La
delibera con cui nei prossimi giorni i vari organi consiliari dei Comuni soci
di Acam decideranno sulla incorporazione delle società del Gruppo con un
soggetto “industriale” più grande stabilisce alcuni elementi di carattere
industriale che saranno contenuti nell’avviso pubblico per individuare il
soggetto incorporante.
Preliminarmente
viene stabilito il principio che si dovrà valutare, in via prevalente rispetto
alla offerta economica sul valore base di 58 milioni, la capacità
dell’operatore di raggiungere gli
obiettivi indicati nella parte
“ottimizzata” del Piano Industriale del Gruppo Acam (allegato alla
delibera), oltre a “garantire capacità di
diversificazione e sviluppo delle attività e servizi
strumentali, valorizzando le competenze
oggi presenti nel Gruppo ACAM”.
Questo
aspetto è assai importante, poiché non si tratta solo di mettere la parola
“fine” alla storia di Acam, ma di comprendere come il nuovo soggetto
incorporante sarà in grado di svolgere (possibilmente in meglio) le attuali
funzioni di Acam.
Il Piano
Industriale ottimizzato di Acam. Questo Piano prevede per il servizio
idrico integrato maggiori investimenti al fine di: “Ridurre il grado di obsolescenza
ed il gap impiantistico; Valorizzare
il livello di investimenti da parte
della società; Ridurre le percentuali di perdite
acqua, in funzione degli investimenti realizzati, sia al fine di tutela
della risorsa che ai fini di una contrazione dei costi di produzione ed in
particolare energetici”. In particolare viene previsto: “Copertura del servizio fognatura e
depurazione attraverso estendimenti di
reti fognarie oggi non servite e potenziamento
sistema depurativo; Sostituzione massiva
di sistemi di misurazione dei volumi idrici”. Tali obiettivi implicano fra
l’altro maggiori investimenti nel periodo 2018/2027 per euro 24.5 mln, dei
quali l’85% realizzati nel periodo 2018/2025 e la restante parte nei due anni
successivi.
Per
quanto riguarda il ciclo integrato dei rifiuti il Piano prevede: “Consolidare il presidio territoriale servito (Provincia della Spezia) e attuare sinergie operative ed industriali in
un’ottica di “filiera integrata; Attuare piani di investimento nel settore dell’igiene urbana volti ad ottimizzare e
migliorare la qualità del servizio”. In particolare viene previsto: “Potenziamento ulteriore della raccolta
differenziata con focus sulla raccolta
del vetro e ottimizzazione del decoro
urbano; Costruzione e gestione di isole
ecologiche fisse in almeno 9 comuni della Provincia; Revisione del modello
di pulizia stradale con valutazioni
organizzative sulle varie fasi afferenti lo spazzamento, lavaggio e
manutenzione aree verdi; Acquisto entro la fine del 2017 con gara ad evidenza
pubblica di 55 automezzi che nello
scenario base sono previsti a noleggio e possibili ulteriori acquisti in
sostituzione di 20 mezzi in proprietà”.
Tali obiettivi implicano fra l’altro circa euro 12 mln di maggiori investimenti
nel periodo 2017/2021;
Per
quanto riguarda il Gruppo nel suo complesso il Piano prevede: “Traguardare il miglioramento e la diversificazione di attività in grado di
garantire al meglio la sostenibilità del Gruppo e gli attuali livelli
occupazionali”.
In
sostanza il Piano Industriale di Acam è incentrato sugli investimenti; infatti si afferma
che elemento preponderante nella scelta “saranno maggiori investimenti” sia
nel settore idrico che in quello ambientale, in quanto sono obiettivi oggi non raggiungibili per una ACAM da sola.
In
realtà se si confrontano i dati del Piano “base” con quello “ottimizzato” si
scopre che nel periodo 2017-2021 la differenza consiste in maggiori investimenti per 38.6 milioni e nella loro anticipazione (23.9 milioni realizzati negli
anni 2018-2019). L’entità e la tempistica degli investimenti sono aspetti
importanti, ma non tali da giustificare
la fine di Acam e del suo presidio territoriale.
Se
è vero che “È necessario pensare a come
reperire maggiori risorse finanziarie
e competenze industriali, stanti le
necessità di incremento dei livelli dei servizi come sopra prospettati”, altrettanto
è vero che con la incorporazione si mette definitivamente fine all’esperienza
di Acam e soprattutto al radicamento nel
territorio provinciale.
