sabato 6 luglio 2019

PALMARIA: LA PRIVATIZZAZIONE STRISCIANTE(quinta parte)

Nel Masterplan Palmaria 2019 sono riportate alcune generiche considerazioni inerenti “la stima dei costi e dei ricavi”; la genericità è ammessa dagli stessi estensori della relazione, in quanto la mancanza di “rilievi puntuali sui singoli immobili, così come sulle aree esterne che dovranno essere oggetto di intervento e, stante la mancanza di progetti e di computo metrici puntuali, si ritiene che i dati economici di seguito espressi (sia per i ricavi che per i costi) debbano essere ritenuti indicativi e rientranti un ambito di indeterminatezza stimabile nell’intorno del +/-20%” (Relazione della terza fase, pag. 100).
Occorre notare come all’indeterminatezza sugli aspetti economici corrisponda altrettanta vaghezza sui vari progetti che sono riportati nel Masterplan: “Costi e ricavi sono strettamente connessi ai progetti che potranno essere realizzati sui singoli ambiti di intervento. I progetti delineeranno aspetti salienti delle valorizzazioni quali: il livello qualitativo degli interventi, la consistenza complessiva sviluppabile e mix funzionale di dettaglio (es. numero preciso di posti letto/stanze, funzioni ammissibili)” (idem, pag. 100).
Dunque, il Masterplan Palmaria 2019 è soltanto un programma di valorizzazione più definito rispetto al Protocollo d’intesa 2016, ma è ancora a un livello “indicativo”; i progetti veri sulle singole aree oggetto di intervento devono ancora essere redatti e dovranno tener conto di ciò che la nuova normativa opportunamente “armonizzata” (che deve essere ancora fatta) e “modellata” sul Masterplan potrà effettivamente permettere, ma soprattutto dipenderà dai rilievi e dalle verifiche sulle reali entità delle opere di ristrutturazione necessarie sugli immobili e sulle aree: “Le fortificazioni sono un tema specifico e, come per le opere di urbanizzazione, anche la sistemazione/rifunzionalizzazione di questi oggetti così complessi potrebbe comportare costi anche sensibilmente difformi da quelli indicati” (idem, pag. 100).
Dunque, qualsiasi giudizio ora espresso sul Masterplan Palmaria 2019 deve necessariamente avere un carattere “interlocutorio/provvisorio”, poiché i singoli progetti e quello complessivo sull’intera isola sono solo genericamente illustrati (o meglio “indicati”) e non possono ancora rappresentare la soluzione finale che potrà essere effettivamente realizzata, poiché troppe variabili possono influire nel modificare ogni “indicazione” ora puramente illustrata.
Del resto, il Masterplan stesso viene definito “più che come un progetto come un processo che non propone delle azioni e delle soluzioni predeterminate, ma piuttosto una gamma di potenziali interventi che possono essere realizzati anche con tempistiche differenti a seconda dell’evolversi dello scenario complessivo nel medio-lungo periodo” (idem, pag. 36).  
Lo scenario 5bis scelto come base del Masterplan disegna un progetto complessivo articolato in vari ipotesi progettuale per ogni singolo immobile/area; vengono elencate 12 azioni progettuali e le opere da realizzare (nel capitolo 3, da pag. 35 a pag. 89 della Relazione della terza fase, che schematicamente vengono riportati nella tabella qui accanto), per ognuna delle quali viene riportata una superficiale descrizione dei benefici dal punto di vista paesaggistico, sociale ed economico.
Sinteticamente si possono tratteggiare i tre principali macro-ambiti da riqualificare: a) Terrizzo-Schenello: con recupero degli immobili da destinare a funzioni turistico-ricettiva; b) Località Semaforo-Forte Palmaria: con recupero degli immobili e degli spazi da adibire a struttura ricettiva, parco archeologico militare, museo, ostello e spazi espositivi e commerciali; c) Capo dell’isola, con risistemazione dei volumi esistenti e della cava quale polo di attrazione turistico.
