L’analisi
della riforma costituzionale (definitivamente approvata nell’aprile 2016 e
oggetto del referendum) ha un titolo: “Disposizioni
per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei
parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, …”;
è un titolo accattivante che verrà
riportato nella scheda referendaria; è un titolo che ammicca alla protesta diffusa contro le lentezze parlamentari e i costi
della politica; un titolo che potrà dare agli elettori una certa
indicazione, non interamente scevra da considerazioni
di tipo populistico.
In
sostanza, i partiti di governo stanno utilizzando elementi di propaganda populista, largamente diffusi
nell’opinione pubblica per mistificare la realtà: il Paese va male,
l’economia è ferma, la crisi distrugge le speranze delle nuove generazioni, per
il modo in cui è organizzata la legislazione nelle istituzioni repubblicane;
perché il Parlamento è democraticamente elettivo e il bicameralismo è perfetto;
e perché le Regioni hanno la competenza concorrente, sarebbero litigiose e,
infine, mancherebbe la possibilità per il Governo di agire liberamente e senza
vincoli per affrontare i problemi dell’economia e della società italiana. Sicuramente questi sono alcuni dei tanti problemi
esistenti, ma non sono la causa dei mali; soprattutto i contenuti della riforma
costituzionale non corrispondono esattamente al titolo e la realtà delle norme,
deludendo le aspettative sollevate dal titolo stesso. Esaminiamo alcuni punti.
L’ILLUSIONE DEL SUPERAMENTO
DEL BICAMERALISMO PERFETTO
Con
questa proposta di modifica costituzionale non
si supera il bicameralismo, per il semplice fatto che il Senato rimane, per
quanto trasformato per: la modalità di elezione; la composizione numerica; la
compartecipazione - che viene soppressa - alla relazione fiduciaria con il
Governo; la partecipazione al procedimento legislativo, che diviene di
"proposta di modifiche" per le leggi normali e di piena
partecipazione per alcune tipologie di leggi.
Quindi,
non si tratta di superamento del
bicameralismo, ma di trasformazione da “perfetto”
a “differenziato”, ma sempre di bicameralismo si tratta
e, conseguentemente, la premessa del titolo incentrata sul “superamento” del
bicameralismo è quanto meno parzialmente disattesa.
LA
RAPPRESENTANZA DIFFERENZIATA
Il
nuovo art. 55 prevede che “Ciascun membro
della Camera dei deputati rappresenta la Nazione”, attribuisce la
titolarità del rapporto di fiducia con il Governo alla sola Camera dei
deputati, la quale esercita la “funzione
di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo
dell’operato del Governo”.
Il
Senato “rappresenta le istituzioni
territoriali” e il nuovo art. 57 stabilisce che è composto da 95 senatori
rappresentativi delle istituzioni territoriali (oltre a 5 senatori di nomina
presidenziale e agli ex Presidenti della Repubblica e attuali senatori a vita)
eletti dai Consigli regionali, in conformità alle scelte espresse dagli
elettori. I senatori cessano, dunque, di condividere con i deputati la
rappresentanza della Nazione. Per il Senato, dunque, oltre a diminuire in
maniera rilevante il numero dei componenti (erano 315 senatori diventano 100), l’elezione popolare diretta viene
sostituita, per 95 membri, da un’elezione di secondo grado, cioè nominati
dai Consigli Regionali, mentre fino a 5 senatori sono di nomina presidenziale. Solo per la Camera rimane l’elezione
popolare diretta.
Con
la nuova impostazione, i senatori nominati devono mantenere la titolarità di una carica elettiva regionale o locale
(consigliere regionale o sindaco) e, dunque, svolgono un duplice ruolo istituzionale (nel proprio territorio e
nel Senato); conseguentemente, il Senato non potrà essere oggetto di
scioglimento e si configurerà come organo
a rinnovo parziale continuo, in base alla scadenza dei suoi componenti.
Tale scadenza, dunque, sarà in funzione del mandato territoriale. I senatori di nomina presidenziale, invece,
restano in carica sette anni (e non a vita come in precedenza) e non
possono essere nuovamente nominati.
Insomma,
la rappresentanza diversificata, le modalità di elezione differenti, il diverso
numero di componenti (630 deputati, 100 senatori oltre ai senatori a vita)
rappresentano un bicameralismo
differenziato con una Camera dei Deputati che mantiene un vero peso
politico e istituzionale e un Senato
estremamente indebolito e con un misto confuso di competenze, con membri che si
devono dividere con i loro ruoli istituzionali territoriali di origine.
IL PROCEDIMENTO
LEGISLATIVO DIFFERENZIATO
Il
nuovo articolo 70 della Costituzione elimina la posizione paritaria delle due
Camere nell’esercizio del potere legislativo, differenziando i poteri di Camera e di Senato nella formazione delle
leggi, distinguendoli in funzione delle tipologie dei disegni di legge oggetto
di esame.
Il
nuovo procedimento legislativo si fonda dunque sulla seguente ripartizione:
a)
procedimento
bicamerale: è applicabile solo a determinate categorie di leggi,
per queste leggi rimane il ruolo paritario di Camera e Senato, che esercitano
collettivamente e con gli stessi poteri la funzione legislativa, come nel
sistema attualmente vigente. Questi disegni
di legge dovranno dunque essere approvati, nel medesimo testo, da entrambi i rami del Parlamento. Queste
tipologie di leggi “bicamerali” possono essere ricondotte a tre grandi
categorie:
1)
Leggi “di sistema” o di garanzia: si
tratta di leggi che incidono su aspetti fondamentali dell’assetto
costituzionale o che danno diretta attuazione a disposizioni costituzionali
(es. leggi di revisione costituzionale e altre leggi costituzionali), disposizioni
costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum
popolari e le altre forme di consultazione, ratifica dei trattati europei e forme
e termini della partecipazione alle politiche europee).
