venerdì 14 ottobre 2016

UN QUESITO REFERENDARIO NON NEUTRALE MA SIMILE AD UNO SPOT. (seconda parte)

La legge sul Referendum (art. 16 legge n. 352/1970) prescrive che un quesito riporti i riferimenti sintetici sia agli articoli modificati che al loro contenuto, informazioni normalmente contenuti nell’intestazione della legge; su questa base in data 6/5/2016 e 8/8/2016 la Cassazione ha ammesso il quesito nella sua attuale formulazione. Quindi, da un punto di vista formale sembrerebbe tutto nella regolarità, ma sotto il profilo sostanziale il quesito referendario assomiglia troppo ad uno “spot” pubblicitario assai accattivante e, quindi, non è neutrale come dovrebbe.
Occorre ricordare che quando nell’aprile 2014 il Governo ha presentato (a firma Renzi/Boschi) il disegno di legge costituzionale n. 1.429 l’intestazione era esattamente quella che è poi rimasta fino al termine dell’iter di approvazione e che poi è finita nel quesito.


Dunque, si è trattato fin dall’inizio di una “furbata”, poiché è stata così impostata dal duo Renzi/Boschi, affinché, in caso di referendum, quella intestazione da loro voluta andasse a finire nel quesito con quella formulazione “a spot”.
La “furbata” consiste nell’essere appunto più simile ad uno “spot” che al reale contenuto della legge facciamo alcuni rapidi esempi (rimandando per il merito analitico sulle singole questioni alla lettura di altri precedenti post già pubblicati):
·         non c’è un vero “superamento del bicameralismo paritario”, poiché saranno di approvazione bicamerale, quindi parzialmente è immutato il bicameralismo paritario anche se per alcune determinate categorie di leggi (16 materie), espressamente indicate dal nuovo art. 70.
·         Le due espressioni “riduzione del numero dei parlamentari” e “contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni” non sono “letteralmente” contenute come norme costituzionali; soprattutto appaiono demagogiche ricollegandosi direttamente alla “pancia” degli elettori e alle critiche diffuse verso i costi della politica e il non funzionamento delle istituzioni.
·         Comunque, questo richiamo alla riduzione dei “costi di funzionamento delle istituzioni” non è pertinente, in quanto se è vero che la riduzione di 215 senatori porterà a dei risparmi, non è esplicitamente contenuto in nessuno degli articoli modificati il riferimento al loro costo, né è un argomento specifico della Costituzione.
·         Il riferimento alla “soppressione del CNEL” è troppo enfatico, poiché al momento lo si elimina dalla Costituzione, ma poi questo Ente dovrà essere liquidato e ci vorrà molto tempo e non è detto che non si trasformi in qualcosa di altro, come già avvenuto nel caso delle Province che vengono eliminate dal testo della Costituzione, ma poi rinascono come Enti di Area Vasta.
Insomma, molti avrebbero preferito un quesito più neutro, ma la “furbata” lo ha fatto più simile ad uno “spot” che spinge verso il SI. La competizione elettorale avrebbe dovuto essere ispirata a criteri di neutralità e imparzialità, mentre a leggere superficialmente un quesito che chiede se davvero si voglia superare il bicameralismo, ridurre i parlamentari e contenere i costi della politica sembra difficile che si possa rispondere No … appunto è una “furbata”.
Il quesito stesso è troppo accattivante e non neutrale; ammicca alla protesta diffusa contro le lentezze parlamentari e i costi della politica; fornisce agli elettori una certa indicazione, non interamente scevra da considerazioni di tipo “populistico”.
Sia il quesito che la campagna propagandistica del SI utilizzano elementi di propaganda “populista”, largamente diffusi nell’opinione pubblica, per mistificare la realtà: sembra che la causa dei mali italiani (il Paese va male, l’economia è ferma, la crisi distrugge le speranze delle nuove generazioni) risieda nel bicameralismo perfetto, nella elettività popolare dei senatori, nella competenza concorrente tra Stato e Regioni, nella mancanza per il Governo della possibilità di agire liberamente e senza vincoli. Sicuramente questi sono alcuni dei tanti problemi esistenti, ma non sono la causa dei mali; soprattutto i contenuti della riforma costituzionale non corrispondono esattamente al quesito, deludendo le aspettative sollevate dal quesito stesso.
Esiste, poi, il problema derivante dal fatto di un singolo quesito referendario rivolto all’intera legge di modifica costituzionale che in realtà tocca numerosi articoli (in totale 47 articoli su 139, circa il 34% della Costituzione) e varie materie (per esempio: nel quesito non sono menzionate le modifiche: della elezione del Presidente della Repubblica e dei giudici della Corte costituzionale, le leggi d'iniziativa popolare e i referendum, le norme sui Decreti-legge e i disegni di legge del Governo, ecc.) tanto che alcuni hanno sollevato la problematica di suddividere le questioni per quesiti omogenei e più dettagliati (“spacchettamento”).
In proposito, l’ex presidente della Corte Costituzionale Annibale Marini ha sostenuto che: “Ho infine qualche dubbio che la rigida alternativa tra SI e NO propria dell’istituto referendario sia conciliabile con una riforma del tutto disomogenea quale quella oggetto del futuro referendum confermativo. Così, per fare uno fra i tanti esempi, cosa dovrebbe fare il cittadino che è favorevole al nuovo riparto di competenze Stato-Regioni e contrario, come ogni persona di buon senso, a quell’autentico pasticcio che va sotto il nome di riforma del Senato? La risposta, e non potrebbe essere diversa, è quella di affidare il voto al buon Dio o, per chi non è credente, alla sorte.
E il gran parlare di spacchettamento che si è fatto in questi giorni e di disomogeneità del quesito referendario costituiscono la migliore riprova di una illegittimità lesiva della libera volontà degli elettori e che non può essere sanata dal giudizio della Corte di Cassazione”.
In generale, dovrebbe essere “preferibile” una legge di modifica costituzionale più omogenea, poiché al contrario di fronte alla modifica di decine di articoli della Costituzione chi vota potrebbe orientarsi favorevolmente per alcuni, e in senso contrario per altri e una scelta per il SI o per il NO sull’intera riforma potrebbe,dunque, ritenersi lesiva della libertà di voto dell’elettore.
In sostanza, non si dovrebbe governare o amministrare con il ricorso a “furbate” e con una propaganda incentrata su tematiche “populiste” … prima o poi se ne pagherà “il conto”.
Anche per questi motivi al referendum del 4/12/2016 NO … è meglio!

Euro Mazzi

 




 

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