Nonostante
una vita travagliata negli anni 2000-2013, sfociata nel 2013 nella procedura
concorsuale di ristrutturazione del debito, Acam ha ottenuto negli anni
2014-2016 un miglioramento economico e finanziario conseguito non solo con la
vendita di partecipazioni (Acam Gas e Acam Clienti) e di beni, ma anche con
riduzione di costi e miglioramenti gestionali e, soprattutto, mettendo in
secondo piano le ingerenze “partitiche”,
evidenziando così che la strada giusta era stata iniziata e poteva/doveva proseguire con più intensità …
ma le necessità “partitiche” ora
spingono verso l’incorporazione.
Alcune
affermazioni contenute nella delibera appaiono eccessivamente ottimistiche, come per esempio quella riguardante la
riduzione o eliminazione delle “problematiche
riguardanti i livelli occupazionali e
la presenza di liste di esuberi”
poiché non tiene conto delle problematiche presenti nell’incorporante e nella
sua necessità di procedere a riorganizzazioni e riduzione dei costi.
Inoltre,
incentrare l’attenzione sugli investimenti
significa richiedere ai risparmiatori e/o alle banche l’erogazione di finanziamenti e, conseguentemente,
occorre porre attenzione al livello di indebitamento del richiedente.
Sotto
questo profilo per Acam tali investimenti sono connessi al Piano di rientro dal
suo eccessivo indebitamento che lo aveva costretto a ricorrere nel 2013 alla
procedura concorsuale di ristrutturazione
dei debiti (ex art. 182 della legge fallimentare); in tale contesto gli
investimenti sono inversamente proporzionali al pagamento del vecchio debito e,
quindi, sono più lenti e protratti nel tempo.
Ma
anche l’incorporante potrebbe avere problemi di indebitamento; per esempio Iren ha un indebitamento elevato ed è
alle prese con un piano di
riorganizzazione volto a ridurre i
costi per liberare risorse da destinare proprio ai suoi progetti di nuovi
investimenti quantificati in circa 1,8 miliardi.
Sia
Acam che Iren hanno non solo la necessità di ridurre i costi (specie quelli operativi e quindi anche il costo
del lavoro), ma puntano su costanti
aumenti tariffari proprio per permettere una redditività nonostante il
pagamento di elevati oneri finanziari
derivanti dall’indebitamente conseguente ai vecchi investimenti.
Quindi,
sia il Piano industriale di Acam che quello di Iren prevedono (di fatto)
ricadute pesanti sui cittadini (col mantenimento o l’aumento delle tariffe) e
sui lavoratori (esuberi, riduzione costo), ma soprattutto mirano a mantenere il controllo territoriale dei
servizi urbani (acqua, gas, elettricità, rifiuti, ecc.) attraverso gli
affidamenti “in house” che permettono
di non sottoporsi a gare con concorrenti esterni, mantenendo di fatto un “monopolio”
e, conseguentemente, tariffe più elevate rispetto a quelle possibili in un
mercato pienamente concorrenziale.
Post Gara. La
delibera, infine, assume positivamente l’impegno a sottoporre ai vari Consigli dei
Comuni soci, a valle della selezione del soggetto incorporante, il documento di
accordo quadro che conterrà in via
indicativa i seguenti elementi: “Regole
statutarie; Accordi e patti parasociali; Disciplina degli elementi ed obblighi
industriali e di servizio che hanno implicato la individuazione dell’operatore
economico; Quantificazione di valori e rapporti di concambio; Caratteristiche e
regolazione della operazione straordinaria da attuare”.
Occorre
sottolineare, però, che a quel punto sarà assai difficile poter eventualmente
tornare indietro, poiché si esporrebbero i soci (i Comuni) al rischio di
eventuali richieste di danni e rimborso
spese.
Troppa fretta, tanta superficialità. Ecco
perché l’approfondimento e il dibattito
sarebbero stati utili ora, cioè prima della delibera, i cui aspetti
problematici sono stati evidenziati in queste cinque puntate; invece è stato
avviato un percorso “accelerato” nei
tempi, oscuro nella scarsezza del
dibattito, povero di analisi e
di confronti per la pochezza della
documentazione fornita.
La fine di Acam e il fallimento di una classe dirigente. Con
l’incorporazione di Acam si chiuderà
una vicenda nata all’inizio del 2000 con la vuota prosopopea della “Grande Acam”,
naufragata poi in un mare di debiti. Ma non dovrebbe finire solo Acam … sarebbe
giusto “fare i conti” con una classe dirigente inadeguata (politici,
manager, sindacalisti, imprenditori, ecc.) che hanno in questi anni
“pontificato” e “prosperato” sulle spalle dei cittadini e dei lavoratori di Acam
… gli unici fino a oggi a pagare il conto.
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