Renzi
afferma che la sua riforma costituzionale “non
tocca il potere del presidente del Consiglio”, cioè non li aumenta, dato
che “nessun articolo riguarda i suoi
poteri”.
Se è tecnicamente vero che nella riforma Renzi/Boschi non ci sono
interventi espliciti sui poteri del Presidente del Consiglio (l’art. 95 della
Costituzione resta invariato), in sostanza, però, ci sono alcune previsioni che
portano direttamente e/o indirettamente ad un maggiore accentramento di poteri sul Governo e sul suo Presidente. Ragioniamo
intorno a queste previsioni.

L’Italicum prevede, inoltre, le liste
bloccate (o “capolista bloccati”). L'Italia è stata suddivisa in 100 collegi e
in ciascuno di essi la lista comprende un “capolista” (che non prende preferenze) e gli altri candidati (che possono prendere
una preferenza). Infatti, l'elettore può esprimere fino a due preferenze, per
candidati di sesso diverso (cd. “doppia preferenza di genere” tra quelli che
non sono capolista), ma sulla base dei voti raccolti sono proclamati eletti dapprima i capolista nei collegi, e
successivamente, i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze.
Conseguentemente, molti “capolista” diventeranno deputati sulla base della
indicazione (o nomina) da parte dei rispettivi partiti, per cui con una accorta
gestione delle candidature possono arrivare alla Camera “una truppa di pretoriani fedeli” al premier.

Dunque,
la legge elettorale incide in modo notevole non solo sulla composizione della
Camera dei Deputati e della sua maggioranza, ma prefigura un ruolo centrale e
preminente del “Capo”
della lista nel suo rapporto sia con il Parlamento che con gli altri organi
(Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale, ecc.).

La
composizione del nuovo Senato e la sua elezione (art. 57 Cost.), assicurano per
lungo tempo una preminenza a esponenti di
area PD (le simulazioni indicano che su 100 senatori circa 54 sarebbero
espressione diretta del Pd, altri 5 dei partiti autonomisti già schierati col
PD, altri 5 “forse” potrebbero derivare dalla nomina presidenziale).
Insomma,
il combinato disposto Italicum e
riforma Renzi/Boschi può assicurare al leader del PD (in caso di vittoria alla
Camera) una maggioranza decisamente sovrarappresentata sia alla
Camera che al Senato rispetto alla volontà effettiva dei cittadini.
La riforma Renzi/Boschi
prevede alcune norme che “rafforzano” direttamente
i poteri e il ruolo del Governo.

