mercoledì 4 maggio 2016

IL NUOVO SENATO: UNA (CONTRO)RIFORMA CONFUSA E POCO INCISIVA (prima parte)

L’analisi della riforma costituzionale (definitivamente approvata nell’aprile 2016 e oggetto del referendum) ha un titolo: “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, …”; è un titolo accattivante che verrà riportato nella scheda referendaria; è un titolo che ammicca alla protesta diffusa contro le lentezze parlamentari e i costi della politica; un titolo che potrà dare agli elettori una certa indicazione, non interamente scevra da considerazioni di tipo populistico.

In sostanza, i partiti di governo stanno utilizzando elementi di propaganda populista, largamente diffusi nell’opinione pubblica per mistificare la realtà: il Paese va male, l’economia è ferma, la crisi distrugge le speranze delle nuove generazioni, per il modo in cui è organizzata la legislazione nelle istituzioni repubblicane; perché il Parlamento è democraticamente elettivo e il bicameralismo è perfetto; e perché le Regioni hanno la competenza concorrente, sarebbero litigiose e, infine, mancherebbe la possibilità per il Governo di agire liberamente e senza vincoli per affrontare i problemi dell’economia e della società italiana. Sicuramente questi sono alcuni dei tanti problemi esistenti, ma non sono la causa dei mali; soprattutto i contenuti della riforma costituzionale non corrispondono esattamente al titolo e la realtà delle norme, deludendo le aspettative sollevate dal titolo stesso. Esaminiamo alcuni punti.
L’ILLUSIONE DEL SUPERAMENTO DEL BICAMERALISMO PERFETTO
Con questa proposta di modifica costituzionale non si supera il bicameralismo, per il semplice fatto che il Senato rimane, per quanto trasformato per: la modalità di elezione; la composizione numerica; la compartecipazione - che viene soppressa - alla relazione fiduciaria con il Governo; la partecipazione al procedimento legislativo, che diviene di "proposta di modifiche" per le leggi normali e di piena partecipazione per alcune tipologie di leggi.
Quindi, non si tratta di superamento del bicameralismo, ma di trasformazione da “perfetto” a “differenziato”, ma sempre di bicameralismo si tratta e, conseguentemente, la premessa del titolo incentrata sul “superamento” del bicameralismo è quanto meno parzialmente disattesa.
LA RAPPRESENTANZA DIFFERENZIATA
Il nuovo art. 55 prevede che “Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione”, attribuisce la titolarità del rapporto di fiducia con il Governo alla sola Camera dei deputati, la quale esercita la “funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo”.
Il Senato “rappresenta le istituzioni territoriali” e il nuovo art. 57 stabilisce che è composto da 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali (oltre a 5 senatori di nomina presidenziale e agli ex Presidenti della Repubblica e attuali senatori a vita) eletti dai Consigli regionali, in conformità alle scelte espresse dagli elettori. I senatori cessano, dunque, di condividere con i deputati la rappresentanza della Nazione. Per il Senato, dunque, oltre a diminuire in maniera rilevante il numero dei componenti (erano 315 senatori diventano 100), l’elezione popolare diretta viene sostituita, per 95 membri, da un’elezione di secondo grado, cioè nominati dai Consigli Regionali, mentre fino a 5 senatori sono di nomina presidenziale. Solo per la Camera rimane l’elezione popolare diretta.
Con la nuova impostazione, i senatori nominati devono mantenere la titolarità di una carica elettiva regionale o locale (consigliere regionale o sindaco) e, dunque, svolgono un duplice ruolo istituzionale (nel proprio territorio e nel Senato); conseguentemente, il Senato non potrà essere oggetto di scioglimento e si configurerà come organo a rinnovo parziale continuo, in base alla scadenza dei suoi componenti. Tale scadenza, dunque, sarà in funzione del mandato territoriale. I senatori di nomina presidenziale, invece, restano in carica sette anni (e non a vita come in precedenza) e non possono essere nuovamente nominati.
Insomma, la rappresentanza diversificata, le modalità di elezione differenti, il diverso numero di componenti (630 deputati, 100 senatori oltre ai senatori a vita) rappresentano un bicameralismo differenziato con una Camera dei Deputati che mantiene un vero peso politico e istituzionale e un Senato estremamente indebolito e con un misto confuso di competenze, con membri che si devono dividere con i loro ruoli istituzionali territoriali di origine.
IL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO DIFFERENZIATO
Il nuovo articolo 70 della Costituzione elimina la posizione paritaria delle due Camere nell’esercizio del potere legislativo, differenziando i poteri di Camera e di Senato nella formazione delle leggi, distinguendoli in funzione delle tipologie dei disegni di legge oggetto di esame.
Il nuovo procedimento legislativo si fonda dunque sulla seguente ripartizione:
a) procedimento bicamerale: è applicabile solo a determinate categorie di leggi, per queste leggi rimane il ruolo paritario di Camera e Senato, che esercitano collettivamente e con gli stessi poteri la funzione legislativa, come nel sistema attualmente vigente. Questi disegni di legge dovranno dunque essere approvati, nel medesimo testo, da entrambi i rami del Parlamento. Queste tipologie di leggi “bicamerali” possono essere ricondotte a tre grandi categorie:
