L’incorporazione
del Gruppo Acam in Iren è una questione importante, assai articolata e
particolarmente complessa, ma questo non giustifica la diffusione di notizie
fasulle o di circostanze inesistenti.
I
fautori dell’aggregazione di Acam con Iren dovrebbero illustrare maggiormente e adeguatamente
i termini dell’accordo stesso e le eventuali prospettive di sviluppo dei
servizi offerti dal nuovo operatore Iren, piuttosto che diffondere paure per un
eventuale fallimento e conseguenti licenziamenti e oneri crescenti in capo ai
Comuni; queste paure sono funzionali alla tesi dell’inesistenza di alternative,
rendendo inevitabile l’incorporazione (un esempio tra i tanti si ritrova nel
comunicato NoVa del 16/12/2017).


Allora
occorre evidenziare che il Piano Industriale 2016-2021 di Acam (datato 29/12/2016)
prevedeva due scenari: a) un “Piano
Base” (destinato ad una crescita autonoma di Acam) teso al mantenimento “di un livello adeguato di investimenti per
garantire livelli di servizio e di efficienza operativa crescenti”, con
investimenti in conto capitale ammontanti a 162,3 milioni di euro; b) un “Piano Ottimizzato” (cioè volto
all’aggregazione) con investimenti in conto capitale ammontanti a 186,8 milioni
di euro.
La
sostanziale differenza tra i due era che il Piano volto all’aggregazione
presentava solo maggiori investimenti (€/mil. 24.5), tempistiche più
ravvicinate e l’entrata in una struttura più grande rispetto a quella di Acam.
Dunque,
è lo stesso Piano Industriale 2016/2021 redatto da Acam a dimostrare che
esisteva una credibile e reale alternativa all’aggregazione prevista proprio dal
“Piano Base”; una alternativa che la maggioranza dei sindaci e dei Consigli
Comunali a febbraio 2017 hanno ritenuto di non prendere in considerazione in
favore dell'aggregazione; ma questa valutazione non giustifica la diffusione attuale
di false affermazioni sull’inesistenza di alternative, poiché queste ultime esistevano
realmente.

Occorre,
poi, ricordare che il Gruppo Acam, essendo in procedura di Accordo di
ristrutturazione ex art. 182 bis della legge fallimentare, fino alla sua
scadenza non sarebbe possibile attivare né procedure esecutive, né fallimentari
se non in presenza di fatti gravi al momento non preventivabili. Si confondono,
altresì, le difficoltà di liquidità che spiegano i ritardi nei pagamenti degli
stipendi con inesistenti pericoli di fallimento. Dunque, anche la paura di un
fallimento, con conseguenti licenziamenti e oneri in capo ai Comuni, non è
oggettivamente rispondente al vero.

Proprio
l’esistenza di una reale e credibile alternativa ha permesso al sottoscritto di
valutare adeguatamente la proposta di aggregazione di Acam con Iren, schierandomi
contro tale prospettiva sia a febbraio 2017 che ora, poiché pur riconoscendo la
presenza di alcuni aspetti positivi derivanti dall’incorporazione, ho
illustrato (in proposito rimando ai post qui sotto) i consistenti e significativi risvolti
negativi dell’incorporazione con Iren.
Euro Mazzi
2) FAR INCORPORARE ACAM PER “ENTRARE NELLA STANZA DEI BOTTONI”: QUI
3) ACAM/IREN … PERDERE TEMPO NELLA FRETTA DI DECIDERE: QUI
4) AGGREGAZIONE ACAM/IREN: GARANZIE REALI O ASTRATTE?: QUI
5) ACAM/IREN … PER FAVORE, NON DALLA PADELLA ALLA BRACE …: QUI
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