Con
la sua delibera n. 81/2018 la sezione ligure della Corte dei Conti, esaminando
i bilanci del Comune di Vezzano Ligure relativi al rendiconto 2015 e 2016, ha
accertato: a) “lo squilibrio di cassa per gli esercizi 2015, 2016 e 2017”; b) “la difficile
riscossione delle entrate proprie”; c) l’erronea determinazione del FCDE
(Fondo crediti dubbia esigibilità) per l’esercizio 2016”; d) “l’erronea
determinazione del FPV(Fondo Pluriennale Vincolato)”; e) “l’errata
contabilizzazione dell’anticipazione di liquidità”; invitando il Comune
a “comunicare i provvedimenti intrapresi
nonché l’aggiornamento dei dati finanziari entro il 30 giugno 2018”.
I
rilievi della Corte dei Conti toccano aspetti non marginali e disegnano una
situazione finanziaria “connotata da gravi e rilevanti criticità (incidenti
sulla tenuta degli equilibri di bilancio)”, mentre di altro parere è l’Amministrazione
Comunale la quale sostiene trattarsi di una mera “ipotesi di disallineamento temporale” tra riscossioni e pagamenti;
la Corte ha, però, ritenuto come parziali e incomplete le giustificazioni
avanzate dal Comune, imponendo conseguentemente l’adozione di specifiche misure correttive.
Lo squilibrio di cassa rappresenta l’aspetto maggiormente critico della situazione finanziaria del Comune di Vezzano Ligure: “Difatti, l’Ente da ormai molti anni ha un fondo cassa pari a zero e ricorre sistematicamente ad anticipazioni di tesoreria (ex art.222 TUEL) senza che le stesse vengano integralmente restituite al termine di ciascun esercizio finanziario”. Infatti, la stessa Corte ha evidenziato le somme delle anticipazione non restituite regolarmente al 31/12 di ogni anno: nel 2013 per € 204.025,10; nel 2014 per € 635.493,02; nel 2015 per € 1.173.011,83; nel 2016 per € 809.866,05; nel 2017 per € 1.569.089,61.
Lo squilibrio di cassa rappresenta l’aspetto maggiormente critico della situazione finanziaria del Comune di Vezzano Ligure: “Difatti, l’Ente da ormai molti anni ha un fondo cassa pari a zero e ricorre sistematicamente ad anticipazioni di tesoreria (ex art.222 TUEL) senza che le stesse vengano integralmente restituite al termine di ciascun esercizio finanziario”. Infatti, la stessa Corte ha evidenziato le somme delle anticipazione non restituite regolarmente al 31/12 di ogni anno: nel 2013 per € 204.025,10; nel 2014 per € 635.493,02; nel 2015 per € 1.173.011,83; nel 2016 per € 809.866,05; nel 2017 per € 1.569.089,61.
Questo
squilibrio di cassa viene
ulteriormente evidenziato dall’utilizzo da parte dell’Ente dei fondi a
destinazione vincolata (FPV) per sostenere spese correnti; anche in questo caso
la Corte ha riportato le somme dei fondi non ricostituiti al termine di ciascun
anno: nel 2014 per € 165.092,11; nel 2015 per € 193.311,24; nel 2016 per € 92.417,05;
nel 2017 per € 108.000,00.
In
sostanza, la Corte contesta al Comune un utilizzo
anomalo delle anticipazioni di cassa, quale “mezzo “fisiologico” per il
pagamento delle spese, a testimonianza di una endemica sofferenza della gestione di liquidità che, invero,
caratterizza l’attuale situazione di cassa dell’Ente. La prassi di finanziare
la spesa corrente utilizzando costantemente ed impropriamente anticipazioni di
tesoreria, ed entrate vincolate, rappresenta in sostanza una elusione dell’art.119 Cost., che consente di ricorrere ad
indebitamento solo per finanziare le spese di investimento. Nel caso di specie,
tale violazione rischia di essere concreta e reale in quanto, come detto, il ricorso all’anticipazione di tesoreria è
ormai “strutturale” e la stessa non viene mai interamente restituita, confermando, nel caso di specie,
l’essenza di vero e proprio “mutuo”
atipico destinato a finanziare spese
correnti. Non vi è, quindi, un semplice disallineamento temporale tra
entrate e spese, ma una sofferenza
cronica dovuta alla tipologia di entrata con cui si costruiscono gli
equilibri di bilancio”.
