Nella
discussione sulla realizzazione del nuovo biodigestore anaerobico localizzato a
Saliceti, nel Comune di Vezzano, sta emergendo la problematica dell’eventuale rischio di inquinamento
della falda acquifera e del conseguente pericolo di una chiusura dei pozzi
di approvvigionamento dell’acqua potabile per la zona spezzina.
Da
parte di Re.Cos. Spa vengono negati
ogni rischio: “è stato paventato il
rischio per le falde acquifere, ma in realtà non c’è nessun pericolo per i
pozzi di Fornola, visto che si trovano a quasi due chilometri di distanza,
mentre la norma prevede una lontananza minima di 200 metri. Inoltre l'impianto
lavorerà praticamente a secco, solamente la fase anaerobica richiede un pò di
umidità: le acque sono riutilizzate nei vari processi e a dimostrazione di
questa attenzione portiamo il risultato dell’impianto di Faedo, che è a
scarichi zero” (dichiarazione di Piercarlo Castagnetti del 16/5/2019).
A parte la singolarità di portare ad esempio un altro impianto, da parte degli oppositori a questo progetto si evidenziano, al contrario, i vari rischi di inquinamento: per esempio, il “Comitato AcquaBeneComune” ha lanciato una petizione intitolata “Fiume Magra e falde minacciate dal biodigestore” che ha già raccolto quasi un migliaio di firme; altri comitati dichiarano: “Stiamo trattando questo argomento scottante soprattutto per il problema inquinamento: acqua, aria e suolo (…) La società RECOS da per scontato la sicurezza dell’impianto al 100% , ma la corrosione dei componenti e dei materiali dovuta all'azione dei gas sviluppatasi all’interno delle vasche e dei condotti può portare a fessurazioni che potrebbero, con la fuoriuscita dei liquami, intaccare in maniera irreversibile le falde acquifere che alimentano i pozzi di acque potabili” (Comitato di volontariato per la tutela di Ponzano e dintorni del 9/9/2019).
A parte la singolarità di portare ad esempio un altro impianto, da parte degli oppositori a questo progetto si evidenziano, al contrario, i vari rischi di inquinamento: per esempio, il “Comitato AcquaBeneComune” ha lanciato una petizione intitolata “Fiume Magra e falde minacciate dal biodigestore” che ha già raccolto quasi un migliaio di firme; altri comitati dichiarano: “Stiamo trattando questo argomento scottante soprattutto per il problema inquinamento: acqua, aria e suolo (…) La società RECOS da per scontato la sicurezza dell’impianto al 100% , ma la corrosione dei componenti e dei materiali dovuta all'azione dei gas sviluppatasi all’interno delle vasche e dei condotti può portare a fessurazioni che potrebbero, con la fuoriuscita dei liquami, intaccare in maniera irreversibile le falde acquifere che alimentano i pozzi di acque potabili” (Comitato di volontariato per la tutela di Ponzano e dintorni del 9/9/2019).
Si
tratta di un problema “tremendamente serio” che andrebbe
affrontato con oggettività, pacatezza e serietà, ricercando eventualmente
soluzioni idonee, non bastando né semplicistiche rassicurazioni, né le
allarmanti ma generiche indicazioni di pericolo. Verifichiamo perciò alcuni
aspetti.
1)
La gestione
delle acque.
Il progetto del nuovo biodigestore pone effettivamente attenzione alla gestione
delle acque, riconoscendone di fatto la problematicità, pur dichiarando che “vengono quindi gestite con il fine di evitare contaminazione del suolo o
dell’acqua” e indicandone le soluzioni progettuali con particolare
riferimento:
-
alla
“Gestione
reflui di processo” (percolati generati dal rifiuto; spurgo acqua di
lavaggio Scrubber, acque meteoriche incidenti sulle aree di accumulo esterne
del verde e del compost prodotto, acque di lavaggio dei macchinari che vengono
a contatto con il rifiuto, percolati da biofiltri, ecc.), previsti per un
totale di 11.031 m3/anno (di cui 5.970 m3/anno di soli percolati) che vengono
convogliati, mediante un sistema di
raccolta, in n. 2 vasche di accumulo e poi in parte ricircolato ai digestori (con
un ricircolo pari a 3.490 m3/anno) e in parte avviata a smaltimento esterno
come rifiuto tramite prelievo con autospurgo/auto-cisterna, per non costituire
uno scarico idrico.
