In
altre occasioni altri esponenti hanno avanzato stime di risparmi più
consistenti. Il sottosegretario Delrio ha dichiarato che i risparmi dalla sola abolizione delle Province saranno dell'ordine di
850 milioni l'anno. Renzi twittava il 19/1/2014 su risparmi di circa 1 miliardo: “Via i senatori, un miliardo di tagli alla politica, a dieta le
Regioni, legge elettorale anti larghe intese. Se si chiude, Italia
#cambiaverso”. Il calcolo renziano era questo: se sommiamo gli 850 milioni
di risparmi per l'abolizione delle Province, i 50 del Senato, i 20 del Cnel e i
44 provenienti dalle Regioni (24 per la riduzione delle indennità e i 20 per
l'abolizione dei finanziamenti ai gruppi), arriviamo a 964 milioni l'anno. Altri
esponenti hanno parlato chi di 2 e chi di 4 miliardi di risparmi. Insomma una gara
a chi la spara più grossa, poiché mancano al momento analisi precise e studi
seri … ma alcune ricerche ci sono … e smentiscono
le “favole” sui risparmi.
Per
esempio, la Ragioneria dello Stato ha elaborato delle stime (trasmesse al
Parlamento il 28/10/2014 su richiesta della stessa Boschi), evidenziando che i
risparmi certi per la finanza pubblica derivanti dal ddl Boschi, ammontano solo a 57,7 milioni di
euro (cioè le spese del Senato diminuiranno solo del 9% rispetto ad un costo di
540 milioni per il 2016): per effetto della riduzione del numero dei componenti
del Senato (da 315 a 95, esclusi i 5 nominati dal Presidente della Repubblica),
unitamente alla limitazione dell’indennità parlamentare (10.385 euro mensili
pro capite) ai soli componenti della Camera dei deputati: “la minore spesa conseguente a dette disposizioni è stimabile in circa 49 milioni di euro”, di cui 40
milioni ottenuti dall’abolizione dell’indennità per i futuri senatori e i
rimanenti 9 dalla cessazione della corresponsione della diaria mensile (3.500
euro mensili pro capite). Quanto alle Province, la nota della Ragioneria
segnala, però, che i risparmi di spesa che deriverebbero dalla loro
soppressione “non sono allo stato quantificabili”, quantificazione che potrà
essere effettuata “solo a completa
attuazione” della legge di riordino delle città metropolitane, Province,
unioni e fusioni di comuni. La soppressione del Cnel, invece, produrrebbe
secondo la Ragioneria “risparmi ulteriori
pari a 8,7 milioni di euro, rispetto
a quelli già previsti ed indicati nella relazione tecnica del disegno di legge
di stabilità 2015 pari a euro 10.019.227 annui”.
Insomma,
ci saranno dei risparmi ma non saranno così
evidenti e consistenti come sbandierato sia da Boschi che da Renzi. Secondo
la Boschi oltre ai risparmi diretti esistono anche quelli derivanti da una
crescita dello 0,6% annuo del PIL (che in 10 anni sarebbero circa 9.6 miliardi)
“grazie alle nostre riforme”; ma non si capisce su cosa si fondino queste
stime né da chi siano state fatte, poiché la ministra si è limitata a sostenere
che “è quanto crescerà in più il Pil del
Paese grazie alla stabilità e ai tempi
certi di approvazione delle leggi e alla chiarezza su cosa fa lo Stato e
cosa fanno le Regioni, limitando il contenzioso davanti alla Corte
costituzionale e dando certezze alle imprese”.
Quello
che sappiamo per certo è che i risparmi diretti sono molto … ma molto meno, e
che le proiezioni sul Pil, soprattutto così lontane nel tempo, lasciano invece
molto spazio alla creatività e … alla
credibilità.