La
seconda criticità rilevata dalla Corte riguarda l’elevato valore dei residui attivi che denota una grave difficoltà nella riscossione delle
entrate proprie (entrate tributarie ed extra-tributarie); infatti i residui
attivi complessivi ammontano: nel 2015 a 6,8 milioni; nel 2016 a 6,7 milioni;
nel 2017 a 7,0 milioni; tenuto conto di questo elevato ammontare la Corte arriva
ad affermare come “sia stato possibile
per un Comune di piccole dimensioni accumulare
una tale ammontare di tributi evasi”.
La
Corte ha evidenziato: “una capacità di
incasso particolarmente critica, a
causa di crediti di difficilissima
esigibilità (se non addirittura nulla)”, poiché “la percentuale complessiva di riscossione è pari al 53%, ma il valore scende
al 26% se si considerano le entrate connotate da maggior criticità”.
Dunque, la Corte ritiene “modeste” le
capacità di riscossione delle entrate proprie da parte del Comune “a fronte di residui iniziali per oltre un
milione e mezzo di euro. Appare, quindi,
lecito dubitare della reale esigibilità degli stessi”.
La
conseguenza immediata dell’elevato ammontare dei residui attivi viene rappresentato
dall’analogo elevato ammontare del FCDE;
al 31/12/2015 quest’ultimo era pari a € 1.888.602,61; nel 2016 era di € 1.672.403,87;
nel 2017 è di € 2.102.334,79. La Corte ricorda come il FCDE sia
stato istituito per “sterilizzare” quei
residui attivi che, pur costituendo una parte attiva del bilancio degli Enti,
non essendo, con ogni probabilità incassabili (ossia di dubbia o difficile
esazione), non sia opportuno che finanzino la spesa corrente, proprio al fine
di salvaguardare gli equilibri di bilancio.
In
questo contesto, l’elevato ammontare del FCDE rappresenta per la Corte il
risultato “di una cronica incapacità di riscossione da parte dell’Ente, con
riferimento alla gestione in conto residui e relativamente alle entrate proprie”.
Sulla
base di queste considerazioni, la Corte ha, quindi, imposto al Comune di
Vezzano Ligure di rideterminare sia il FCDE, sia i fondi FPV, che la
contabilizzazione delle anticipazioni di cassa.
Le
considerazioni della Corte dei Conti sono preventive,
tendono cioè ad evitare che in un prossimo futuro possa essere pregiudicato l’equilibrio finanziario
dell’Ente, con immediate conseguenze sulle “tasche”
dei cittadini per gli inevitabili ulteriori aumenti di tasse, imposte e tariffe comunali
necessarie nel caso di un dissesto.
Insomma,
l’intervento della Corte dei Conti, seppur limitato ad alcuni aspetti, ha di
fatto tratteggiato “la fotografia” di
un quadro finanziario che presenta alcune criticità
“già esistente e perdurante nel corso
degli ultimi esercizi finanziari” e ha suggerito anche alcuni correttivi al
Consiglio Comunale quale organo che autonomamente dovrà deciderli: “Sarà necessario, pertanto, che l’Ente da una
parte riesca a migliorare gli indici di
riscossione delle entrate proprie, in conto residui e in conto competenza,
e dall’altra riesca a costruire gli
equilibri di bilancio ricorrendo a nuove o maggiori entrate di certa e pronta
riscossione o diminuendo la spesa corrente, ove possibile”.
Pertanto,
il Comune dovrà adottare misure ulteriori e più efficaci rispetto a quelle già
intraprese in precedenza. Infatti, già con la delibera della Giunta Comunale n.
