Oggi
si delibera in merito alla fusione per incorporazione delle società del Gruppo
con un soggetto “industriale” più grande; in poche parole si deve decidere di
mettere la parola “fine” alla storia di Acam.
Si tratta di un “passaggio”
importantissimo, poiché nel bene o nel male Acam ha seguito l’evolversi
economico dell’intera Provincia e ne ha segnato la sua evoluzione; Acam si è da
tempo occupata di servizi essenziali per la comunità (acqua, gas, rifiuti, ecc.),
ha sviluppato forti sinergie con altre aziende del luogo (indotto) ed ha impiegato
oltre un migliaio di dipendenti.
Per
colpa di chi ha governato Provincia e Comuni negli ultimi 15 anni, cioè del PCI/DS/PD, Acam è sprofondata in
una forte crisi economica-finanziaria sfociata nel ricorso alla procedura
concorsuale di “ristrutturazione del debito”, con accordi omologati in data
19/7/2013 dal Tribunale di La Spezia.
Acam
ha ottenuto, però, negli anni 2014-2016 un miglioramento economico e finanziario
conseguito non solo con la vendita di partecipazioni (Acam Gas e Acam Clienti)
e di beni, ma anche con riduzione di costi e miglioramenti gestionali e,
soprattutto, mettendo in secondo piano le ingerenze “partitiche”, evidenziando
così che la strada giusta era stata iniziata e poteva/doveva proseguire con più
intensità … ma ora le urgenti necessità “partitiche” spingono verso
l’incorporazione.
In
questo contesto, l’importanza di questa incorporazione non pare essere stata colta in modo
sufficiente: mancano analisi di merito e il dibattito è scarso, i tempi sono
stati volutamente ristretti e la documentazione rilasciata è alquanto scarsa e
poco comprensibile.
Risulta
evidente che questo atteggiamento non è casuale, ma fortemente voluto proprio
per evitare polemiche e lacerazioni interne specie nel PD, già lacerato dalla
lotta interna per il potere sia a livello locale che nazionale, senza
dimenticare che il Comune di Spezia, socio più importante di Acam andrà fra
qualche mese alle elezioni.
A
giugno 2016 il Gruppo Iren aveva recapitato ad Acam una manifestazione
d'interesse, cioè una disponibilità ad essere invitati a partecipare ad una
gara per l’aggiudicazione di un progetto di incorporazione.
Nelle
successive tre assemblee dei sindaci soci di Acam tenutesi tra giugno e
novembre 2016 è stato dato mandato all’Amministratore Unico Garavini di
predisporre un piano di fattibilità sulla ipotesi di incorporazione collegato
ad un Piano Industriale e ad una valutazione economica del gruppo da porre alla
base della gara.
L’allegato
n. 1 e 2 alla delibera oggi in discussione non è il Piano Industriale, ma un riassuntino di 37
pagine a cui vanno aggiunte altre 6 pagine sulla valutazione economica (rispetto ad un elaborato di oltre trecento pagine) e questo
rappresenta una grave irregolarità, poiché i consiglieri votano senza conoscere
bene la dettagliata e articolata proposta posta alla base del Progetto di aggregazione e quindi della delibera.
Questa irregolarità espone questa delibera a eventuale ricorso di terzi per
annullarla per manifesta incompletezza di allegati che fanno parte integrante
della delibera stessa.
Da
un punto di vista politico questo “oscurantismo” rappresenta la volontà di non
divulgare e rendere pubblici alcune problematiche che sono invece palesi nel
Piano Industriale completo; insomma i Consiglieri non conoscono i termini
effettivi del Progetto a cui la delibera di oggi fa riferimento; quindi non sono nella condizione di deliberare con “un voto
consapevole”; insomma l’approccio a questa problematica assai importante
avviene sulla base di una “sintesi informativa” assai accentuata e poco chiara
e con un’ampia delega valutativa alla dirigenza di Acam.
