione.
Le
operazioni finanziarie legate al Masterplan Palmaria 2019 si
basano sullo sviluppo di un flusso
turistico sull’isola in grado di generare
adeguati ricavi per ripagare gli investitori
privati quanto meno degli investimenti fatti e possibilmente assicurare un
guadagno congruo.
Insomma,
il Masterplan
Palmaria 2019 appare in aperto contrasto con le caratteristiche ecologiche dei siti
“Natura
2000”.
In
questo contesto, appaiono veramente stucchevoli le polemiche sulla necessità o
meno di sottoporre il Masterplan a valutazione ambientale; se il Masterplan
può essere definito come uno scenario di
sviluppo e, quindi, non può essere considerato come un vero e proprio Piano
né un progetto (non sottoponibile a valutazione ambientale); è altrettanto
reale la necessità di una seria, vera e concreta valutazione di incidenza ambientale contestualmente alla redazione o, comunque,
prima dell’approvazione dei Piani “armonizzati” (ai sensi DGR 532/2019)
e/o degli atti di intesa previsti
per gli “Ambiti territoriali strategici di rilevo regionale” (ai sensi dell'art. 2
della legge regionale di stabilità n. 29/2017), poiché appaiono già oggi
evidenti le criticità e gli impatti
negativi sull’ambiente derivanti dall'eventuale applicazione del Masterplan.
Euro Mazzi
Questo
post fa parte di un più ampio studio sulle problematiche dello sviluppo
turistico spezzino nel contesto regionale ligure.
Post relativi al Masterplan della Palmaria:
1) PALMARIA, UN FUTURO DA CAPRI?: QUI
2) PALMARIA: DAL PROTOCOLLO AL MASTERPLAN: QUI
3) PALMARIA: TUTELATA O APERTA ALLA SPECULAZIONE?: QUI
4) PALMARIA: IL PRIMATO DELLA FINANZA SULLA TUTELA AMBIENTALE: QUI
5) PALMARIA: LA PRIVATIZZAZIONE STRISCIANTE: QUI
6) PALMARIA: WATERFRONT E IL BUSINESS CROCIERISTICO: QUI
7) PALMARIA: MASTERPLAN VS UNESCO: QUIPost relativi al Masterplan della Palmaria:
1) PALMARIA, UN FUTURO DA CAPRI?: QUI
2) PALMARIA: DAL PROTOCOLLO AL MASTERPLAN: QUI
3) PALMARIA: TUTELATA O APERTA ALLA SPECULAZIONE?: QUI
4) PALMARIA: IL PRIMATO DELLA FINANZA SULLA TUTELA AMBIENTALE: QUI
5) PALMARIA: LA PRIVATIZZAZIONE STRISCIANTE: QUI
6) PALMARIA: WATERFRONT E IL BUSINESS CROCIERISTICO: QUI
Post relativi al Porto di La Spezia:
1) PORTO DI SPEZIA: UNA CENTRALITÀ PROBLEMATICA: QUI
2) PORTO DI SPEZIA: WATERFRONT, UNA PRIVATIZZAZIONE STRISCIANTE: QUI
Post relativi allo sviluppo turistico della Val di Magra:
- IL VUOTO DI PROSPETTIVA: QUI
- LA LEZIONE DEL BRUEGEL: QUI
- PORTUS LUNAE: SARÀ GRANDEUR? VEDREMO …: QUI
Altri post sull’argomento:
- PARTECIPATE: IL CASO STL (SISTEMA TURISTICO LOCALE – GOLFO DEI POETI, VAL DI MAGRA E VAL DI VARA): QUI
- ALLUVIONI, DEGRADO PAESAGGISTICO E … “FUGA” DEI TURISTI …: QUI
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