La
propaganda per il SI al referendum di novembre 2016 sta sempre di più facendo
uso di frasi pronunciate da personaggi del passato politico italiano nel tentativo di operare un collegamento con la
storia, in particolare con quella della sinistra, specie comunista.
Si tratta di una vera e propria corsa
al “santino”:
una frase, una foto e l’immancabile richiamo al SI referendario.
Occorre
evidenziare che spesso siamo in presenza di un utilizzo indebito dell’altrui pensiero, modificato e piegato a
logiche diverse dal contesto storico, dal loro senso e dalla storia del
personaggio evocato.
I
primi ad essere utilizzati sono stati Berlinguer, Ingrao, Iotti, Pertini, ecc.
recentemente Terraccini e altri “padri costituenti”.
Cesare
Salvi, in un suo intervento, ha evidenziato come la gran parte degli esponenti comunisti erano tutti per il
monocameralismo, cioè per l’abolizione del Senato e ha ricordato in
proposito un seminario dei gruppi parlamentari del PCI del 1981. Lo stesso
Salvi ha, però, evidenziato come la proposta monocameralista del Pci sia
comunque in radicale contrasto con
la proposta di riforma costituzionale Renzi/Boschi per tre ragioni:
a) il
monocameralismo. Il
PCI prevedeva l’abolizione del Senato, ed era esplicitamente contrario
all’introduzione al suo posto di una seconda “camera delle regioni”. Nell’attuale
riforma, invece, il Senato rimane, rappresenta le Regioni e continua a votare
le leggi; ad essere abolita è l’elezione popolare diretta sostituita dalla
nomina da parte dei Consigli Regionali (21 sindaci e 74 consiglieri regionali)
e del Presidente della Repubblica (5 senatori), oltre tutto con un meccanismo
di ripartizione tra le regioni assurdo.
b) il
proporzionalismo. Per l’elezione della Camera unica il Pci prevedeva la
legge proporzionale, all’opposto del sistema iper-maggioritario attuale del c.d.
Italicum (legge collegata all’attuale riforma).
c) la
rappresentatività.
Il Pci era per la centralità del Parlamento e delle assemblee elettive, come
espressione di un più ampio disegno di partecipazione popolare considerata
indispensabile per rivitalizzare la democrazia italiana. Nell’attuale riforma,
al contrario, il punto centrale è il Governo e la governabilità.
Dunque, vi è una netta
diversità ed un uso distorto del pensiero del “padre nobile” di turno.
Analogo
utilizzo strumentale è avvenuto con alcuni esponenti dell’Assemblea
Costituente.
In
proposito, occorre ricordare che il 3/9/1946 nella seconda Sottocommissione
della Costituente iniziava la discussione generale sull'organizzazione
costituzionale dello Stato, dove alla fine di una accesa discussione veniva
scelto il bicameralismo che è durato fino ad oggi.
Allora
gli esponenti del PCI si erano espressi nettamente a favore del monocameralismo; mentre la DC, PRI e
PLI (pur con motivazioni diverse) premevano invece per una seconda camera più idonea “ad
assicurare la integrazione della rappresentanza secondo il criterio degli
interessi sociali regionali”. Alla fine, il bicameralismo paritario
Camera-Senato fu, dunque, il frutto di un compromesso tra queste due opposte
impostazioni, ben rappresentato dagli onorevoli Mortati, Bozzi,
Castiglia ed Einaudi che riconosceva “la necessità dell'istituzione di una seconda Camera, al fine di dare completezza di espressione politica a tutte le forze vive della società nazionale”. Inoltre, il bicameralismo paritario recepiva una idea di garantismo: le due Camere, cioè, costituivano una forma di garanzia, di equilibrio e di controllo.
Castiglia ed Einaudi che riconosceva “la necessità dell'istituzione di una seconda Camera, al fine di dare completezza di espressione politica a tutte le forze vive della società nazionale”. Inoltre, il bicameralismo paritario recepiva una idea di garantismo: le due Camere, cioè, costituivano una forma di garanzia, di equilibrio e di controllo.
Se si entra nel merito del dibattito si possono cogliere non solo le
differenti impostazioni, ma anche una esemplare
metodologia di confronto; che sarebbe stata assai utile nella redazione del
testo costituzionale attuale.
La
Rocca (costituente del PCI) dichiarava che: “per principio, i Commissari comunisti sono
favorevoli al sistema della Camera unica. (…) La seconda Camera ebbe il
compito ben chiaro e preciso di funzionare da freno, da contrappeso, per
impedire eventuali eccessi, precipitazioni, cioè provvedimenti legislativi
troppo affrettati, nell'attività della Camera dei Deputati. (…) la Camera unica
è la più adatta, la più acconcia ad eseguire la volontà popolare”.