-
alla
“Gestione
acque meteoriche” mediante raccolta e gestione separata di: a) acque
contaminate con inquinanti (acque di prima pioggia incidenti sui piazzali di
manovra) considerate come reflui di processo; b) acque “bianche” o non
contaminate (incidenti sui tetti degli edifici e quelle di seconda pioggia sui piazzali) mandate
direttamente a n. 2 vasche di accumulo dedicate da cui vengono prelevate come
risorsa idrica industriale per il processo (quantitativo sufficiente teoricamente
a coprire l’intero fabbisogno idrico dell’impianto senza utilizzo di acqua da
altra fonte). Data la variabilità e la stagionalità delle precipitazioni è
comunque previsto il prelievo da pozzo di acqua per sostenere un consumo idrico
dell’impianto stimato (in termini di acqua industriale, escludendo quindi
ricircoli di acque di processo), pari a circa 31.000 m3/anno, e un consumo con
una media giornaliera relativamente costante durante l’anno;
Pochissime
indicazioni nel progetto riguardano la gestione dell’impianto in caso di eventuali
mal funzionamenti o in caso di incidenti o in caso di calamità naturali
(terremoti e alluvioni), mentre è proprio su questi aspetti che gli oppositori
insistono, unitamente alle caratteristiche geologiche e geomorfologiche del
sito.
2)
La permeabilità
del terreno.
Sotto questo profilo nella Relazione geologica allegata al progetto viene
evidenziato un alto livello di
permeabilità dei terreni e la presenza
della falda freatica a 4 m. di profondità:“Da un punto di vista idrogeologico l’area è caratterizzata da depositi
ghiaiosi subito a contatto con il suolo rimaneggiato di natura sabbioso limosa.
Tali depositi sono caratterizzati da
permeabilità primaria per porosità (…) Si può assumere per i depositi
alluvionali ghiaiosi un grado di
permeabilità medio/alto per i primi 2-3m ed alto per il restante spessore dei
depositi, per tutta l’estensione dell’area indagata (…) Per gli scopi del
progetto si possono considerare i valori
di permeabilità sufficienti all’infiltrazione delle acque bianche
eventualmente disperse a terra nel progetto di regimazione idraulica dell’area
(…) I depositi alluvionali ospitano una
falda freatica estesa su tutta l’area di indagine. Durante l’esecuzione delle
prove geognostiche (penetrometrie dinamiche e sondaggi geognostici) è stata
valutata una profondità media della
falda di circa 4m. dal piano di campagna per tutta l’area indagata” (pag.
13).
Quindi,
fatta eccezione per lo strato superficiale di terreno vegetale, nei primi 19 m.
di profondità il terreno presenta una successione stratigrafica composta essenzialmente
da terreni a grana grossa (ghiaie e sabbie limose) con “un grado di permeabilità
medio/alto” (mentre solo oltre i 19 m. sono stati rilevati strati di
sabbie compatte con livelli di argille meno permeabili) e una presenza della
falda freatica a 4 m.; si tratta di caratteristiche che evidenziano un’alta possibilità di penetrazione di
inquinanti con conseguente rischio di contaminazione della falda.
3)
Il principio di
precauzione
(= “azione intrapresa allo scopo di
anticipare, identificare e ridurre l’impatto delle sorprese”) è quello
invocato da SAT (Società Acquedotti Tirreni Spa che gestisce i pozzi di Fornola
per la fornitura all’ingrosso di acqua potabile ad uso civile: “La quantità di acqua emunta dalle zone pozzi
della scrivente e distribuita nella rete provinciale è di circa 4 milioni di metri cubi e rappresenta
circa un quinto dell'acqua distribuita sul territorio”) con una lettera datata
19/8/2019. La società segnala che tre delle zone pozzi da loro gestite si
trovano a valle, lungo l’alveo del fiume Magra, rispetto all’area nella quale è
prevista la realizzazione del nuovo impianto biodigestore. Dunque, la SAT ritiene “inappropriata e pericolosa” la localizzazione del biodigestore a
Saliceti, richiamando l’attenzione su tre questioni: a) “La distanza di circa quattro chilometri tra
l’area prescelta e le zone pozzi potrebbe sembrare sufficiente a garantire la
tutela delle falde, ma la stratigrafia del fiume e l’assetto geomorfologico
testimoniano in realtà una vulnerabilità
per eventuali pericoli a monte delle zone pozzi”; b) quindi eventuali
fuoriuscite di liquami “in breve tempo
porterebbero alla chiusura dei pozzi e
all’interruzione della fornitura di acqua potabile senza possibilità di
sostituzione perché non esiste un collegamento di emergenza con altri pozzi”;
c) occorre individuare il sito del nuovo biodigestore a valle di Battifollo o alternativamente
in aree lontano dai corpi idrici che alimentano le falde del Magra.
