In
data 16/5/2019 si è svolta una conferenza stampa (alla presenza di tutti i
rappresentanti di Regione, Comune di Porto Venere, l’Ammiragliato, il Mibact
regionale, la Soprintendenza della Liguria e il progettista Andreas Kipar) per
la presentazione del masterplan
definitivo per “il rilancio e la
valorizzazione dell’isola Palmaria”.
Con
la presentazione del “masterplan Palmaria”
si è chiuso il processo denominato “Percorso Partecipativo”, articolato
in tre fasi: Fase 1 di approfondimento conoscitivo
(Preliminare individuazione e coinvolgimento degli stakeholder; analisi del contesto territoriale e l'individuazione
dei bisogni dei potenziali utenti; presentazione del processo partecipativo
proposto, previa condivisione dello stesso da parte del Tavolo tecnico); Fase 2 di sintesi e condivisione delle
conoscenze (piattaforma ‘Palmaria nel Cuore’; punto d’ascolto; forum di discussione su social; raccolta di foto; “Camminate Narrative”; focus group con l’advisor tecnico; discussione photovoice;
sintesi finale e Open Space Technology);
Fase 3 condivisione degli scenari di
intervento e del masterplan
(dimensionamento economico; presentazione degli scenari e mapping; condivisione del masterplan ai partecipanti; presentazione del masterplan).
Occorre riconoscere che il progetto definitivo nasce da un procedimento ben strutturato sia dal punto di vista temporale e organizzativo che degli obiettivi da raggiungere, producendo una buona schedatura dei beni coinvolti nel progetto, nonché una analisi territoriale ben impostata. Ma questo procedimento ha, a sua volta, evidenziato limiti e carenze su cui è mancata una seria riflessione e la conseguente assunzione dei necessari correttivi.
Occorre riconoscere che il progetto definitivo nasce da un procedimento ben strutturato sia dal punto di vista temporale e organizzativo che degli obiettivi da raggiungere, producendo una buona schedatura dei beni coinvolti nel progetto, nonché una analisi territoriale ben impostata. Ma questo procedimento ha, a sua volta, evidenziato limiti e carenze su cui è mancata una seria riflessione e la conseguente assunzione dei necessari correttivi.
Tra
i limiti va rilevato come tutto il procedimento sia stato inevitabilmente condizionato
dalle indicazioni iniziali fornite dalla componente politica regionale: già in
un comunicato del 8/2/2016 l’assessore Scajola parlava di “Palmaria,
un futuro da Capri”; in precedenza anche il Presidente Toti
aveva dichiarato: "Sono molto
contento che questo percorso si concluda sotto la mia amministrazione perché
vorremmo costruire un progetto di grandissima qualità che possa diventare un faro
sul mercato internazionale. Vorremmo fare di Porto Venere la Capri della Liguria.
Si tratta di un percorso importante non solo per la nostra regione ma per il
Mediterraneo in assoluto" (Sid/ Dire 5/2/16).
Queste
dichiarazioni sollevavano subito ovvie preoccupazioni in chi temeva una
speculativa “colata di cemento”; speculazione poi smentita sia dalle
successive dichiarazioni di Scajola e di Toti ma, soprattutto, da un progetto (almeno
sulla “carta”) abbastanza contenuto sotto
questo profilo.
Nelle
dichiarazioni iniziali di Toti sono presenti altri due aspetti da evidenziare:
da una parte, la concezione della necessità di passare da una Palmaria abbandonata e destinata ad un degrado
progressivo a quella di un’isola riqualificata
e utile produttivamente; dall’altra, la realizzazione di un centro turistico di qualità (“un resort”): “La mia Palmaria
sarà un’isola resort
che darà tanto lavoro (…) Il presidente della Regione indica infatti che a
trasformare l'isola Patrimonio Unesco dell'Umanità, da scoglio abbandonato, patrimonio del
demanio marittimo, a "Capri della Liguria", saranno i capitali privati (…) L'azione è
quella di un project financing. Ci
deve essere un consorzio privato che
non soltanto si prenda in carico la ristrutturazione
degli immobili e l'equipaggiamento dell'isola con servizi, ma, come
"onere" si accolli anche la manutenzione
di tutto questo (…) Non costruiremo
mezzo metro quadrato in più: è un sito Unesco, non si tocca” (Repubblica Genova, 12/3/2016).
