La legge sul Referendum (art. 16 legge
n. 352/1970) prescrive che un quesito riporti i riferimenti sintetici sia agli articoli modificati che al loro
contenuto, informazioni normalmente contenuti nell’intestazione della legge;
su questa base in data 6/5/2016 e 8/8/2016 la Cassazione ha ammesso il quesito
nella sua attuale formulazione. Quindi, da un punto di vista formale sembrerebbe
tutto nella regolarità, ma sotto il profilo sostanziale il quesito referendario assomiglia troppo ad uno “spot” pubblicitario assai accattivante e, quindi, non è neutrale
come dovrebbe.
Occorre
ricordare che quando nell’aprile 2014 il Governo ha presentato (a firma
Renzi/Boschi) il disegno di legge costituzionale n. 1.429 l’intestazione era
esattamente quella che è poi rimasta fino al termine dell’iter di approvazione
e che poi è finita nel quesito.
Dunque,
si è trattato fin dall’inizio di una “furbata”, poiché è stata così impostata dal duo
Renzi/Boschi, affinché, in caso di referendum, quella intestazione da loro
voluta andasse a finire nel quesito con quella formulazione “a spot”.
La
“furbata”
consiste nell’essere appunto più simile ad uno “spot” che al reale
contenuto della legge facciamo alcuni rapidi esempi (rimandando per il merito
analitico sulle singole questioni alla lettura di altri precedenti post già
pubblicati):
·
non
c’è un vero “superamento del
bicameralismo paritario”, poiché saranno di approvazione bicamerale, quindi
parzialmente è immutato il bicameralismo
paritario anche se per alcune determinate categorie di leggi (16 materie),
espressamente indicate dal nuovo art. 70.
·
Le
due espressioni “riduzione del numero dei
parlamentari” e “contenimento dei
costi di funzionamento delle istituzioni” non sono “letteralmente” contenute come norme costituzionali;
soprattutto appaiono demagogiche
ricollegandosi direttamente alla “pancia”
degli elettori e alle critiche diffuse verso i costi della politica e il non
funzionamento delle istituzioni.
·
Comunque,
questo richiamo alla riduzione dei “costi
di funzionamento delle istituzioni” non
è pertinente, in quanto se è
vero che la riduzione di 215 senatori porterà a dei risparmi, non è esplicitamente
contenuto in nessuno degli articoli modificati il riferimento al loro costo, né
è un argomento specifico della Costituzione.
·
Il
riferimento alla “soppressione del CNEL”
è troppo enfatico, poiché al momento
lo si elimina dalla Costituzione, ma poi questo Ente dovrà essere liquidato e
ci vorrà molto tempo e non è detto che non si trasformi in qualcosa di altro,
come già avvenuto nel caso delle Province
che vengono eliminate dal testo della Costituzione, ma poi rinascono come Enti di Area Vasta.
Insomma,
molti avrebbero preferito un quesito più
neutro, ma la “furbata” lo ha fatto più simile ad uno “spot”
che spinge verso il SI. La competizione elettorale avrebbe dovuto essere
ispirata a criteri
di neutralità e imparzialità, mentre a leggere superficialmente un
quesito che chiede se davvero si voglia superare il bicameralismo, ridurre i
parlamentari e contenere i costi della politica sembra difficile che si possa
rispondere No … appunto è una “furbata”.
Il quesito stesso è troppo accattivante
e non neutrale; ammicca alla
protesta diffusa contro le lentezze parlamentari e i costi della politica; fornisce
agli elettori una certa indicazione, non interamente scevra da considerazioni
di tipo “populistico”.
Sia
il quesito che la campagna propagandistica del SI utilizzano elementi di propaganda “populista”, largamente diffusi
nell’opinione pubblica, per mistificare la realtà: sembra che la causa dei mali
italiani (il Paese va male, l’economia è ferma, la crisi distrugge le speranze
delle nuove generazioni) risieda nel bicameralismo perfetto, nella elettività
popolare dei senatori, nella competenza concorrente tra Stato e Regioni, nella mancanza
per il Governo della possibilità di agire liberamente e senza vincoli. Sicuramente
questi sono alcuni dei tanti problemi esistenti, ma non sono la causa dei mali;
soprattutto i contenuti della riforma
costituzionale non corrispondono esattamente al quesito, deludendo le
aspettative sollevate dal quesito stesso.
Esiste,
poi, il problema derivante dal fatto di un singolo quesito referendario rivolto
all’intera legge di modifica costituzionale che in realtà tocca numerosi
articoli (in totale 47 articoli su 139, circa il 34% della Costituzione) e
varie materie (per esempio: nel quesito non
sono menzionate le modifiche: della elezione del Presidente della
Repubblica e dei giudici della Corte costituzionale, le leggi d'iniziativa
popolare e i referendum, le norme sui Decreti-legge e i disegni di legge del
Governo, ecc.) tanto che alcuni hanno sollevato la problematica di suddividere le questioni per quesiti
omogenei e più dettagliati (“spacchettamento”).
In
proposito, l’ex presidente della Corte Costituzionale Annibale Marini ha
sostenuto che: “Ho infine qualche dubbio
che la rigida alternativa tra SI e NO
propria dell’istituto referendario sia conciliabile
con una riforma del tutto disomogenea quale quella oggetto del futuro
referendum confermativo. Così, per fare uno fra i tanti esempi, cosa dovrebbe
fare il cittadino che è favorevole al nuovo riparto di competenze Stato-Regioni
e contrario, come ogni persona di buon senso, a quell’autentico pasticcio che
va sotto il nome di riforma del Senato? La risposta, e non potrebbe essere
diversa, è quella di affidare il voto al buon Dio o, per chi non è credente,
alla sorte.
E il gran parlare di spacchettamento che si è fatto in questi giorni e di disomogeneità del quesito referendario costituiscono la migliore riprova di una illegittimità lesiva della libera volontà degli elettori e che non può essere sanata dal giudizio della Corte di Cassazione”.
E il gran parlare di spacchettamento che si è fatto in questi giorni e di disomogeneità del quesito referendario costituiscono la migliore riprova di una illegittimità lesiva della libera volontà degli elettori e che non può essere sanata dal giudizio della Corte di Cassazione”.
In
generale, dovrebbe essere “preferibile” una legge di modifica costituzionale più
omogenea,
poiché al contrario di fronte alla modifica di decine di articoli della
Costituzione chi vota potrebbe orientarsi favorevolmente per alcuni, e in senso
contrario per altri e una scelta per il SI o per il NO sull’intera riforma
potrebbe,dunque, ritenersi lesiva della
libertà di voto dell’elettore.
In sostanza, non si dovrebbe governare o amministrare
con il ricorso a “furbate” e con una propaganda incentrata su tematiche “populiste”
… prima o poi se ne pagherà “il conto”.
Anche per questi motivi al referendum
del 4/12/2016 NO … è meglio!
Euro
Mazzi
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