Inoltre,
se non esiste un vero e proprio conflitto di interesse, a noi pare poco opportuno
che il coordinamento della proposta di incorporazione sia stata affidata alla
società PricewaterhouseCoopers (PWC)
che risulta anche essere la società incaricata della revisione legale e contabile di
Iren.
Il
Gruppo Acam è stato valutato circa 58 €milioni, valore che viene posto alla
base della gara per determinare l’offerta economica di chi intende aggiudicarsi
l’acquisto del Gruppo, ma anche indicativo per determinare il prezzo di “conversione o di concambio” delle quote
di proprietà dei singoli soci. Trattandosi di una fusione per incorporazione (cioè
Iren assorbe Acam) i soci di Acam avranno diritto ad avere un determinato
numero di azioni di Iren (ammesso che sarà Iren ad aggiudicarsi la gara).
Ma
quali sono le reali motivazioni che stanno spingendo i Sindaci che si
riferiscono al PD spezzino verso l’incorporazione del Gruppo Acam in Iren?
Nella
delibera si prende in considerazione la sola ipotesi della “fusione per
incorporazione” in grado di permettere e garantire: “il permanere della partecipazione del Comune della Spezia, nonché
degli altri enti locali soci di ACAM, nel soggetto risultante dalla stessa”.
Quindi l’ipotesi dell’incorporazione è preferita perché permette di possedere
le nuove azioni e poter così entrare nella “governance” dell’incorporante, cioè
nei delicati e dinamici equilibri tra soci pubblici (i comuni e quindi i
sindaci riferibili ai partiti) e privati (i quali mirano a massimizzare i
profitti) che controllano l’assemblea dei soci e, conseguentemente, le linee
strategiche e la “politica” mindustriale dell’incorporante.
Nella
delibera si fa esplicito riferimento ai “patti di sindacato” che permettono un
controllo “partitico” sull’assemblea dei soci. In Iren ci sono già due "Patti di
Sindacato" stipulati in data 9/5/2016, tra il socio Finanziaria Sviluppo
Utilities Srl (50% del Comune di Torino e 50% di Genova) e altri 64 Soci Pubblici
Emiliani rappresentanti del 53,94%; l’altro tra i 64 (ora 70) Soci Pubblici
Emiliani guidati dal Comune di Reggio Emilia. Questi patti tendono ad
assicurare un'unità di comportamento e una disciplina delle decisioni, cioè
hanno fino ad oggi assicurato un controllo partitico attraverso i sindaci (fino al giugno 2016 in maggioranza riferibili ad uno stesso partito, cioè il
PD).
In
tal senso, risulta evidente come la recente elezioni nel giugno 2016 del
sindaco M5S Appendino al Comune di Torino (uno dei più importanti soci di Iren)
e quello precedente di Pizzarotti a sindaco di Parma hanno messo a dura prova
questo controllo “partitico”, che si è evidenzia per esempio nella gestione
dell’elevato debito del Comune di Torino verso Iren (pare circa 190 milioni
ereditati dalla Appendino grazie al suo predecessore Fassino del PD).
Né
va dimenticato che i Comuni di Parma, Genova e La Spezia vanno al voto proprio
nel maggio 2017 e l’esito di queste elezioni potrebbero riflettersi anche sulla
“governance” di Iren e con notevoli conseguenze.
Queste
brevi considerazioni fanno capire l’importanza degli equilibri “partitici”
all’interno dell’assemblea dei soci e conseguentemente sulla “governance” di Iren e spiegano la
fretta dei sindaci targati PD spezzini e l’oscurantismo della delibera: occorre
far presto e mettere al sicuro l’operazione di incorporazione di Acam.
Insomma,
Iren ha una dimensione e una articolazione territoriale molto più ampia
rispetto a quella prettamente provinciale di Acam, i problemi di “governance” sono molto più complicati e
anche molto più “lontani” rispetto ai bisogni espressi dai singoli territori,
soprattutto prendono il sopravvento le necessità e le prospettive finanziarie
rispetto alle “spicciole” e quotidiane necessità.