Il
nuovo quarto comma dell’articolo 117 Cost. introduce una “clausola
di supremazia”, che consente alla legge statale, su proposta del
Governo, di intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva
dello Stato, e quindi in ambiti di competenza regionale, quando lo richieda: -
la “tutela dell’unità giuridica o
economica della Repubblica” ovvero - la “tutela
dell’interesse nazionale”.
La nuova
definizione dei poteri delle regioni “ordinarie” (art. 117 Cost.) si basa sulla competenza
“residuale”, mentre solo la legislazione dello Stato (e non quella delle
regioni) è qualificata come “esclusiva”.
Da questa nuova ripartizione si assiste ad un rinnovato “neo-statalismo” che riporta ai
“ministeri” la competenza su gran parte delle materie e, dunque, ad un
rafforzamento dei poteri e del ruolo del Governo e del suo “Capo”.
Del resto, vengono
mantenute ferme (anche se modificate) alcune norme che già garantivano il ruolo
preminente del Governo rispetto al Parlamento: a) i procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è
dichiarata l’urgenza (terzo comma art. 72 Cost.) disciplinati dal regolamento
interno delle Camere; b) la delega legislativa (primo comma art. 77
Cost.) attribuito da una “legge”; c) la prassi parlamentare che permette lo
strumento della posizione della questione
di fiducia su testi approvati in sede referente in Commissione o su
maxiemendamenti proposti dal Governo con funzione di accelerare l’approvazione
di una legge.
Insomma, il
problema della degenerazione nel
procedimento legislativo derivante dall’utilizzo di procedure abbreviate e di urgenza
(per effetto dell’intreccio decreto legge - maxiemendamento - questione di
fiducia) rimane nonostante alcune precisazioni limitative. Semmai, le esigenze
del Governo di disporre in tempi brevi e certi dei deliberati del Parlamento viene
rafforzato dall’introduzione del “voto a data certa” che si aggiunge agli altri
strumenti già ampiamente utilizzati.
Vi sono,
altresì, norme che indirettamente aumentano il potere del Governo e del suo “Capo”.
I 5 membri della Corte Costituzionale
(art. 135 Cost.), in precedenza eletti da un Parlamento di 945 membri in seduta
comune) ora sarebbero così eletti: 3 membri da una Camera che per via dell’Italicum sarà nelle mani del Governo;
gli altri 2 da un Senato di appena 100 membri a “mezzo servizio” e che probabilmente sarà nelle “mani” dell’area PD. Dunque, esiste il rischio di un
condizionamento nell’autonomia della Corte.
Il Presidente della Repubblica dipenderà
per la sua elezione (terzo comma art. 83 Cost.) dalla lista vincitrice del
premio di maggioranza alla Camera e dal controllo del Senato per nomina
regionale. Inoltre, il Presidente della Camera, espressione della maggioranza
uscita dall’Italicum, occupando il
posto di Capo dello Stato provvisorio
può beneficiare di tale carica anche per lunghi periodi in attesa della
elezione del Presidente (art. 86 Cost.). La maggioranza uscita dall’Italicum dispone (quale eventuale strumento
di pressione) della possibilità di mettere in stato d’accusa il Presidente
della Repubblica con una votazione a maggioranza assoluta del Parlamento in
seduta comune (art. 90 Cost.), cioè composta di 630 membri (di cui 340 della
maggioranza Italicum), cioè con un
quorum di 365 voti, per cui basterà trovare 25 senatori tra sindaci e
consiglieri regionali, appartenenti allo stesso partito del Capo del Governo
(in precedenza erano 945 membri eletti con un quorum di 473 voti).
In questo
scenario, il "Capo" vede aumentare
di fatto la sua forza e il suo potere, mentre diminuisce (e di parecchio)
la forza dell'opposizione, la quale vedrà tutelata i propri diritti dai regolamenti delle Camere (c.d. “Statuto delle
opposizioni”) votato dalla maggioranza stessa (art. 64 Cost.).

Una
variabile di questo scenario prevede che alla Camera vinca una forza attualmente
all’opposizione rispetto al Pd (M5S o Centrodestra); in questo caso, i
provvedimenti legislativi della maggioranza rischierebbero di essere sottoposti al fuoco di fila del Senato
di probabile maggioranza PD, utilizzando a tal fine proprio le infinite
complicazioni dell'articolo 70, che permettono di poter ricorrere contro ogni
legge uscita dalla Camera che possa anche vagamente essere connessa con le
variabili previste dal medesimo articolo 70 e … sarebbe la paralisi istituzionale
completa.
Per
quanto sopra esposto e in considerazione di questa “variabile” risulta confermato
che:
a)
la riforma Costituzionale è fatta su misura a favore di un solo competitore
politico: il PD;
b)
solo nel caso in cui le due maggioranze di Camera e Senato fossero omogenee (dunque
in mano al PD) vi sarà un notevole rafforzamento dei poteri del Governo e del
suo “Capo”;
c)
fuori da questa ipotesi sarebbe solo confusione e paralisi …
Quindi,
è soprattutto per questo motivo che al referendum del 4/12/2016 votare NO … è
meglio!
Euro
Mazzi
ci riprovo. come ti anticipavo ieri sera, SE NON ORA, QUANDO? Se siamo d'accordo che la perfezione non è di questo mondo, io mi accontento di queste riforme, dopo decenni di discorsi... Capito? E' un primo passo per provare a far diventare l'Italia un paese normale. Sono invece certo che occorra un governo più forte, meno ricattabile da qualche parlamentare salterino, più stabile, insomma che possa attuare il suo programma. Per la democrazia non mi preoccuperei tanto. Il problema per la democrazia è proprio l'instabilità, la confusione, l'incertezza... Ciao
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