1) Leggi “di sistema” o di garanzia: si tratta di leggi che incidono su aspetti fondamentali dell’assetto costituzionale o che danno diretta attuazione a disposizioni costituzionali (es. leggi di revisione costituzionale e altre leggi costituzionali), disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari e le altre forme di consultazione, ratifica dei trattati europei e forme e termini della partecipazione alle politiche europee).
2) Leggi relative al Senato o allo status dei senatori.
3) Leggi sull’ordinamento degli enti territoriali (Comuni, Città metropolitane e Regioni, con
tendenziale esclusione della regolamentazione dei profili di carattere finanziario).
b) procedimento monocamerale “partecipato”: è il procedimento applicabile alla generalità dei disegni di legge (dunque a tutti i disegni di legge, salvo quelli per cui sia previsto un procedimento diverso). In tal caso, l’approvazione spetta alla sola Camera dei deputati ferma restando la possibilità di un intervento del Senato nel corso dell’iter legislativo: su richiesta di un terzo dei propri componenti, il Senato può disporre, entro 10 giorni dalla trasmissione del testo da parte della Camera, l’esame del disegno di legge. Entro i successivi 30 giorni, il Senato può deliberare proposte di modificazione, sulle quali la Camera si pronuncerà in via definitiva.
b1) procedimento monocamerale “rinforzato”: si applica esclusivamente alle leggi che danno applicazione alla cd. “clausola di supremazia” in attuazione dell’art. 117, quarto comma. Si differenzia dal procedimento monocamerale “partecipato” in quanto: • l’esame da parte del Senato – entro 10 giorni dalla trasmissione della Camera – è disposto a prescindere dalla richiesta di un terzo dei componenti; • ove il Senato proponga modificazioni a maggioranza assoluta dei componenti, la Camera può non conformarsi ad esse solo pronunciandosi a sua volta, nella votazione finale, a maggioranza assoluta dei propri componenti.
b2) procedimento monocamerale di bilancio: si applica alle leggi di bilancio. Si differenzia dal procedimento monocamerale “partecipato” in quanto: • l’esame da parte del Senato è automatico;
• le proposte di modificazione da parte del Senato devono essere deliberate entro 15 giorni dalla trasmissione, anziché entro 30 giorni.
Un commento conclusivo.
Insomma, la proposta di riforma costituzionale configura una pluralità di procedimenti legislativi differenziati a seconda delle diverse modalità di intervento del nuovo Senato (leggi bicamerali, leggi monocamerali ma con possibilità di emendamenti da parte del Senato, differenziate a seconda che tali emendamenti possano essere respinti dalla Camera a maggioranza semplice o a maggioranza assoluta), con rischi di incertezze e conflitti, di tempi comunque lunghi e di confusione. La maggiore complessità dei procedimenti legislativi comporterà probabilmente un aumento significativo dei casi di denuncia delle leggi per vizi formali, o per vizi derivanti da modalità di esercizio del potere legislativo contrastanti con la Costituzione con conseguente sovra carico di lavoro per la Corte Costituzionale, con gravi conseguenze da una eventuale pronuncia di accoglimento.
Soprattutto, ciò che non si comprende è come due Camere elette e composte in modo differente possono avere per alcune legge medesimi compiti in campo legislativo; tale circostanza appare un modo incoerente e sbagliato di intendere il superamento del cosiddetto bicameralismo perfetto (al quale peraltro sarebbe improprio addebitare la causa principale delle disfunzioni osservate nel nostro sistema istituzionale).
Il carattere bicamerale paritario su alcune leggi è stato criticato proprio per il fatto del diverso carattere rappresentativo del Senato rispetto alla Camera; si tratta di una obiezione indubbiamente forte e fondata.
Infatti, avremo deputati che “rappresentano la Nazione” e senatori che “rappresentano istituzioni territoriali” (cioè una parte della Nazione); con queste rappresentanze diverse verranno legiferate insieme le leggi fondamentali dello Stato … è una evidente contraddizione anche perché i cittadini non eleggeranno direttamente i senatori, poiché spetterà ai “rafforzati” gruppi politici in seno ai consigli regionali.
Un’altra criticità del nuovo iter legislativo sembra essere quella di attribuire al nuovo Senato un ruolo sostanzialmente consultivo nella legislazione ordinaria, peraltro col rischio di scarsa incisività tenuto conto dell’esiguo termine assegnato per l’esame da parte del Senato, con un intervento che potrebbe divenire anche un inutile aggravamento procedurale, magari secondo un’ottica dilatoria delle opposizioni, senza che ciò possa consentire un’adeguata tutela alle autonomie territoriali.
Su quest’ultimo aspetto, alcuni giuristi hanno criticato questa riforma proprio perché il nuovo Senato: “Invece di dare vita ad una seconda Camera che sia reale espressione delle istituzioni regionali, dotata dei poteri necessari per realizzare un vero dialogo e confronto fra rappresentanza nazionale e rappresentanze regionali sui temi che le coinvolgono, si è configurato un Senato estremamente indebolito, privo delle funzioni essenziali per realizzare un vero regionalismo cooperativo”.
Con la logica del “purché si faccia” non può funzionare uno Stato, così come non basta l’intento simbolico di riduzione dei costi e di semplificazione, per evitare che questa riforma non divenga l’ennesimo esempio di controriforma che finisce con il peggiorare il funzionamento generale del sistema istituzionale, deteriorando ancor di più la qualità democratica del nostro ordinamento.

Euro Mazzi

Nessun commento:

Posta un commento