sabato 14 maggio 2016

CONTRO-RIFORMA COSTITUZIONALE: UN SENATO DI “DESIGNATI” … UN GOVERNO “PIGLIATTUTTO” (seconda parte)

Nel precedente post abbiamo esaminato le incongruenze della riforma del nuovo Senato, mettendo in risalto come l’abolizione della elezione diretta sia in contrasto con il permanere di una articolata funzione legislativa del Senato stesso; il problema vero sono le competenze rapportate al tipo di elezione e in tal senso è esagerata anche la previsione dell’immunità.
Ora approfondiamo altri aspetti: la composizione e le modalità di designazione dei senatori.
Il futuro Senato sarà composto da consiglieri regionali e da sindaci designati dai rispettivi organi regionali: * 74 saranno consiglieri regionali eletti dai Consigli regionali di appartenenza; * 21 saranno sindaci eletti dai Consigli regionali, nella misura di uno per ciascuno, fra tutti i sindaci dei comuni della Regione.


I nuovi senatori saranno designati secondo modalità stabilite da una futura legge e che in ogni caso non consentirà l’elezione diretta da parte dei cittadini. Unica vaga concessione è aver previsto che i consiglieri regionali dovranno essere nominati “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. Per la nomina dei sindaci nulla è previsto.
Con questo tipo di  composizione è del tutto impensabile considerare i Senatori una “garanzia” o un “contrappeso”, poiché la loro elezione sarà il frutto di accordi tra i vari gruppi consiliari e tra le varie segreterie dei partiti, quindi sostanzialmente sarà una nomina più che una elezione.
Secondo alcune proiezioni elaborate sulla base della composizione politica degli attuali consigli regionali, tenuto conto del numero di senatori che spettano a ciascuna regione: il nuovo senato sarà un monocolore del Pd, con una maggioranza solida, autonoma, schiacciante con 55-65 senatori; al centrodestra (che oggi guida Liguria, Lombardia e Veneto) spetteranno circa 29 seggi (di cui alla Lega 14); ai Cinque Stelle forse 6 seggi. Questa simulazione tiene conto solo dell’attuale composizione dei consigli regionali, ma molto dipenderà da come si comporteranno i vari partiti e da quali trattative riusciranno a intavolare che potrebbero dar luogo ad alleanze diverse e spurie. Dipenderà tutto dalla trattativa e dagli accordi che, inevitabilmente, si incroceranno con quelli in altre regioni e la spartizione sarà una conseguenza degli accordi tra i partiti e i gruppi consiliari regionali.
Naturalmente in un prossimo futuro tutto potrebbe cambiare, ma una valutazione va fatta tenendo conto degli scenari possibili e al momento si ha netta l’impressione che questa riforma non sia “neutra”, ma apertamente schierata a favore di uno dei “competitori”. Del resto, attualmente il Senato presenta una maggioranza assai risicata, eliminando in futuro i rischi e le incognite derivanti da senatori eletti direttamente dal popolo, sostituendoli con i consiglieri “designati” dalle regioni (attualmente in larghissima parte guidate dal Pd), un governo futuro avrebbe a disposizione un Senato più debole in merito alle competenze, ma assai più forte in relazione alla sua composizione … appunto quasi un monocolore in grado di condizionare la redazione delle future leggi costituzionali, nonché di influire sulla nomina del Presidente della Repubblica, dei giudici della Corte Costituzionale, ecc..
Non va dimenticata l’altra faccia della medaglia: la riforma della legge elettorale (l’Italicum) che prevede un premio di maggioranza alla lista capace di ottenere il 40% dei voti al primo turno o il maggior numero di voti al secondo turno. E’ un meccanismo che sembra essere fatto apposta per avvantaggiare il PD, unico partito presente in tutte le regioni, ben posizionato a sinistra ma anche al centro, in grado anche di potersi presentare come seconda scelta. La legge elettorale Italicum potrebbe consegnare anche la Camera al PD e … dunque … con queste riforme il Pd di Renzi diventerebbe un partito “pigliatutto”, mentre a tutti gli altri rimarrebbe una specie di “diritto di tribuna”. 