Mentre per i ricavi ci sono poche valutazioni, sui costi ci sono alcune indicazioni significative. Per la realizzazione di questi tre principali macro-ambiti da riqualificare i costi complessivi sono valutati in una somma variabile tra i 21 e i 25 €/milioni, di cui si ipotizza a carico diretto degli enti pubblici una somma compresa tra i 9 e gli 11 €/milioni, mentre i restanti 12-13 €/milioni sarebbero a carico dei privati (idem, pag. 125). 
In queste previsioni di costi non sono stati riportati e valutati, “in quanto di difficile stima in mancanza di un progetto definitivo e/o esecutivo” (idem, p. 110), quelli inerenti: le infrastrutture primarie (acquedotto, fognatura, rete elettrica, telecomunicazioni), messa in sicurezza degli approdi, potenziamento strade e sentieri, dei punti panoramici, del patrimonio vegetale, dell’agricoltura multifunzionale, del nuovo molo al Capo dell’isola, della monorotaia turistica.
Per quanto si tratti di generici progetti, i costi complessivi risultano essere molto elevati; sono somme che gli Enti pubblici non possono sostenere direttamente e, dunque, occorre ricorrere agli investitori privati, per esempio mediante: a) la vendita di alcuni immobili: “i costi da sostenere per eseguire gli interventi di ristrutturazione sugli immobili che rimarranno nella disponibilità della Marina Militare si potrebbero finanziare mediante la vendita della struttura ricettiva alberghiera” (idem, pag. 124); b) il project financing per altri immobili, ossia la realizzazione delle opere senza oneri finanziari per gli enti pubblici in cambio di una concessione della gestione per lunghi periodo: Per il Forte Palmaria si deve prevedere una Concessione (a lungo termine) ad un Operatore interessato alla gestione della futura struttura ricettiva e degli spazi esterni (Cavalieri). In maniera sinergica può così attivarsi anche l’intervento museale da insediarsi all’interno del Forte stesso. Per tale porzione di interesse collettivo si potrebbero attrarre inoltre dei finanziamenti di carattere pubblico al fine della sua realizzazione e successiva gestione” (idem, pag. 124); c) il ricorso ai finanziamenti europei: “le opere ambientali di valorizzazione potranno esser sostenute grazie ai fondi PSR e LIFE di finanziamento comunitario” (idem, pag. 124).
La scelta di fondo per tutti gli immobili rimane la “concessione di lungo periodo” a seguito di bandi pubblici: Quale migliore strumento utile per la valorizzazione degli Asset contenuti nel Programma di Valorizzazione è stato scelto quello della concessione di valorizzazione a lungo periodo. La concessione è assentita a titolo oneroso e risulta finalizzata alla riqualificazione e riconversione dei beni attraverso interventi di recupero, restauro e ristrutturazione anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o di servizio dei cittadini, nel rispetto delle previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio” (idem, pag. 128).
Anche se la proprietà resta in mano pubblica, potendo quest’ultimo reimpossessarsi del bene alla scadenza, la “concessione di lungo periodo” (si parla di 70 anni! Tempi più lunghi delle concessioni relative ai servizi pubblici!) rappresenta una sorta di “privatizzazione strisciante”, seppur giustificata dalle carenze di fondi pubblici per conseguire la “valorizzazione di un bene o complesso di beni” quasi tutti di proprietà del demanio pubblico.
Il lungo periodo è giustificato dalla necessità di “attrarre” gli investitori privati con la prospettiva sia del “comodo” rientro dall’investimento che dalla possibilità di un congruo guadagno: “Questi potranno investire sul bene a loro spese, quindi evitando aggravi ed ulteriore indebitamento ai già sovraccarichi bilanci del proprietario pubblico, essendo garantiti da un sufficiente lasso di tempo per la remunerazione dell’investimento(idem, pag. 128).