61 del 27/6/2016 (dopo aver rilevato come “ormai
da diversi esercizi, l’Ente è interessato da una situazione di carenza di liquidità, con continuo e
costante ricorso all’istituto dell’anticipazione di cassa”) era stato deciso di
potenziare alcune iniziative per assicurare il rispetto del piano di rientro
dal deficit evidenziatosi nel 2015 di 1,4 milioni: - contenimento e razionalizzazione della spesa corrente; - incremento delle entrate attraverso
manovre tributarie e tariffarie; - potenziamento
dell’attività di riscossione e delle attività di recupero delle entrate pregresse;
in aggiunta ad altre iniziative già assunte come: la rinegoziazione dei mutui al fine della riduzione della rata annua
di ammortamento; l’inserimento, nel Piano economico finanziario della TARI, di
una maggiore quota di costo a titolo
di copertura delle inesigibilità.
In risposta alle osservazioni della Corte,
la Giunta ha rideterminato il piano di rientro
del disavanzo, passando da una quota annuale di € 44.168,47 (per 30 annualità per un ammontare di € 1.325.055,33) a € 53.592,79
(+€ 9.424,32, per un ammontare di € 1.447.005,21), al fine di ripianare anche l’incremento del disavanzo di € 254.456,60
quale diretta conseguenza della rideterminazione del disavanzo al 2015.
Nel
complesso, si ha la sensazione che la Giunta Comunale non abbia ancora colto
pienamente l’articolazione e le implicazioni derivanti dalle osservazioni della
Corte dei Conti; i provvedimenti fino ad oggi realmente coltivati riguardano solo alcuni aspetti (in
particolare quelli legati alla riscossione dei crediti), i cui risultati comunque
stentano ad evidenziarsi almeno a giudicare dall’analisi del rendiconto 2017.
Manca
soprattutto una attenta riflessione sulla complessiva gestione del Comune,
riflessione che dovrebbe scaturire da una analisi più articolata e approfondita
del bilancio annuale confrontato con una serie storica di 5-10 anni, la sola in
grado di evidenziare le cause
“strutturali” e quelle “congiunturali” che sono alla base delle criticità segnalate dalla Corte dei
Conti.
Uno
dei problemi “strutturali” è
rappresentato da una spesa corrente
comunale che si mantiene elevata e costante nel tempo; infatti, la spesa
corrente si è attestata nel 2017 su 5,4 milioni, in aumento rispetto ai 5,1
milioni del 2009, ma è previsto un ulteriore aumento a 6,2 milioni per il 2018;
il mancato calo della spesa corrente
non solo contraddice gli impegni di rientro dal disavanzo presi con la delibera
di Giunta n. 61/2016, ma rappresenta un vero problema perché impedisce il
riequilibrio finanziario. A sua volta la spesa corrente è composta da alcune
voci particolarmente “rigide”: la spesa del personale,
quella per la raccolta dei rifiuti, quella per pagare l’indebitamento e quella
per alcuni servizi.
La
spesa del personale è sostanzialmente invariata
nel periodo 2009-2018 attestandosi sempre su 1,5 milioni.
La
gestione dei rifiuti è costata circa 1,67 milioni nel 2017 e nel 2018, risulta in leggero calo se paragonata a quella
del 2013 ammontante a 1,7; in proposito occorre, però, evidenziare come questa
sostanziale stabilità nei costi del servizio rifiuti è avvenuta a fronte sia di
un consistente calo della quantità dei rifiuti (passati dalle 4.255,7 t/anno
del 2012 alle 3.586,1 t/anno del 2016, una riduzione del 18,67% pari a 669,6
t/anno), nonché di un notevole aumento della raccolta differenziata (passata
dal 19,7% del 2012 al 59,1% del 2016); conseguentemente il costo unitario della
gestione dei rifiuti è notevolmente aumentato.