Attualmente
i vari soci pubblici (Comuni) controllano il 53,94% delle azioni con diritto di voto, ma
questa situazione è, però, in continua evoluzione, poiché alcuni Comuni per far
fronte alle loro situazioni finanziarie deficitarie devono “fare cassa” e la
vendita di azioni Iren rientra tra le possibili soluzioni (come ha fatto per
esempio il Comune di Parma). Infatti, in data 9/5/2016 è stata approvata la
modifica allo statuto sociale di Iren con l'introduzione nella governance societaria del cosiddetto
“voto maggiorato” (cioè alcuni voti varranno il doppio) limitatamente ad alcune
questioni.
Scopo
ufficiale di questo “voto maggiorato” è favorire la fidelizzazione e la
stabilizzazione dell'azionariato, ma in realtà permette di abbassare la quota
pubblica sotto al 51%, scendendo fino al 40%, cioè di fatto si da il via ad una
privatizzazione strisciante di Iren, con la conseguenza della perdita del
legame con il territorio e con gli interessi per le città e i cittadini,
esaltando conseguentemente le logiche prettamente economiche e finanziarie.
Inoltre, si
dubita fortemente sulla effettiva capacità dei Comuni (singolarmente o raccolti nel "patto
di sindacato") di esercitare un “controllo pubblico” su una società così
“grande” come è il gruppo Iren; di fatto il controllo è solo formale e
superficiale limitato alla nomina dei manager e alle linee strategiche di
fondo. Non va dimenticato che accanto ad una maggioranza pubblica del 53% vi è
già oggi una fetta consistente di azioni che è nelle mani di soci/investitori
privati.
Soprattutto
occorre tener presente che il controllo pubblico è il frutto della somma di
tante quote possedute da una miriade di Comuni grandi e piccoli, i quali sono
soggetti a elezioni (normalmente ogni 5 anni) con il “rischio” di una modifica
dei propri assetti (cambio di sindaci e di maggioranze).
Molti
servizi gestiti da Iren sono “in house”
(cioè assegnati senza gara pubblica) che presuppongono l’esistenza di un
“controllo analogo” che i Comuni interessati di fatto non esercitano, né sono
in grado di poter svolgere.
In
sostanza, i vari sindaci di fatto non hanno il “controllo effettivo” di Iren;
oramai le decisioni “operative e gestionali” sono totalmente in mano ai manager
aziendali che tengono “doverosamente” attenzione alle esigenze del mercato e
degli operatori e analisti di Borsa.
Ecco
quindi che limitarsi ad indicare la mera quota del 51% di controllo pubblico
risulta essere un criterio del tutto inadatto, fuorviante e anacronistico per
realtà così grandi come è appunto Iren.
I
dubbi aumentano quando si entra nel merito della proposta industriale derivante
dall’incorporazione.
Nel
2015 Iren ha avuto 2.094 €/M di ricavi (rispetto ai 124 €/M di Acam),
conseguendo utili per 140 €/M (rispetto ai 2,6 €/M di Acam) è, quindi, una
realtà nettamente più grande e con risultati migliori. Iren
presenta però un elevato livello di indebitamento di circa 2,1 miliardi anche se in
riduzione di circa 117 milioni rispetto al 2014.
Il
Piano industriale di Iren (2015-20) prevede nuovi investimenti (circa 1,8 miliardi), ma
anche il calo dell’indebitamento attraverso una forte riduzione di costi con l’avvio
sia di un progetto operativo di razionalizzazione e accentramento della
struttura societaria di Gruppo, sia con un aumento dell’efficienza e dei
risparmi interni alle società del Gruppo.
