La
delibera con cui nei prossimi giorni i vari organi consiliari dei Comuni soci
di Acam decideranno sull’incorporazione delle sue società, stabilisce alcune
caratteristiche che deve avere il soggetto “industriale” più grande che potrà incorporarle.
Queste
caratteristiche riguardano, da una parte, la sua composizione sociale (“La
maggioranza degli enti pubblici soci nel capitale sociale”), dall’altra,
alcuni requisiti dimensionali (“Gestire i Servizi del ciclo integrato dei
rifiuti e idrico integrato in almeno un ambito con 200 mila abitanti; Avere
ricavi per cessioni e prestazioni di servizio rispettivamente per il servizio
idrico integrato e ciclo integrato dei rifiuti pari almeno a 1,5 volte il
valore medio negli ultimi tre bilanci di esercizio approvati rispettivamente da
ACAM Acque ed ACAM Ambiente; Avere un Patrimonio netto di Gruppo almeno pari a
2 volte quello del Gruppo ACAM al 31/12/2015 come da bilancio approvato; Avere
un rapporto tra Posizione Finanziaria Netta e Margine Operativo Lordo inferiore
a 4,7 volte (dato Gruppo ACAM al 31/12/2015)”).
Diciamo
subito che Iren ha tutte queste caratteristiche (del resto la delibera viene
dopo la manifestazione di interesse di Iren del giugno 2016), ma un esame più
approfondito della realtà organizzativa ed economica del Gruppo Iren rivela alcuni aspetti problematici che vanno
tenuti in considerazione prima di prendere
una “facile” decisione.
LA
COMPOSIZIONE SOCIALE DI IREN. Attualmente i vari soci pubblici
di Iren controllano il 53,94% delle azioni con diritto di voto, ma il 49,95% dell’intero
capitate sottoscritto e versato (vedere il precedente post http://appunticorsari.blogspot.it/2017/02/far-incorporare-acam-per-entrare-nella.html#more). Questa
situazione è, però, in continua evoluzione, poiché alcuni Comuni per far fronte
alle loro situazioni finanziarie deficitarie devono “fare cassa” e la vendita
di azioni Iren rientra tra le possibili soluzioni (come ha fatto per esempio il
Comune di Parma).
Infatti,
in data 9/5/2016 è stata approvata la modifica allo statuto sociale di Iren con
l'introduzione nella governance
societaria del cosiddetto “voto maggiorato” (cioè alcuni voti varranno il doppio)
limitatamente ad alcune questioni: - Nomina e revoca dei membri del Consiglio
di Amministrazione e del Collegio Sindacale; - Azione di responsabilità
nei confronti dei membri dei suddetti organi; -
Modifiche allo Statuto riguardanti il voto maggiorato; - Modifiche agli obblighi ed ai limiti di possesso azionario da parte dei Soggetti Pubblici. Il voto maggiorato spetterà alle azioni detenute da un medesimo azionista per almeno 24 mesi e per le quali sia stata richiesta l'iscrizione in un apposito elenco. Scopo ufficiale di questo “voto maggiorato” è favorire la fidelizzazione e la stabilizzazione dell'azionariato, ma in realtà permette di abbassare la quota pubblica sotto al 51%, scendendo fino al 40%, cioè di fatto si da il via ad una privatizzazione strisciante di Iren, con la conseguenza della perdita del legame con il territorio e con gli interessi per le città e i cittadini, essendo vincolato solo a logiche economiche e finanziarie.
Modifiche allo Statuto riguardanti il voto maggiorato; - Modifiche agli obblighi ed ai limiti di possesso azionario da parte dei Soggetti Pubblici. Il voto maggiorato spetterà alle azioni detenute da un medesimo azionista per almeno 24 mesi e per le quali sia stata richiesta l'iscrizione in un apposito elenco. Scopo ufficiale di questo “voto maggiorato” è favorire la fidelizzazione e la stabilizzazione dell'azionariato, ma in realtà permette di abbassare la quota pubblica sotto al 51%, scendendo fino al 40%, cioè di fatto si da il via ad una privatizzazione strisciante di Iren, con la conseguenza della perdita del legame con il territorio e con gli interessi per le città e i cittadini, essendo vincolato solo a logiche economiche e finanziarie.
L’aspetto
più problematico rimane l’effettiva
capacità di “controllo pubblico” su una società così “grande” come Iren Spa
(una società multiservizi quotata in Borsa); il controllo rischia di essere solo formale e superficiale limitato alla
nomina dei manager e alle linee strategiche di fondo.
Del
resto, accanto ad una maggioranza pubblica del 53% vi è già oggi una fetta
consistente di azioni che sono nelle mani di soci/investitori privati.
Soprattutto
occorre tener presente che il controllo pubblico è il frutto della somma di
tante quote possedute da una miriade di
Comuni grandi e piccoli, i quali sono soggetti a elezioni (normalmente ogni
5 anni) con il “rischio” di una modifica dei propri assetti (cambio di sindaci
e di maggioranze). I due “patti di sindacato” stipulati in data 9/5/2016 (tra
Finanziaria Sviluppo Utilities Srl e altri 64 Soci Pubblici Emiliani, da una
parte, e tra gli stessi 64 Soci Pubblici Emiliani) mirano non tanto ad un
controllo effettivo, ma ad assicurare
un'unità di comportamento e una disciplina nelle decisioni più importanti.
Molti
servizi gestiti da Iren sono “in house”
(cioè assegnati senza gara pubblica) che presuppongono l’esistenza di un “controllo analogo” che i Comuni interessati di fatto non
esercitano, né sono in grado di poter svolgere.