Contro
questo tipo di messaggi sintetici e sbrigativi ci sono altrettanto spicci appelli
lanciati da coloro che si oppongono al masterplan,
come per esempio in questa petizione che in pochi giorni ha raccolto migliaia
di adesioni: “L'isola Palmaria non si tocca!!! (…) rappresenta uno degli ultimi angoli di natura praticamente integri
della costa ligure. Il presidente della Regione Liguria Toti vorrebbe trasformarla in una
Capri ligure, facendo si che gli ambienti dell'isola vengano
rovinati da cemento e turismo d'élite. In questo modo i
semplici fruitori non avrebbero più la possibilità di godere delle bellezze
naturali dell'isola”.
In tal senso, è esemplare verificare come è stato scelto lo scenario progettuale definitivo. Nell’elaborato finale relativo alla Fase 2 (“Scenari di intervento e masterplan per la valorizzazione dell’Isola di Palmaria”, da pag. 104 a pag. 148 riportante la data 10/8/2018) vengono illustrati ben 5 scenari che rispondono a diverse graduazioni “delle due forti vocazioni dell’isola, da un lato la natura con il grande patrimonio paesaggistico-ambientale, dall’altro la cultura con il grande patrimonio immobiliare rimasto dal passato militare dell’isola, ragionando per estremi si possono configurare due scenari di sviluppo che partono da principi completamente differenti. In un primo scenario, tendente per lo più alla conservazione, si prevedono interventi minimali di manutenzione ai fini preservare principalmente il patrimonio paesaggistico-ambientale esistente. Al contrario, il secondo scenario prospettato prevede il massimo sfruttamento possibile degli immobili (edifici e terreni) che rientrano nel programma di valorizzazione e il coinvolgimento di ulteriori ambiti non facenti parte del programma ma considerati strategici in virtù delle loro peculiarità e della loro posizione. Di entrambi gli scenari vengono sintetizzate le potenzialità e le criticità che il tipo di sviluppo prospettato può far emergere a livello paesaggistico, economico e sociale”.
Il
successo di questa petizione risiede proprio nella sua semplice e chiara opposizione
ad ogni ipotesi di trasformazione;
questa radicalità sta rappresentando un sentimento assai diffuso che pur non
conoscendo nel dettaglio il progetto ipotizza operazioni speculative in favore
di pochi.
Oramai
è concreto il rischio che lo scontro su questo masterplan
diventi puramente ideologico e partitico, prendendo forma e
consistenza sulla base di “parole
d’ordine” semplicistiche ma aggregative pro/contro al progetto; man mano
che la polemica si allarga diventa marginale l’esame e lo studio sulla qualità
del lavoro svolto, sulle potenzialità e sui rischi delle eventuali scelte
progettuali effettivamente proposte e poi da realizzare. In tal senso, è esemplare verificare come è stato scelto lo scenario progettuale definitivo. Nell’elaborato finale relativo alla Fase 2 (“Scenari di intervento e masterplan per la valorizzazione dell’Isola di Palmaria”, da pag. 104 a pag. 148 riportante la data 10/8/2018) vengono illustrati ben 5 scenari che rispondono a diverse graduazioni “delle due forti vocazioni dell’isola, da un lato la natura con il grande patrimonio paesaggistico-ambientale, dall’altro la cultura con il grande patrimonio immobiliare rimasto dal passato militare dell’isola, ragionando per estremi si possono configurare due scenari di sviluppo che partono da principi completamente differenti. In un primo scenario, tendente per lo più alla conservazione, si prevedono interventi minimali di manutenzione ai fini preservare principalmente il patrimonio paesaggistico-ambientale esistente. Al contrario, il secondo scenario prospettato prevede il massimo sfruttamento possibile degli immobili (edifici e terreni) che rientrano nel programma di valorizzazione e il coinvolgimento di ulteriori ambiti non facenti parte del programma ma considerati strategici in virtù delle loro peculiarità e della loro posizione. Di entrambi gli scenari vengono sintetizzate le potenzialità e le criticità che il tipo di sviluppo prospettato può far emergere a livello paesaggistico, economico e sociale”.