Insomma,
se Iren possiede le caratteristiche “dimensionali” idonee a incorporare il Gruppo
Acam, le peculiarità del Gruppo con sede a Reggio Emilia (53% in mano a molti
enti pubblici), nonché la presenza di alcune problematiche (indebitamento
elevato, processo di razionalizzazione in corso, necessità di forti riduzione
dei costi) imporrebbero una valutazione attenta dell’operazione di
incorporazione messa ora alla delibera dei Consigli Comunali.
La
delibera prevede di richiedere al “soggetto incorporante” di impegnarsi per un
periodo di tempo ben determinato (massimo 5 anni) verso i lavoratori di Acam
per mantenere “gli attuali livelli
occupazionali, il superamento degli esuberi e il riconoscimento degli accordi
sindacali”, ma non tengono presente la situazione attuale di Iren che ha
appena disdettato i circa 200 contratti integrativi, per mirare all’integrazione
e armonizzazione e alla riduzione del costo del lavoro per i circa 6.000
dipendenti del Gruppo.
Dunque,
in questo contesto le garanzie rilasciate ai lavoratori non possono essere
considerate come impegni effettivi: trascorso un certo periodo di tempo anche i
lavoratori “spezzini” dovranno accettare l’omogeneizzazione normativa e la
riorganizzazione aziendale e, probabilmente, affrontare il nodo di nuovi
probabili esuberi.
Stesso
discorso sul mantenimento di un "presidio territoriale spezzino" per almeno 5
anni dato il contesto di ristrutturazione organizzativa di Iren è prevedibile
che ben presto questo presidio territoriale spezzino venga riassorbito nella
struttura di Iren e sostituito con semplici uffici.
Idem
per le garanzie verso i cittadini di sollecitare eventuali “minori impatti
tariffari” dato che sia il Piano industriale di Acam che quello di Iren prevedono
comunque continui adeguamenti tariffari in aumento sia per l’acqua che per la
gestione dei rifiuti.
Insomma,
le garanzie poste nella delibera appaiono “astratte” e poco aderenti alla
realtà, sembrano mirare al consenso immediato di lavoratori e cittadini; sono
invece garanzie concrete solo quelle avanzate per i Comuni-soci di Acam che
riceveranno “effettive” azioni per entrare così nella “governace” di Iren e ottenere dei dividendi (assai vantaggiosi per
le loro casse); ma gli utili eventualmente incassati dai Comuni deriveranno
proprio dalle riduzioni dei costi e/o dall’aumento delle tariffe previsti nel
Piano Industriale 2015-2020 e allora … prepariamoci già oggi al futuro rito
ipocrita dei comunicati e degli ordini del giorno di “solidarietà” verso i
lavoratori o i cittadini “colpiti” dalle inevitabili ricadute delle prossime
ristrutturazioni organizzative.
In
sostanza il Piano Industriale di Acam è incentrato sugli investimenti; infatti
si afferma che elemento preponderante nella scelta “saranno maggiori investimenti” sia nel settore idrico che in
quello ambientale, in quanto sono obiettivi oggi non raggiungibili per una ACAM
da sola.
In
realtà se si confrontano i dati del "Piano Base” con quello “Ottimizzato” si
scopre che nel periodo 2017-2021 la differenza consiste in maggiori
investimenti per 38.6 milioni e nella loro anticipazione (23.9 milioni
realizzati negli anni 2018-2019). L’entità e la tempistica degli investimenti
sono aspetti importanti, ma non tali da giustificare la fine di Acam e del suo
presidio territoriale.
Sia
Acam che Iren hanno non solo la necessità di ridurre i costi (specie quelli
operativi e quindi anche il costo del lavoro), ma puntano su costanti aumenti
tariffari proprio per permettere una redditività nonostante il pagamento di
elevati oneri finanziari derivanti dai vecchi (e futuri) investimenti.