4)
Inidoneità del
sito di Saliceti per quanto attiene alle problematiche idrogeologiche e
sismiche. Alcuni esperti del settore (Giovanni Raggi e Daniela Raggi) hanno espresso notevoli
perplessità sul sito individuato di Saliceti, domandandosi se sono stati
adeguatamente valutati queste tre tipologie
di rischio: a) rischio idrogeologico
per una “significativa vulnerabilità” del sito, poiché “si colloca comunque sull’asse di drenaggio
principale della circolazione freatica, ovvero coinvolta più direttamente dai flussi idrici nel subalveo”,
caratterizzata anche da “elevate velocità del flusso idrico sotterraneo”; conseguentemente i rischi
di una eventuale contaminazione della falda porterebbero alla possibile
chiusura dei pozzi di fornitura dell’acqua potabile. b) rischio di inondazione: “l’intervento
ricade in un’area a pericolosità
idraulica media in quanto inondabile con tempo di ritorno di 200 anni”;
c) rischio sismico per gli effetti
sismici (ad esempio pericoli per crolli o per effetto di liquefazione del terreno)
eventualmente indotti lungo la faglia “trascorrente
individuata (…) quale fonte sismogenetica dell’evento di magnitudo 3,7 in data
23/06/2016” (Note
scritte da Giovanni e Daniela Raggi su richiesta del Comitato No del 21/5/2019).
In conclusione. I problemi
legati all’individuazione del sito in rapporto alla vulnerabilità delle falde e
all’eventuale rischio di contaminazione delle stesse sono possibili e reali; dunque,
dovrebbero essere seriamente presi in considerazione per individuare un’altra
località più idonea oppure per introdurre nel progetto opportune valutazione
sugli “eventi straordinari” (sisma, inondazione, incidente, ecc.), poiché
pur con tutte le precauzioni durante le lavorazioni non si possono escludere
eventi accidentali e non voluti con fuoriuscita dall’impianto di liquidi ad
alta tossicità. Pertanto dovrebbero essere inseriti alcuni importanti
correttivi all’impianto nel senso di aumentarne la sicurezza e limitare/contenere
gli effetti di eventuali sversamenti di acque contaminate.
Sotto
questo profilo deve essere accolta con soddisfazione l’iniziativa (seppur tardiva
e in evidente “conflitto di interesse”, in quanto appartenente allo stesso Gruppo IREN come la società Re.Cos. Spa) della società ACAM Acque Spa (gestore in
house del servizio idrico ATO provinciale) di affidare al professore
Giovanni Pietro Beretta “l’incarico di
aggiornare l’analisi dell’acquifero del Magra e del comportamento della falda
nelle diverse condizioni di utilizzo, allo
scopo di produrre una valutazione
approfondita del grado di vulnerabilità della stessa, evidenziando ed
individuando, soprattutto, le opportune
misure a tutela e salvaguardia delle principali fonti di alimentazione
dell’acquedotto spezzino” per poter così “esprimere, nel modo più consapevole e fondato, la valutazione su tutti
i progetti e le iniziative, civili ed industriali, che in qualsiasi modo
possano interagire con le zone pozzi principali dell’acquedotto spezzino, a
partire dalla prossima conferenza di servizi indetta sul progetto dell’impianto
spezzino di trattamento del rifiuto organico”. (Comunicato del 13/9/2019).
La
prevenzione e la precauzione devono avere rilevanza prioritaria nelle
programmazioni territoriali, tenendo in considerazione la necessità di un
intervento pure in ipotesi in cui il danno sia “incerto”, poiché un ragionevole timore dovrebbe essere già sufficiente a sollecitare l’assunzione di una
adeguata misura preventiva.
Questa
attenzione deve essere maggiore soprattutto per questi nuovi impianti, ma
occorre recuperare una capacità di
controllo anche sugli impianti già
esistenti (a cominciare proprio dall’impianto TMB di Saliceti) sparsi lungo il
fiume per evitare (data la presenza di falde
prive di protezioni impermeabili agli inquinanti superficiali) che: “L’inquinamento
di una zona pozzi ne decreti l’abbandono con un danno ambientale rilevantissimo”.
In
questo senso, ha ragione il portavoce Ruocco del “Comitato che Botta!” quando sollecita:
“La politica deve decidere se conservare il preziosissimo giacimento
d’acqua della vallata oppure se
metterlo a rischio, in continuità con quanto fatto in passato” (dichiarazione del 7/9/2019), tenendo
presente che l’acqua (specie quella potabile) è una “risorsa sempre più rara”, ma una
politica fatta prevalentemente con slogan, annunci e opportunismi sarà capace
di comprendere queste problematiche e decidere conseguentemente? … “lo
scopriremo solo vivendo!”
Euro Mazzi
Altri
post riguardanti il biodigestore:
1)
BIODIGESTORE DI SALICETI: IL TRASFORMISMO E LA “RUMENTA”:
QUI2) BIODIGESTORE DI SALICETI: GLI AFFARI NELLA “RUMENTA”: QUI
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1) SE ACAM PIANGE I COMUNI NON RIDONO … E NOI PAGHIAMO: QUI
2) IL LUNGO CREPUSCOLO DI ACAM: AGGIORNAMENTO DEL PIANO DI RIASSETTO 2013: QUI
3) IL CREPUSCOLO DI ACAM E LA PRIVATIZZAZIONE PARZIALE DEL SERVIZIO SMALTIMENTO RIFIUTI: QUI
4) ACAM: IL VIVACE CONFRONTO SUI SACRIFICI E SULLE TARIFFE: QUI
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