giovedì 18 agosto 2016

(CONTRO)RIFORMA RENZI/BOSCHI: ALLA DISPERATA RICERCA DI PADRI NOBILI … e le tecniche di propaganda.

La propaganda per il SI al referendum di novembre 2016 sta sempre di più facendo uso di frasi pronunciate da personaggi del passato politico italiano nel tentativo di operare un collegamento con la storia, in particolare con quella della sinistra, specie comunista.
Si tratta di una vera e propria corsa al “santino”: una frase, una foto e l’immancabile richiamo al SI referendario.
Occorre evidenziare che spesso siamo in presenza di un utilizzo indebito dell’altrui pensiero, modificato e piegato a logiche diverse dal contesto storico, dal loro senso e dalla storia del personaggio evocato.


I primi ad essere utilizzati sono stati Berlinguer, Ingrao, Iotti, Pertini, ecc. recentemente Terraccini e altri “padri costituenti”.
Cesare Salvi, in un suo intervento, ha evidenziato come la gran parte degli esponenti comunisti erano tutti per il monocameralismo, cioè per l’abolizione del Senato e ha ricordato in proposito un seminario dei gruppi parlamentari del PCI del 1981. Lo stesso Salvi ha, però, evidenziato come la proposta monocameralista del Pci sia comunque in radicale contrasto con la proposta di riforma costituzionale Renzi/Boschi per tre ragioni:
a) il monocameralismo. Il PCI prevedeva l’abolizione del Senato, ed era esplicitamente contrario all’introduzione al suo posto di una seconda “camera delle regioni”. Nell’attuale riforma, invece, il Senato rimane, rappresenta le Regioni e continua a votare le leggi; ad essere abolita è l’elezione popolare diretta sostituita dalla nomina da parte dei Consigli Regionali (21 sindaci e 74 consiglieri regionali) e del Presidente della Repubblica (5 senatori), oltre tutto con un meccanismo di ripartizione tra le regioni assurdo. 
b) il proporzionalismo. Per l’elezione della Camera unica il Pci prevedeva la legge proporzionale, all’opposto del sistema iper-maggioritario attuale del c.d. Italicum (legge collegata all’attuale riforma).
c) la rappresentatività. Il Pci era per la centralità del Parlamento e delle assemblee elettive, come espressione di un più ampio disegno di partecipazione popolare considerata indispensabile per rivitalizzare la democrazia italiana. Nell’attuale riforma, al contrario, il punto centrale è il Governo e la governabilità.
Dunque, vi è una netta diversità ed un uso distorto del pensiero del “padre nobile” di turno.