Del resto, sono proprio queste due necessità (il ricorso agli investitori privati e la massimizzazione del ritorno economico in loro favore) che certamente produrranno i maggiori e più significativi cambiamenti ai progetti esecutivi rispetto alle attuali previsioni del Masterplan Palmaria 2019; proprio a causa di questi previsti elevati costi di investimento, gli investitori privati potranno richiedere di avere le “mani libere” e, quindi, esiste la concreta possibilità che  siano gli investitori a “guidare” la progettazione esecutiva finale.
Nello stesso tempo, c’è il concreto rischio che la “paura” (derivante dalla presenza di vari “vincoli” e dal rischio di subire i conseguenti possibili controlli) possa scoraggiare gli investitori privati, specie quelli stranieri, oppure che vengano realizzati solo alcune opere (quelle più convenienti e meno vincolate), rispetto alle altre parti previste nel Masterplan.
Per fugare queste possibili “paure” negli investitori privati, i vari Enti pubblici interessati (i quali tra l'altro rispondono a diverse forze politiche … ma che nei fatti esprimono un comune consenso trasversale!) si adopereranno per garantire un “percorso certo e tranquillo”; in tal senso vanno le rassicurazioni del Presidente della Regione Toti pronunciate in data 16/5/2019: “Un grande piano di valorizzazione per il futuro della Palmaria, finalmente sappiamo che cosa faremo dell'isola dando certezza agli investitori privati e alle istituzioni, in una provincia che cresce a ritmo di oltre il 10% l'anno”.
Il fatto stesso che non siano neanche state “realmente” discusse le poche proposte alternative prospettate da varie associazioni dimostra quanto siano forti gli interessi e alte le aspettative intorno alla Palmaria. Per esempio, l’Associazione Posidonia ha sostenuto che: “Deve quindi essere perseguito come obiettivo prioritario il mantenimento della proprietà collettiva, favorendo la percezione dell’isola come bene comune”; in generale, quasi tutte le proposte alternative sono basate sull’esigenza di procedere con “delicatezza” limitandosi al “rinnovamento conservativo”, avendo cura e capacità di rilevare le straordinarie e singolari peculiarità dell’isola.
Insomma, al di là delle bardature “propagandistiche” e delle semplificazioni “ideologiche”, è in atto un vero scontro di interessi: da una parte, troviamo chi vuole gestire una “ghiotta occasione”: la dismissione del patrimonio demaniale, la gestione dei finanziamenti europei, dei bandi e dello sviluppo turistico; dall’altra, chi ricerca la difesa dell’isola come bene comune  e della sua bellezza naturalistica.
In conclusione. Occorre tornare al comunicato del 8/2/2016 dell’assessore regionale Scajola che parlava di “Palmaria, un futuro da Capri” e chiedersi se Capri sarebbe un modello di turismo eco-sostenibile? NO. Ma per la privatizzazione strisciante SI. Appunto!
Le eccellenze attualmente presenti nella Palmaria sono il frutto della sua storia e dell’interdizione derivante dall’essere stata zona militare; avviata la sdemanializzazione si corre seriamente il rischio di sminuire i “valori di partenza dell’isola per trasformarla (al di là delle buone intenzioni e degli obiettivi di "sostenibilità" ampiamente dichiarati) in qualcosa di profondamente diverso; le “unicità” della Palmaria rischiano di essere “buttate a mare mentre sono merce preziosa anche sul piano economico, poiché quasi mai le “eccellenze naturalistiche” sono compatibili con assalti incontrollati del “business”. Purtroppo!

Euro Mazzi

Questo post fa parte di un più ampio studio sulle problematiche dello sviluppo turistico spezzino nel contesto regionale ligure.
Altri post sulla Palmaria:
1)      PALMARIA, UN FUTURO DA CAPRI?: QUI
2)      PALMARIA: DAL PROTOCOLLO AL MASTERPLAN: QUI
3)      PALMARIA: TUTELATA O APERTA ALLA SPECULAZIONE?: QUI

4)      PALMARIA: IL PRIMATO DELLA FINANZA SULLA TUTELA AMBIENTALE: QUI
Altri post sull’argomento:

-          IL VUOTO DI PROSPETTIVA: QUI   
-          LA LEZIONE DEL BRUEGEL: QUI
-          PORTUS LUNAE: SARÀ GRANDEUR? VEDREMO …:  QUI
-          PARTECIPATE: IL CASO STL (SISTEMA TURISTICO LOCALE – GOLFO DEI POETI, VAL DI MAGRA E VAL DI VARA): QUI
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