sabato 22 ottobre 2016

(CONTRO)RIFORMA COSTITUZIONALE: IL PREMIERATO STRISCIANTE (parte decima)

Renzi afferma che la sua riforma costituzionale “non tocca il potere del presidente del Consiglio”, cioè non li aumenta, dato che “nessun articolo riguarda i suoi poteri”.
Se è tecnicamente vero che nella riforma Renzi/Boschi non ci sono interventi espliciti sui poteri del Presidente del Consiglio (l’art. 95 della Costituzione resta invariato), in sostanza, però, ci sono alcune previsioni che portano direttamente e/o indirettamente ad un maggiore accentramento di poteri sul Governo e sul suo Presidente. Ragioniamo intorno a queste previsioni.


La legge elettorale Italicum (legge 6/5/2015, n. 52) prevede l’individuazione del “Capo” della lista/forza politica (art. 14-bis: “Contestualmente al deposito del contrassegno di cui all'articolo 14, i partiti o i gruppi politici organizzati che si candidano a governare depositano il programma elettorale nel quale dichiarano il nome e cognome della persona da loro indicata come capo della forza politica”) che in caso di “vittoria” è di fatto già designato a Presidente del Consiglio dei Ministri, poiché è legittimato direttamente dal consenso popolare, in quanto l’art. 2 della stessa legge prevede che: “Ogni elettore dispone di un voto per la scelta della lista, da esprimere su un'unica scheda recante il contrassegno di ciascuna lista e il nominativo del candidato capolista”.
L’Italicum prevede, inoltre, le liste bloccate (o “capolista bloccati”). L'Italia è stata suddivisa in 100 collegi e in ciascuno di essi la lista comprende un capolista” (che non prende preferenze) e gli altri candidati (che possono prendere una preferenza). Infatti, l'elettore può esprimere fino a due preferenze, per candidati di sesso diverso (cd. “doppia preferenza di genere” tra quelli che non sono capolista), ma sulla base dei voti raccolti sono proclamati eletti dapprima i capolista nei collegi, e successivamente, i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze. Conseguentemente, molti “capolista” diventeranno deputati sulla base della indicazione (o nomina) da parte dei rispettivi partiti, per cui con una accorta gestione delle candidature possono arrivare alla Camera “una truppa di pretoriani fedeli” al premier.
Ancora, l’Italicum assicura (anche grazie ad un mega-premio di maggioranza) 340 seggi (su 630 seggi totali) alla “lista” che raccoglie la maggioranza dei consensi (o il 40% al primo turno o più voti al ballottaggio tra le due liste più votate), assicurando una maggioranza decisamente sovra rappresentata, mentre la minoranza (nella sua varia articolazione) sarebbe decisamente sottorappresentata rispetto alla volontà dei cittadini.
Dunque, la legge elettorale incide in modo notevole non solo sulla composizione della Camera dei Deputati e della sua maggioranza, ma prefigura un ruolo centrale e preminente del “Capo” della lista nel suo rapporto sia con il Parlamento che con gli altri organi (Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale, ecc.).
A sua volta, la riforma Renzi/Boschi prevede ulteriori rafforzamenti del ruolo del Governo (si rimanda anche ad un precedente post: http://appunticorsari.blogspot.it/2016/05/controriforma-costituzionale.html). Il fatto che la fiducia al Governo sia data dalla sola Camera dei Deputati (quarto comma dell’art. 55 Cost.), non solo semplifica ed accelera la procedura stessa, ma rafforza il Governo e il suo Presidente rispetto all’attuale previsione di fiducia bi-camerale.
La composizione del nuovo Senato e la sua elezione (art. 57 Cost.), assicurano per lungo tempo una preminenza a esponenti di area PD (le simulazioni indicano che su 100 senatori circa 54 sarebbero espressione diretta del Pd, altri 5 dei partiti autonomisti già schierati col PD, altri 5 “forse” potrebbero derivare dalla nomina presidenziale).
Insomma, il combinato disposto Italicum e riforma Renzi/Boschi può assicurare al leader del PD (in caso di vittoria alla Camera) una maggioranza  decisamente sovrarappresentata sia alla Camera che al Senato rispetto alla volontà effettiva dei cittadini.
La riforma Renzi/Boschi prevede alcune norme che “rafforzano” direttamente i poteri e il ruolo del Governo.
Il nuovo settimo comma dell’art. 72 Cost. introduce nell’ordinamento l’istituto del c.d. “voto a data certa”, prevedendo la possibilità, per il Governo, quando ritiene che un disegno di legge sia essenziale per il programma di governo (dichiarazione non soggetta a controllo) di chiedere alla Camera dei deputati di deliberare che un disegno di legge sia iscritto con priorità all’ordine del giorno, per essere poi sottoposto alla votazione finale entro un termine certo (pari, al massimo, a 90 giorni dalla richiesta).
Il nuovo quarto comma dell’articolo 117 Cost. introduce una “clausola di supremazia”, che consente alla legge statale, su proposta del Governo, di intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva dello Stato, e quindi in ambiti di competenza regionale, quando lo richieda: - la “tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica” ovvero - la “tutela dell’interesse nazionale”.