Non si tratta (… almeno per il momento …) di una sorta di nuovo autoritarismo, semmai di un processo spinto di “stabilizzazione o di governabilità” come è già avvenuto per l’elezione diretta dei Sindaci: i diritti delle minoranze rimangono tutelate … il diritto di iniziativa e di “protesta” per le minoranze permane … ma appunto governa solo chi vince le elezioni ed è facile che a vincerle sia il partito che le ha vinte in precedenza … E non bisogna dimenticare che Renzi è stato sia Sindaco che presidente della Provincia di Firenze … e questo è il suo modello!!!  
La legge elettorale Italicum che entra in vigore nel 2016 è una via traversa per giungere di fatto all’elezione diretta del premier. Quando si arriva al ballottaggio (per il quale non c’è quorum, e dunque le due liste più votate partecipano a prescindere dal seguito elettorale che hanno ricevuto), l’elettorato deve necessariamente schierarsi a favore di uno dei due contendenti e chi vince si prende tutto. È una forma d’investitura popolare per chi guida il governo: le elezioni come strumento non solo per eleggere i Deputati, ma per scegliere e investire un governo e il suo Capo … e questo avviene senza la previsione dei necessari contrappesi indispensabili in una democrazia costituzionale.
Il risultato é che il partito che vincerà le elezioni potrà da solo: legiferare; formare il Governo; eleggere il presidente della Camera, modificare il regolamento della Camera, creare commissioni d'inchiesta, dichiarare la guerra e perfino scrivere e modificare lo Statuto delle Opposizioni; avrà anche una buona probabilità di piazzare propri candidati alla Presidenza della Repubblica, al C.S.M. e alla Corte Costituzionale.
Insomma, il problema non è cambiare, ma come cambiare!
Se si voleva superare il bicameralismo, allora il Senato andava abolito del tutto e tutto si doveva concentrare su una sola Camera. Se si voleva semplificare l’iter legislativo allora bisognava affidare al Senato solo compiti di raccordo tra Stato ed Enti territoriali, senza competenza legislativa. Se si voleva fare risparmi sui costi della politica bastava intanto già l’abolizione del Senato, compreso tutte le spese per il personale, auto blu, segreterie, costi di manutenzione, interventi di riqualificazione, ecc. … allora si sarebbe veramente fatto notevoli risparmi.
Invece si è fatta confusione e in futuro sarà un caos. Se si voleva riavvicinare le istituzioni ai cittadini allora bisognava aumentare il numero dei deputati, rendendo più piccoli i collegi, cioè più a misura di un rapporto diretto e un controllo diretto fra eletti ed elettori. In tal caso, i risparmi ci sarebbero potuti essere, per esempio eliminando i Senatori ed aumentando di un numero inferiore i deputati si avrebbe un risparmio, a cui si sarebbe potuto aggiungere la diminuzione del loro compenso e la previsione di contributi pensionistici equiparati ai “comuni” cittadini!
Questo sarebbe un vero risparmio!!!
Questi sono altri motivi per cui si ritiene che l’attuale proposta di riforma costituzionale sia sbagliata e, pertanto, che vada respinta con un voto contrario perché non risolve nessun problema ed anzi altri ne crea. Si fa opposizione a una riforma sbagliata, non alla necessità di riformare la Costituzione, poiché conta cosa si vuol riformare e come si riforma … cioè non l’andare in sé è importante, semmai è decisivo saper dove andare.
Infine, è importante evitare che il referendum costituzionale diventi una sorta di plebiscito a favore o contro il Capo del Governo Renzi, poiché qui è in ballo la sorte della Costituzione, non la Sua sorte o il Suo prestigio o il Suo potere personale.

Euro Mazzi

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