Il
senatore Lucio Malan ha calcolato che: a) grazie a un comma apposito gli attuali senatori a vita non vengono
toccati nei loro emolumenti e nelle loro dotazioni; b) la sostituzione dei
315 senatori elettivi con i 100 di nomina regionale “comporterebbe un risparmio netto di circa 26 milioni al netto
dell’Irpef che oggi pagano sui loro emolumenti, e altri 20 milioni verrebbero
dalla riduzione dei rimborsi al netto delle imposte minime che gravano sulle
spese che li originano. Dagli 80 milioni
vantati dal ministro a 46 (…) Totalmente fasullo il risparmio di 70 milioni
sui rimborsi ai gruppi e alle commissioni, poiché queste voci pesano oggi per
26 milioni sul bilancio del Senato. Si può ottimisticamente pensare a un
risparmio del 50% dell’attuale spesa, cioè 13 milioni. Altrettanto fasullo il
risparmio di 320 milioni sul personale politico delle provincie, visto che dal
2014 presidenti e consiglieri provinciali non prendono alcuna indennità
aggiuntiva a quella della carica comunale che obbligatoriamente rivestono. Insomma, anziché 490 milioni, non più di
59 milioni di risparmio”.
La
Corte dei Conti con una delibera, datata 30/4/2015 non ha evidenziato i
presunti risparmi, al contrario ha denunciato la grave incertezza in cui versano le Province dopo l’approvazione
del ddl Delrio che rischia di generare
scompensi nella loro situazione finanziaria, dal momento che queste si
ritrovano a gestire le medesime funzioni del passato, ma con i fondi a
disposizione ridotti. Dunque, la preoccupazione riguarda i rischi di destabilizzazione finanziaria del
sistema delle Province, non i fantomatici 850 milioni di risparmi annunciati
da Delrio, che comunque non deriverebbero dalla riforma costituzionale, semmai
dall’insieme dei provvedimenti sulle Province assunti a partire dal 2011.
Alcuni
esponenti del centro-destra hanno evidenziato la contraddizione esistente in
Renzi e nel PD dato che si opposero alla precedente riforma del 2005 (bocciata
poi dal referendum del 2006), la quale conseguiva anch’essa effettivi risparmi:
i deputati passavano da 630 a 518 e i senatori da 315 a 252, con un taglio
netto di 175 parlamentari, mentre quella attuale elimina 215 senatori; la differenza fra le due proposte è di
appena 40 parlamentari; e poiché il Senato rimane in vita, facendo bene i
conti, i risparmi conseguiti dalla riforma del 2016 rispetto a quella del 2005 assommano
alla risibile cifra di 14 milioni che non giustificano né l’esaltazione ai
risparmi della riforma del 2016, né la opposizione del PD rispetto alla riforma
di Berlusconi; oltretutto con la riforma di Berlusconi i senatori,
venivano eletti e scelti dai cittadini, mentre con la riforma Renzi saranno
cooptati dai consiglieri regionali in carica … insomma, perché originare “un caos
istituzionale in cambio di solo 14 milioni?”.
Alcuni
analisti hanno fatto notare che si sarebbero ottenuti risparmi superiori e
strutturali (cioè durevoli nel tempo) da interventi
meramente organizzativi su Camera e Senato che non avrebbero implicato alcun
intervento sulla Costituzione, ma semplici provvedimenti di legge.
Per esempio: a) una decisa unificazione delle amministrazioni del Senato e della Camera; b) interventi riduttivi sulle pensioni dei dipendenti: nel 2013 il Senato ha pagato per la previdenza dei propri dipendenti a riposo circa 115 milioni (più del 20% di tutte le sue risorse); la Camera ha pagato 236 milioni (pari al 25% su 950 milioni di spese); ma le spese per le pensioni di Camera e Senato aumenteranno ancora nei prossimi anni; c) interventi riduttivi sulle pensioni (ex vitalizi) dei senatori e dei deputati. Il presidente dell'Inps, Tito Boeri, in una audizione alla Camera nel maggio 2016 ha evidenziato che risultano in pagamento 2.600 assegni i quali costano 193 milioni di euro nel 2016, costo superiore di 150 milioni rispetto ai contributi versati: “Applicando le regole del sistema contributivo oggi in vigore per tutti gli altri lavoratori all'intera carriera contributiva dei parlamentari, la spesa per vitalizi si ridurrebbe del 40%, scendendo a 118 milioni, con un risparmio, dunque, di circa 76 milioni di euro l'anno (760 milioni nei prossimi 10 anni)”.