Analogo utilizzo strumentale è avvenuto con alcuni esponenti dell’Assemblea Costituente.
In proposito, occorre ricordare che il 3/9/1946 nella seconda Sottocommissione della Costituente iniziava la discussione generale sull'organizzazione costituzionale dello Stato, dove alla fine di una accesa discussione veniva scelto il bicameralismo che è durato fino ad oggi.
Allora gli esponenti del PCI si erano espressi nettamente a favore del monocameralismo; mentre la DC, PRI e PLI (pur con motivazioni diverse) premevano invece per una seconda camera più idonea “ad assicurare la integrazione della rappresentanza secondo il criterio degli interessi sociali regionali”. Alla fine, il bicameralismo paritario Camera-Senato fu, dunque, il frutto di un compromesso tra queste due opposte impostazioni, ben rappresentato dagli onorevoli Mortati, Bozzi,
Castiglia ed Einaudi che riconosceva “la necessità dell'istituzione di una seconda Camera, al fine di dare completezza di espressione politica a tutte le forze vive della società nazionale”. Inoltre, il bicameralismo paritario recepiva una idea di garantismo: le due Camere, cioè, costituivano una forma di garanzia, di equilibrio e di controllo.
Se si entra nel merito del dibattito si possono cogliere non solo le differenti impostazioni, ma anche una esemplare metodologia di confronto; che sarebbe stata assai utile nella redazione del testo costituzionale attuale.
La Rocca (costituente del PCI) dichiarava che: per principio, i Commissari comunisti sono favorevoli al sistema della Camera unica. (…) La seconda Camera ebbe il compito ben chiaro e preciso di funzionare da freno, da contrappeso, per impedire eventuali eccessi, precipitazioni, cioè provvedimenti legislativi troppo affrettati, nell'attività della Camera dei Deputati. (…) la Camera unica è la più adatta, la più acconcia ad eseguire la volontà popolare”.
Un altro esponente comunista, Nobile, dichiarava che una seconda Camera è una cosa assurda, se ha gli stessi compiti della prima; come è assurdo in un'azienda industriale avere due Consigli di amministrazione”. Dunque la posizione dei comunisti era chiara, come altrettanto era lucida quella degli esponenti DC, come ad esempio quella di Mannironi che dichiarava: Il sistema bicamerale è assolutamente necessario (…) deve servire a portare in seno al potere legislativo la voce e delle regioni e delle classi produttive, che hanno diritto di dare alla formazione delle leggi quel contributo tecnico, di specializzazione, che gli uomini puramente politici spesso non possono dare”.
Il liberale Castiglia, accettava il sistema bicamerale in quanto è: “il più idoneo ad assicurare la integrazione della rappresentanza secondo il criterio degli interessi sociali regionali; che esso assicura l'assunzione di quelle competenze specifiche che col sistema monocamerale potrebbe rimanere incompleta”.
Si tratta di posizioni opposte, ma riuscirono a trovare un accordo perché tutti accettarono un metodo: discutere, confrontarsi e poi decidere, seguendo un percorso logico e consequenziale per “nodi”, in questo caso ben evidenziati dal relatore Mortati: “passando al problema dell'unicameralismo e bicameralismo, osserva che, per risolverlo, bisogna chiedersi quali sono i fini politici che si vogliono raggiungere con l'esistenza di due Camere anziché di una sola. Tali fini possono essere molteplici e si tratta di vedere come si possano realizzare. (…) Ma, accanto a questo scopo ve ne è un altro più particolare e che esige forme specifiche di realizzazione: quello dell'integrazione della rappresentanza. (…) Ma la formazione di una seconda Camera può tendere anche ad un altro scopo, cioè a quello di selezionare particolari capacità e competenze; e allora bisogna affrontare il problema della competenza, che vale anche per la prima Camera, ma che per la prima Camera si risolve più difficilmente, appunto perché ad essa si vuol dare un carattere di rappresentanza politica generale. (…) Un altro punto da affrontare a proposito del sistema bicamerale è quello della parità, o meno, da concedere alle due Camere: parità piena, semipiena, o non parità”.
Questo “metodo” adottato dai Costituenti sarebbe stato assai utile ai “de-costituenti” attuali per evitare di mettere in atto un testo scritto male, confuso e contraddittorio perché frutto di riscritture, di emendamenti e di successivi “aggiustamenti” per raccogliere il consenso necessario a farlo “passare” a colpi di “maggioranza”.
Il risultato è che la riforma Renzi/Boschi non prevede nessun monocameralismo, prevede semmai un confuso sistema bicamerale differenziato: con due Camere differenziate nelle modalità di elezione di deputati e senatori, nonché nei compiti loro affidati (per una analisi più approfondita si rimanda a questo post:http://appunticorsari.blogspot.it/2016/05/il-nuovo-senato-una-controriforma.html#more).

La riforma costituzionale Renzi/Boschi non a nulla a che fare con la cultura costituzionale del PCI e dei “padri nobili” costituenti … ma allora perché la propaganda del SI li rievoca? Perché questo utilizzo strumentale delle loro frasi?
Non si registra nessuna somiglianza né con le proposte della sinistra alla Costituente né con quella di Berlinguer, Ingrao, Terracini e di altri sostenitori del monocameralismo; eppure si ricorre a una “stampella iconografica” per alludere ad una qualche continuità con le posizioni di allora per coprire un vuoto “culturale” e la mancanza di un vero dibattito, sostituito dal procedere in Parlamento a colpi di voti di maggioranza.
Si cercano disperatamente "padri nobili" per convincere gli elettori a votare la riforma proposta, indipendentemente dalla fondatezza del loro “pensiero”, nella speranza che nessuno andrà a rivedere cosa il personaggio tirato in ballo diceva effettivamente, figuriamoci poi se qualcuno si sforzerà di approfondire il momento in cui diceva quelle cose, le motivazioni politiche contingenti che lo inducevano ad assumere determinate posizioni, insomma il contesto.
Francamente è troppo!!!
Questo è un ulteriore motivo per dire NO ad una riforma confusa, che conferisce maggiore potere al Governo, ad una Camera iper-maggioritaria (grazie all’Italicum), ad un senato designato dai Consigli Regionali, ad un rischio di deriva “decisionista” che ci deve spaventare.

Euro Mazzi

1 commento:

  1. I sostenitori del Si sostengono che il bicameralismo paritario fa male all'Italia e va superato. Questa necessità, contrariamente a quello che si sostiene nell'articolo, era evidente a tutti i politici citati. Nessuno dei sostenitori del SI dice che Berlinguer, Pertini, Iotti etc. avrebbero strutturato la riforma esattamente come l'attuale. Le caratteristiche della riforma attuale dipendono dal contesto attuale e dalla negoziazione che ha portato all'approvazione della riforma. Perciò è legittimo dire che la riforma costituzionale, per quel che riguarda il superamento del bicameralismo paritario, è nel solco della tradizione della Sinistra.

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