Non
sono state ritrovate analisi e discussione particolarmente approfondite su
questi 5 scenari prospettati, per cui non è facile comprendere perché è stato
poi elaborato il nuovo scenario 5bis che di fatto costituisce il masterplan
definitivo. L’unica giustificazione riportata consiste nel “promuovere la valorizzazione del patrimonio
culturale e paesaggistico dell’isola mirando a garantire l’equilibrio
economico dell’operazione considerata nel suo complesso”;
pertanto, il nuovo scenario 5bis ricalca le risultanze dello scenario 5 di
equilibrio, mitigato da alcune indicazioni riportate nello scenario 4.
Guarda
caso lo scenario 5bis (scelto come progetto definitivo presentato appunto in
data 16/5/2019) è quello che appare più coerente con l’iniziale "impostazione politica”
data nel febbraio-marzo 2016 e, conseguentemente, non sorprende la sbrigativa rinuncia all’analisi e
all’approfondimento delle altre 5 soluzioni alternative.
Questa
modalità di scelta dello scenario definitivo solleva dubbiosi interrogativi
anche sullo stesso “processo partecipativo”: come mai non sono state affrontate e
approfondite adeguatamente i possibili scenari? Su quali basi e con quali
motivazioni poi è stato proposto e adottato lo scenario definitivo 5bis?
Lo
stesso Sindaco di Portovenere ha recentemente sottolineato la propria “sorpresa”
rispetto al “dilagare” attuale delle
polemiche e della “crescente partecipazione”: “Semmai parlerei di sorpresa,
perché dopo due anni che ci lavoriamo sopra, il rammarico è che alle tante
riunioni fatte abbia partecipato meno gente di venerdì” (CDS del 5/6/2019).
Si
ha la sensazione che al “processo partecipativo” abbiano
presenziato gruppi ristretti di cittadini singoli od organizzati, ma non si è
trattato certamente di una aperta partecipazione pubblica; è lo stesso Sindaco
di Portovenere ad avallare questa ipotesi: “In
questo biennio di confronti tante persone hanno detto la loro. Mi pare invece
che chi parla oggi prima non c'era.
Penso sia inopportuno buttare via un
lavoro così approfondito e i soldi pubblici investiti per farlo. Sono sorpreso e rammaricato delle tante cose
che ho letto”(CDS del 5/6/2019).
Se
è giusto non “buttare via” il lavoro
svolto in questi ultimi anni, occorre però aprire una seria riflessione sulla
circostanza che i vincoli militari sull’isola hanno fino ad oggi “mantenuto integro” questo patrimonio
paesaggistico-ambientale che è universalmente riconosciuto e protetto
(sito UNESCO, Parco Naturale Regionale, piani paesaggistici, SIC, ecc.).
Col
venir meno delle servitù militari e con i conferimenti al Comune di immobili e terreni
in corso, la Palmaria perderà gradualmente il
proprio carattere di area interdetta
(dove è stato facile custodirla adeguatamente) per assumere quello di centro turistico in un contesto assai
delicato e delimitato (meno di 2 kmq) che farà emergere la difficoltà non solo
di pianificare uno sviluppo sostenibile per l’isola, ma sarà assai complicato mantenerne la tutela.
Una
cosa è però già certa: nel Protocollo di Intesa del 14/3/2016 veniva dato
risalto all’aspirazione del Comune di Porto Venere “di trasformare l’isola in un’attrattiva turistica di altissimo livello, sia
nazionale che internazionale”; siamo lontani (ma non molto) dalla
semplicistica battuta “faremo della Palmaria
la Capri della Liguria”, ma forse fino ad oggi non era stato ben compreso
il significato di questa “aspirazione”. Questa incomprensione
rende evidente un contesto di scadente capacità complessiva della politica di
indicare una valida prospettiva futura, mentre i “tecnici” non manifestano
quella genialità che servirebbe per scelte così difficili e articolate.
Euro
Mazzi
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