Per esempio: a) una decisa unificazione delle amministrazioni del Senato e della Camera; b) interventi riduttivi sulle pensioni dei dipendenti: nel 2013 il Senato ha pagato per la previdenza dei propri dipendenti a riposo circa 115 milioni (più del 20% di tutte le sue risorse); la Camera ha pagato 236 milioni (pari al 25% su 950 milioni di spese); ma le spese per le pensioni di Camera e Senato aumenteranno ancora nei prossimi anni; c) interventi riduttivi sulle pensioni (ex vitalizi) dei senatori e dei deputati. Il presidente dell'Inps, Tito Boeri, in una audizione alla Camera nel maggio 2016 ha evidenziato che risultano in pagamento 2.600 assegni i quali costano 193 milioni di euro nel 2016, costo superiore di 150 milioni rispetto ai contributi versati: “Applicando le regole del sistema contributivo oggi in vigore per tutti gli altri lavoratori all'intera carriera contributiva dei parlamentari, la spesa per vitalizi si ridurrebbe del 40%, scendendo a 118 milioni, con un risparmio, dunque, di circa 76 milioni di euro l'anno (760 milioni nei prossimi 10 anni)”.
E’
stato fatto notare che il taglio dei costi è nel titolo della legge stessa di
riforma costituzionale (peraltro in modo molto demagogico), ma se questi risparmi vengono subito
utilizzati per “nuovi” costi della politica allora quale beneficio se ne ricava?
Per
esempio, i costi derivanti dall’uso dell’airbus A6-EHA di Etihad Airways (un
aereo di dieci anni, con alle spalle migliaia di ore di volo opportunamente
modificato) destinato a diventare il nuovo aereo di Stato che, pare, verrà
preso in leasing “forse” per una cifra di 10-15 milioni di euro l’anno, a cui
devono essere aggiunte le spese di volo (ipotizzabile un impegno orario di
circa 1000 ore l’anno per un costo di funzionamento totale di circa 20 milioni).
In pratica, questo aereo di Stato “brucerebbe” con un costo di 25-35 milioni
quasi il 70% dei risparmi di un anno derivanti dalla Riforma Costituzionale del
Senato.
Esponenti
di rifondazione hanno ricordato che la partecipazione dell’Italia al programma
Joint Strike Fighter F-35 prevede un budget complessivo di circa 10 miliardi di
euro per l’acquisto di 90 aerei (di cui 38 da acquisire entro il 2020) ... Anche solo un F35 in meno consentirebbe un
risparmio maggiore rispetto a quello conseguito dalla riforma del Senato.
Nel «Documento dei 56 costituzionalisti » per il
“NO” alla riforma della Costituzione si legge che «il buon funzionamento delle istituzioni non è prima di tutto un
problema di costi legati al numero di persone investite di cariche
pubbliche... bensì di equilibrio fra
organi diversi, e di potenziamento, non di indebolimento, delle rappresentanze
elettive».
Altri
esponenti del fronte del “NO” hanno evidenziato che è demagogico puntare solo sui
risparmi per giustificare interventi così massicci sulla Costituzione, in
quanto “La politica e la rappresentanza democratica del popolo sovrano non può
essere a costo zero”.
Senza dover scendere a compromessi sul piano della rappresentanza politica e, quindi, senza dover rinunciare ad una fetta di democrazia si potrebbero facilmente ed immediatamente raggiungere obiettivi di contenimento dei costi del Parlamento anche solo adottando comportamenti “virtuosi” come: la riduzione del 50% delle competenze, la rendicontazione pubblica delle spese, la rinuncia ai contributi elettorali, la rinuncia all’assegno di fine mandato, la restituzione delle indennità corrisposte e non utilizzate, ecc. ecc. Basterebbero queste semplici innovazioni per garantire un risparmio per lo Stato di circa 500 milioni di euro … reali e non fantasiosi.
Senza dover scendere a compromessi sul piano della rappresentanza politica e, quindi, senza dover rinunciare ad una fetta di democrazia si potrebbero facilmente ed immediatamente raggiungere obiettivi di contenimento dei costi del Parlamento anche solo adottando comportamenti “virtuosi” come: la riduzione del 50% delle competenze, la rendicontazione pubblica delle spese, la rinuncia ai contributi elettorali, la rinuncia all’assegno di fine mandato, la restituzione delle indennità corrisposte e non utilizzate, ecc. ecc. Basterebbero queste semplici innovazioni per garantire un risparmio per lo Stato di circa 500 milioni di euro … reali e non fantasiosi.
Euro
Mazzi
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