Quindi,
sia il Piano industriale di Acam che quello di Iren prevedono (di fatto)
ricadute pesanti sui cittadini (col mantenimento o l’aumento delle tariffe) e
sui lavoratori (esuberi, riduzione costo), ma soprattutto mirano a mantenere il
controllo territoriale dei servizi urbani (acqua, gas, elettricità, rifiuti,
ecc.) attraverso gli affidamenti “in
house” che permettono di non sottoporsi a gare con concorrenti esterni,
mantenendo di fatto un “monopolio” e,
conseguentemente, tariffe più elevate rispetto ad un mercato pienamente
concorrenziale.
Se
è vero che “È necessario pensare a come
reperire maggiori risorse finanziarie e competenze industriali, stanti le
necessità di incremento dei livelli dei servizi come sopra prospettati”,
altrettanto è vero che con l'incorporazione si mette definitivamente fine
all’esperienza di Acam e soprattutto al suo radicamento nel territorio provinciale.
Con
l’incorporazione di Acam si chiude una vicenda nata all’inizio del 2000 con la
vuota prosopopea della “Grande Acam”, naufragata poi in un mare di debiti. Ma
non dovrebbe finire solo Acam … sarebbe giusto “fare i conti” con una classe dirigente inadeguata (politici,
manager, sindacalisti, imprenditori, ecc.) che hanno in questi anni
“pontificato” e “prosperato” sulle spalle dei cittadini e dei lavoratori di
Acam … gli unici fino a oggi a pagare e che continueranno a pagare anche sotto
Iren.
NB: Avevamo deciso di pubblicare questo discorso tenuto durante il Consiglio Comunale del 22/2/2017 (sulla delibera inerente "Indirizzi sulla prospettiva di aggregazione del Gruppo Acam") solo dopo l'esito della gara e dell'aggregazione per verificare se avevamo visto e compreso bene ... alla luce dell'accordo tra Acam e Iren stipulato in data 29/12/2017 si può dichiarare che complessivamente avevamo "PREVISTO" bene ... ma si trattava di una facile profezia poiché BASTAVA LEGGERE E CAPIRE!!!
Discorso del 22/2/2017 letto per conto dei Consiglieri comunali: Euro Mazzi, Maria Luisa Isoppo, Francesco Baracchini e Giorgio Salvetti.
Sull’aggregazione
di Acam nel Gruppo Iren vedere anche i seguenti post:
1) CON LA FUSIONE PER INCORPORAZIONE FINIRÀ ACAM …: QUI
2) FAR INCORPORARE ACAM PER “ENTRARE NELLA STANZA DEI BOTTONI”: QUI
3) ACAM/IREN …
PERDERE TEMPO NELLA FRETTA DI DECIDERE: QUI
4) AGGREGAZIONE ACAM/IREN: GARANZIE REALI O ASTRATTE?: QUI
5) ACAM/IREN …
PER FAVORE, NON DALLA PADELLA ALLA BRACE …: QUI
6)
ACAM/IREN: NOTIZIE E PAURE FASULLE SULLA MANCANZA DI ALTERNATIVE: QUI
7) IL PERCORSO DELLA PROPOSTA DI AGGREGAZIONE ACAM IN IREN: QUI
8) L’ARTICOLAZIONE DELLA PROPOSTA AGGREGATIVA DI IREN: QUI
Discorso del 22/2/2017 letto per conto dei Consiglieri comunali: Euro Mazzi, Maria Luisa Isoppo, Francesco Baracchini e Giorgio Salvetti.
1) CON LA FUSIONE PER INCORPORAZIONE FINIRÀ ACAM …: QUI
2) FAR INCORPORARE ACAM PER “ENTRARE NELLA STANZA DEI BOTTONI”: QUI
4) AGGREGAZIONE ACAM/IREN: GARANZIE REALI O ASTRATTE?: QUI
7) IL PERCORSO DELLA PROPOSTA DI AGGREGAZIONE ACAM IN IREN: QUI
8) L’ARTICOLAZIONE DELLA PROPOSTA AGGREGATIVA DI IREN: QUI
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