In
sostanza, i vari sindaci di fatto non hanno il “controllo effettivo” di Iren, in quanto oramai le decisioni “operative e gestionali” sono totalmente in
mano ai manager aziendali che pongono “doverosamente”
attenzione alle esigenze del mercato e degli operatori e analisti di Borsa.
Ecco
quindi che limitarsi ad indicare la mera quota del 51% di controllo pubblico
risulta essere un criterio del tutto inadatto,
fuorviante e anacronistico per realtà così grandi come è appunto Iren.
I
REQUISITI DIMENSIONALI. La ricerca di un soggetto industriale avente una
superiore capacità di gestione rispetto al Gruppo ACAM attuale è perfettamente comprensibile, ma i parametri indicati sono pochi e
superficiali.
Nel
2015 Iren ha avuto 2.094 €/M di ricavi (rispetto ai 124 €/M di Acam), conseguendo
utili per 140 €/M (rispetto ai 2,6 €/M di Acam); Iren è, quindi, una realtà nettamente più grande di Acam e con
risultati migliori (come ben evidenzia la tabella); ma “non tutto quel che luccica è
oro” …
Iren
presenta un elevato
livello di indebitamento: l’indebitamento Finanziario Netto al
31/12/2015 si attesta a 2.169 milioni di euro, in riduzione di circa 117
milioni rispetto al 2014. Il Piano industriale (2015-20) prevede “un decremento rilevante dell’indebitamento
che unitamente alla crescita dell’EBITDA porterà a fine periodo di piano ad una
drastica riduzione (circa il 38%) del Rapporto Indebitamento Finanziario Netto/EBITDA”.
Questo elevato indebitamento espone il Gruppo IREN “alle fluttuazioni dei tassi d’interesse soprattutto per quanto
concerne la misura degli oneri finanziari”.
Il
16/6/2015 il CdA di IREN S.p.A. ha approvato il Piano Industriale 2015-2020 del Gruppo, in cui sono previsti nuovi investimenti:
“quantificati in circa 1,8 miliardi di euro, di cui 630
milioni di euro in sviluppo (…) 450 milioni di euro (… in) progetti aventi caratteristiche
tecnologiche innovative”; ma questi nuovi investimenti comporteranno un
aumento dell’indebitamento.
Il
Piano Industriale 2015-2020 prevede (inevitabilmente)
una forte riduzione
di costi attraverso: a) “la
semplificazione del modello di business” (Business Unit Energia, Mercato, Reti, Ambiente), cioè l’avvio di un
progetto operativo di razionalizzazione
della struttura societaria di Gruppo, con un accentramento della maggior parte delle società e una riduzione significativa del loro numero
per determinare una riduzione dei costi
operativi, una maggior chiarezza
nella responsabilità dei risultati, favorendo una maggiore integrazione; b) aumento dell’efficienza e dei risparmi interni alle società del Gruppo.
In
data 15/10/2015 l’agenzia Fitch ha comunicato di aver assegnato al Gruppo IREN
il rating di tipo “accettabile” (Investment Grade. BBB-,
con outlook stabile) sulla base
proprio del Piano Industriale orientato all’efficientamento,
all’integrazione ed alla riduzione del debito.
Queste
brevi e sintetiche considerazioni evidenziano come Iren, dopo aver proceduto
con continue “aggregazioni” di varie
società, abbia ora la necessità di ridurre
i costi e l’indebitamento, ampliando i ricavi (anche con nuove
aggregazioni), ma razionalizzando le
società e, conseguentemente, come sarà nel tempo assai difficile rispettare
la “promessa” di mantenere un “presidio”
spezzino delle società del Gruppo Acam, nonché il rispetto dei locali patti
sindacali.
In
tale delicato contesto si inserisce la previsione di un aumento del capitale sociale del 3% (demandato al CdA) per favorire
nuove acquisizioni o aggregazioni con piccole realtà pubbliche aziendali che
non superano questa cifra (per esempio appunto con il gruppo Acam), evitando
così le possibili polemiche di una discussione in ogni Consiglio Comunale dei
Comuni soci di Iren. Tale aumento di capitale potrebbe essere offerto in
sottoscrizione solo a soggetti pubblici o a fronte di conferimento di aziende
pubbliche o rami di aziende pubbliche connessi all'oggetto sociale di IREN.
Insomma,
se Iren possiede le caratteristiche “dimensionali”
idonee a “incorporare” il Gruppo Acam, le peculiarità del Gruppo con sede a
Reggio Emilia (53% in mano a molti enti
pubblici), nonché la presenza di alcune problematiche (indebitamento elevato, processo di razionalizzazione in corso, necessità
di forti riduzione dei costi) imporrebbero una valutazione attenta dell’operazione di incorporazione messa ora
in delibera nei prossimi Consigli Comunali.
In
particolare, dovrebbero essere maggiormente
approfonditi eventuali altri percorsi alternativi alla incorporazione, incentrati nella continuità non tanto del Gruppo (che oramai non ha più alcun senso),
quanto nella riorganizzazione in una sola azienda (quindi incorporando tutte le
varie società del Gruppo in Acam Spa) articolata al suo interno in divisioni di prodotto
(Rifiuti e Acqua), rendendo più efficiente la gestione operativa della società, continuando a pagare i debiti pregressi e via via incrementando gli investimenti; per uno sviluppo graduale, ma pienamente collocato nel territorio.
Incomprensibilmente,
però, i Sindaci e il gruppo dirigente di Acam hanno “fretta”, dimenticandosi
del detto che “Chi ha fretta mostra che
la cosa che sta per fare è troppo grande per lui” ...
Mazzi Euro
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