2)
Leggi relative al Senato o allo status
dei senatori.
3)
Leggi sull’ordinamento degli enti
territoriali (Comuni, Città metropolitane e Regioni, con
tendenziale
esclusione della regolamentazione dei profili di carattere finanziario).
b)
procedimento
monocamerale “partecipato”: è il procedimento applicabile alla generalità
dei disegni di legge (dunque a tutti i disegni di legge, salvo quelli per cui
sia previsto un procedimento diverso). In tal caso, l’approvazione spetta alla
sola Camera dei deputati ferma restando la possibilità di un intervento del
Senato nel corso dell’iter legislativo: su richiesta di un terzo dei propri
componenti, il Senato può disporre, entro 10 giorni dalla trasmissione del
testo da parte della Camera, l’esame del disegno di legge. Entro i successivi
30 giorni, il Senato può deliberare proposte di modificazione, sulle quali la
Camera si pronuncerà in via definitiva.
b1)
procedimento
monocamerale “rinforzato”: si applica esclusivamente alle leggi che
danno applicazione alla cd. “clausola di
supremazia” in attuazione dell’art. 117, quarto comma. Si differenzia dal
procedimento monocamerale “partecipato” in quanto: • l’esame da parte del
Senato – entro 10 giorni dalla trasmissione della Camera – è disposto a
prescindere dalla richiesta di un terzo dei componenti; • ove il Senato
proponga modificazioni a maggioranza assoluta dei componenti, la Camera può non
conformarsi ad esse solo pronunciandosi a sua volta, nella votazione finale, a
maggioranza assoluta dei propri componenti.
b2)
procedimento
monocamerale di bilancio: si applica alle leggi di bilancio. Si
differenzia dal procedimento monocamerale “partecipato” in quanto: • l’esame da
parte del Senato è automatico;
•
le proposte di modificazione da parte del Senato devono essere deliberate entro
15 giorni dalla trasmissione, anziché entro 30 giorni.
Un commento
conclusivo.
Insomma,
la proposta di riforma costituzionale configura una pluralità di procedimenti legislativi differenziati a seconda
delle diverse modalità di intervento del nuovo Senato (leggi bicamerali, leggi
monocamerali ma con possibilità di emendamenti da parte del Senato,
differenziate a seconda che tali emendamenti possano essere respinti dalla
Camera a maggioranza semplice o a maggioranza assoluta), con rischi di incertezze e conflitti, di tempi comunque lunghi e di
confusione. La maggiore complessità dei procedimenti legislativi comporterà
probabilmente un aumento significativo dei casi di denuncia delle leggi per vizi formali, o per vizi derivanti da
modalità di esercizio del potere legislativo contrastanti con la Costituzione
con conseguente sovra carico di lavoro
per la Corte Costituzionale, con gravi conseguenze da una eventuale
pronuncia di accoglimento.
Soprattutto,
ciò che non si comprende è come due
Camere elette e composte in modo differente possono avere per alcune legge medesimi
compiti in campo legislativo; tale circostanza appare un modo incoerente e sbagliato di intendere il superamento del
cosiddetto bicameralismo perfetto (al quale peraltro sarebbe improprio
addebitare la causa principale delle disfunzioni osservate nel nostro sistema
istituzionale).
Il
carattere bicamerale paritario su alcune leggi è stato criticato proprio per il
fatto del diverso carattere rappresentativo del Senato rispetto alla Camera; si tratta di una obiezione indubbiamente
forte e fondata.
Infatti,
avremo deputati che “rappresentano la
Nazione” e senatori che “rappresentano
istituzioni territoriali” (cioè una parte della Nazione); con queste
rappresentanze diverse verranno legiferate insieme le leggi fondamentali dello
Stato … è una evidente contraddizione anche perché i cittadini non eleggeranno direttamente i senatori, poiché spetterà ai
“rafforzati” gruppi politici in seno ai consigli regionali.
Un’altra
criticità del nuovo iter legislativo sembra essere quella di attribuire al
nuovo Senato un ruolo sostanzialmente
consultivo nella legislazione ordinaria, peraltro col rischio di scarsa incisività tenuto conto dell’esiguo termine
assegnato per l’esame da parte del Senato, con un intervento che potrebbe
divenire anche un inutile aggravamento procedurale, magari secondo un’ottica
dilatoria delle opposizioni, senza che ciò possa consentire un’adeguata tutela
alle autonomie territoriali.
Su
quest’ultimo aspetto, alcuni giuristi hanno criticato questa riforma proprio
perché il nuovo Senato: “Invece di dare
vita ad una seconda Camera che sia reale espressione delle istituzioni
regionali, dotata dei poteri necessari per realizzare un vero dialogo e
confronto fra rappresentanza nazionale e rappresentanze regionali sui temi che
le coinvolgono, si è configurato un
Senato estremamente indebolito, privo delle funzioni essenziali per
realizzare un vero regionalismo cooperativo”.
Con
la logica del “purché si faccia” non può funzionare uno Stato, così come non
basta l’intento simbolico di riduzione dei costi e di semplificazione, per
evitare che questa riforma non divenga l’ennesimo esempio di controriforma che
finisce con il peggiorare il funzionamento generale del sistema istituzionale,
deteriorando ancor di più la qualità democratica del nostro ordinamento.
Euro
Mazzi
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