Un
altro esponente comunista, Nobile, dichiarava che “una seconda Camera è una cosa
assurda, se ha gli stessi compiti della prima; come è assurdo in un'azienda
industriale avere due Consigli di amministrazione”. Dunque la posizione dei
comunisti era chiara, come altrettanto era lucida quella degli esponenti DC,
come ad esempio quella di Mannironi che dichiarava: “Il sistema bicamerale è
assolutamente necessario (…) deve servire a portare
in seno al potere legislativo la voce e
delle regioni e delle classi produttive, che hanno diritto di dare alla
formazione delle leggi quel contributo tecnico, di specializzazione, che gli
uomini puramente politici spesso non possono dare”.
Il
liberale Castiglia, accettava il sistema bicamerale in quanto è: “il più idoneo ad assicurare la integrazione della rappresentanza
secondo il criterio degli interessi sociali regionali; che esso assicura
l'assunzione di quelle competenze specifiche che col sistema monocamerale
potrebbe rimanere incompleta”.
Si tratta di posizioni opposte, ma riuscirono a trovare un accordo
perché tutti accettarono un metodo: discutere,
confrontarsi e poi decidere, seguendo un percorso logico e consequenziale per
“nodi”,
in questo caso ben evidenziati dal relatore Mortati: “passando al problema dell'unicameralismo e bicameralismo, osserva che,
per risolverlo, bisogna chiedersi quali sono i fini politici che si vogliono raggiungere con l'esistenza di due
Camere anziché di una sola. Tali fini possono essere molteplici e si tratta di
vedere come si possano realizzare. (…)
Ma, accanto a questo scopo ve ne è un altro più particolare e che esige forme
specifiche di realizzazione: quello dell'integrazione
della rappresentanza. (…) Ma la formazione di una seconda Camera può
tendere anche ad un altro scopo, cioè a quello di selezionare particolari capacità e competenze; e allora bisogna
affrontare il problema della competenza, che vale anche per la prima Camera, ma
che per la prima Camera si risolve più difficilmente, appunto perché ad essa si
vuol dare un carattere di rappresentanza
politica generale. (…) Un altro punto da affrontare a proposito del sistema
bicamerale è quello della parità, o
meno, da concedere alle due Camere: parità piena, semipiena, o non parità”.
Questo
“metodo” adottato dai Costituenti sarebbe stato assai utile ai “de-costituenti” attuali per evitare
di mettere in atto un testo scritto
male, confuso e contraddittorio perché frutto di riscritture, di emendamenti
e di successivi “aggiustamenti” per raccogliere il consenso necessario a farlo
“passare” a colpi di “maggioranza”.
Il
risultato è che la riforma Renzi/Boschi non prevede nessun monocameralismo, prevede
semmai un confuso sistema bicamerale differenziato: con due Camere
differenziate nelle modalità di elezione di deputati e senatori, nonché nei
compiti loro affidati (per una analisi più approfondita si rimanda a questo post:http://appunticorsari.blogspot.it/2016/05/il-nuovo-senato-una-controriforma.html#more).
La
riforma costituzionale Renzi/Boschi non a nulla a che fare con la cultura
costituzionale del PCI e dei “padri nobili” costituenti … ma allora
perché la propaganda del SI li rievoca? Perché questo utilizzo strumentale
delle loro frasi?
Non si registra
nessuna somiglianza
né con le proposte della sinistra alla Costituente né con quella di Berlinguer,
Ingrao, Terracini e di altri sostenitori del monocameralismo; eppure si ricorre
a una “stampella iconografica” per alludere ad una qualche continuità con le
posizioni di allora per coprire un vuoto “culturale” e la mancanza di un vero
dibattito, sostituito dal procedere in Parlamento a colpi di voti di
maggioranza.
Si
cercano disperatamente "padri nobili" per convincere gli elettori a
votare la riforma proposta, indipendentemente dalla fondatezza del loro
“pensiero”,
nella speranza che nessuno andrà a rivedere cosa il personaggio tirato in ballo
diceva effettivamente, figuriamoci poi se qualcuno si sforzerà di approfondire
il momento in cui diceva quelle cose, le motivazioni politiche contingenti che
lo inducevano ad assumere determinate posizioni, insomma il contesto.
Francamente è troppo!!!
Questo è un ulteriore motivo per dire NO ad una riforma confusa, che conferisce maggiore potere al
Governo, ad una Camera iper-maggioritaria (grazie all’Italicum), ad un senato
designato dai Consigli Regionali, ad un rischio di deriva “decisionista” che ci
deve spaventare.
Euro
Mazzi
I sostenitori del Si sostengono che il bicameralismo paritario fa male all'Italia e va superato. Questa necessità, contrariamente a quello che si sostiene nell'articolo, era evidente a tutti i politici citati. Nessuno dei sostenitori del SI dice che Berlinguer, Pertini, Iotti etc. avrebbero strutturato la riforma esattamente come l'attuale. Le caratteristiche della riforma attuale dipendono dal contesto attuale e dalla negoziazione che ha portato all'approvazione della riforma. Perciò è legittimo dire che la riforma costituzionale, per quel che riguarda il superamento del bicameralismo paritario, è nel solco della tradizione della Sinistra.
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