La nuova definizione dei poteri delle regioni “ordinarie” (art. 117 Cost.) si basa  sulla competenza “residuale”, mentre solo la legislazione dello Stato (e non quella delle regioni) è qualificata come “esclusiva”. Da questa nuova ripartizione si assiste ad un rinnovato “neo-statalismo” che riporta ai “ministeri” la competenza su gran parte delle materie e, dunque, ad un rafforzamento dei poteri e del ruolo del Governo e del suo “Capo”.
Del resto, vengono mantenute ferme (anche se modificate) alcune norme che già garantivano il ruolo preminente del Governo rispetto al Parlamento: a) i procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza (terzo comma art. 72 Cost.) disciplinati dal regolamento interno delle Camere; b)  la delega legislativa (primo comma art. 77 Cost.) attribuito da una “legge”; c) la prassi parlamentare che permette lo strumento della posizione della questione di fiducia su testi approvati in sede referente in Commissione o su maxiemendamenti proposti dal Governo con funzione di accelerare l’approvazione di una legge.
Insomma, il problema della degenerazione nel procedimento legislativo derivante dall’utilizzo di procedure abbreviate e di urgenza (per effetto dell’intreccio decreto legge - maxiemendamento - questione di fiducia) rimane nonostante alcune precisazioni limitative. Semmai, le esigenze del Governo di disporre in tempi brevi e certi dei deliberati del Parlamento viene rafforzato dall’introduzione del “voto a data certa” che si aggiunge agli altri strumenti già ampiamente utilizzati.
Vi sono, altresì, norme che indirettamente aumentano il potere del Governo e del suo “Capo”.
I 5 membri della Corte Costituzionale (art. 135 Cost.), in precedenza eletti da un Parlamento di 945 membri in seduta comune) ora sarebbero così eletti: 3 membri da una Camera che per via dell’Italicum sarà nelle mani del Governo; gli altri 2 da un Senato di appena 100 membri a “mezzo servizio” e che probabilmente sarà nelle “mani” dell’area PD. Dunque, esiste il rischio di un condizionamento nell’autonomia della Corte.
Il Presidente della Repubblica dipenderà per la sua elezione (terzo comma art. 83 Cost.) dalla lista vincitrice del premio di maggioranza alla Camera e dal controllo del Senato per nomina regionale. Inoltre, il Presidente della Camera, espressione della maggioranza uscita dall’Italicum, occupando il posto di Capo dello Stato provvisorio può beneficiare di tale carica anche per lunghi periodi in attesa della elezione del Presidente (art. 86 Cost.). La maggioranza uscita dall’Italicum dispone (quale eventuale strumento di pressione) della possibilità di mettere in stato d’accusa il Presidente della Repubblica con una votazione a maggioranza assoluta del Parlamento in seduta comune (art. 90 Cost.), cioè composta di 630 membri (di cui 340 della maggioranza Italicum), cioè con un quorum di 365 voti, per cui basterà trovare 25 senatori tra sindaci e consiglieri regionali, appartenenti allo stesso partito del Capo del Governo (in precedenza erano 945 membri eletti con un quorum di 473 voti).
In questo scenario, il "Capo" vede aumentare di fatto la sua forza e il suo potere, mentre diminuisce (e di parecchio) la forza dell'opposizione, la quale vedrà tutelata i propri diritti dai regolamenti delle Camere (c.d. “Statuto delle opposizioni”) votato dalla maggioranza stessa (art. 64 Cost.).
Insomma, dal combinato disposto Italicum/riforma costituzionale sarebbe difficile sostenere che nella sostanza non ci sarebbero dei cambiamenti nei rapporti di forza politici concreti a favore del Governo e del suo Presidente.
Una variabile di questo scenario prevede che alla Camera vinca una forza attualmente all’opposizione rispetto al Pd (M5S o Centrodestra); in questo caso, i provvedimenti legislativi della maggioranza rischierebbero di essere sottoposti al fuoco di fila del Senato di probabile maggioranza PD, utilizzando a tal fine proprio le infinite complicazioni dell'articolo 70, che permettono di poter ricorrere contro ogni legge uscita dalla Camera che possa anche vagamente essere connessa con le variabili previste dal medesimo articolo 70 e … sarebbe la paralisi istituzionale completa.
Per quanto sopra esposto e in considerazione di questa “variabile” risulta confermato che:
a) la riforma Costituzionale è fatta su misura a favore di un solo competitore politico: il PD;
b) solo nel caso in cui le due maggioranze di Camera e Senato fossero omogenee (dunque in mano al PD) vi sarà un notevole rafforzamento dei poteri del Governo e del suo “Capo”;
c) fuori da questa ipotesi sarebbe solo confusione e paralisi
Quindi, è soprattutto per questo motivo che al referendum del 4/12/2016 votare NO … è meglio!

Euro Mazzi

1 commento:

  1. ci riprovo. come ti anticipavo ieri sera, SE NON ORA, QUANDO? Se siamo d'accordo che la perfezione non è di questo mondo, io mi accontento di queste riforme, dopo decenni di discorsi... Capito? E' un primo passo per provare a far diventare l'Italia un paese normale. Sono invece certo che occorra un governo più forte, meno ricattabile da qualche parlamentare salterino, più stabile, insomma che possa attuare il suo programma. Per la democrazia non mi preoccuperei tanto. Il problema per la democrazia è proprio l'instabilità, la confusione, l'incertezza... Ciao

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