I
proventi dei servizi pubblici ammontavano a € 215 mila nel 2013, spesa crescita
a 221 mila nel 2017, ma le spese arrivano a 376 mila, con un grado di copertura
pari al 58,46% nel 2017 ed un appesantimento
della spesa corrente di ben € 155 mila.
L’esposizione
debitoria del Comune di Vezzano al 31/12/2017 continua ad essere assai elevata e ammonta a 9,6 milioni; tra i debiti la parte
preponderante è rappresentata dall’indebitamento che nel 2017 ammonta a 5,6
milioni (in calo rispetto ai 7,3 milioni del 2009); a questo deve essere
aggiunto il ripiano rilevato nel 2015 del disavanzo di 1,4 milioni mediante 30
annualità (con una rata costante di € 44.168,47 ora portata a € 53.592,79). Questa
pesante situazione finanziaria si tramuta in oneri finanziari e di ammortamento
capitale che pesano sul bilancio corrente per oltre 0,4 milioni annui.
Il
bilancio del Comune di Vezzano appare alquanto
rigido, riducendo il margine di manovra “politica”
e amministrativa del Comune. I fattori di maggiore rigidità del bilancio
comunale sono il costo del personale (1,5 milioni), gli oneri per il rimborso
dei mutui contratti (0,4 milioni) e la spesa per la gestione dei rifiuti (1,7
milioni), a cui va aggiunto l’onere per rimborsare il disavanzo. L’insieme di
queste quattro voci assorbono circa il
60% delle entrate correnti e,
quindi, spiegano come restino disponibili per tutte le altre spese solo circa
2,3-2,7 milioni.
Per
fronteggiare questa spesa corrente
elevata e “rigida”, l’Amministrazione vezzanese è stata costretta ad
aumentare le entrate proprie (tributarie ed extratributarie); queste, infatti,
registrano una crescita costante e
consistente: nel 2009 erano 3,6 milioni e sono cresciute nel 2017 a 5,8
milioni (+2,2 milioni, +60,94%) e nel 2018 cresceranno ulteriormente a 6,2
milioni (+2,6 milioni, +71,83%); conseguentemente si deve registrare un incremento della pressione fiscale locale:
ogni famiglia vezzanese nel 2009 pagava al Comune € 1.167,81; nel 2017 ha pagato € 1.785,35; prelievo che
salirà ulteriormente nel 2018 a € 1.906,10.
Le
circa 3.273 famiglie vezzanesi avevano nel 2009 una pressione tributaria
unitaria (calcolata solo sulle entrate tributarie) di € 907,48; nel 2017 questa
aumentava a € 1.358,64 e nel 2018 si prevede un ulteriore aumento a € 1.354,76
(con un incremento di € 447,29). Si tratta di un’alta pressione fiscale destinata
a permanere, poiché deve finanziare sia un alto livello della spesa
corrente, sia il recupero del disavanzo di liquidità già in precedenza
evidenziato.
Il
bilancio del Comune di Vezzano è appesantito
anche da altre voci (il cui esame ora si omette), tra le quali merita di essere
menzionata quella riguardante le partecipate; per la prima volta nel bilancio
patrimoniale del 2017 è stato riportato una loro valutazione più “adeguata”
pari a € 1.148.303,54 mentre in precedenza era stato riportato solo un valore
di € 40.220,68; ma il problema di fondo riguarda la necessità di fare “pulizia” degli sprechi e delle inutilità
di alcune partecipate; comunque occorre trasparenza e conoscenza precisa delle
varie situazioni economiche e finanziare di ciascuna società (per una analisi
più approfondita si rimanda a precedenti post riguardante per esempio Stl, ASP
e Acam).
In
conclusione, la Corte dei Conti ha evidenziato alcune criticità, ma come in un iceberg la parte emergente è minore
rispetto alle problematiche “sommerse”; lo
squilibrio di cassa è solo una spia di un malessere più profondo che necessita
di maggior consapevolezza e operatività correttiva.
Euro
Mazzi
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