Con
delibera votata all’unanimità dal Consiglio Comunale di Ortonovo n. 4 del 18/2/2015
è stato dato il via alla procedura per il mutamento della denominazione
comunale da Ortonovo a “Luni”,
all’origine del referendum del 5/2/2017. Questo provvedimento è motivato in una
relazione allegata di tre pagine, riassumibili in queste tre frasi: “L'esigenza di mutare il nome del Comune da Ortonovo
a Luni affonda quindi, le proprie motivazioni, in ambito storico-culturale-turistico. Il brand Luni risulta particolarmente
efficace a valorizzare il territorio
comunale, anche dal punto di vista dell'attrattiva che, la splendida
civitas nostra Lunensis, esercita sia sul turismo sia su eventuali investitori, costituendo un
importante volano
economico—finanziario per il Comune e quindi per la cittadinanza ortonovese
(…) Nella realtà attuale il Comune si trova a dover sostenere il proprio ruolo
all'interno di un complesso network di relazioni, confrontandosi con pubblici
differenti: utenti, istituzioni, autorità locali, media, business community
ecc...In un contesto così variegato e strutturato, è necessaria l’affermazione di
un’identità forte, in grado di trasmettere chiaramente i propri
valori”.
Non
sono stati pubblicati studi (o analisi, ricerche e progetti) collegati o a
supporto di questa iniziativa, per cui è molto difficile comprendere le ragioni
vere che hanno spinto gli amministratori ortonovesi a proporre ai propri
cittadini questa scelta di mantenere il nome di Ortonovo o di mutarlo in “Luni”.
Indipendentemente
dall’esito del referendum popolare, occorre comunque rilevare che l’assenza di necessari
e indispensabili approfondimenti (che dovrebbero essere sempre posti
alla base di un provvedimento importante e fondamentale per un Comune) costituisce
un serio problema, perché espone l’Ente e i suoi cittadini a possibili “sorprese”
a volte positive a volte negative. Cioè ci si affida alla buona sorte.
Facciamo
un esempio. Nella delibera suindicata si fa esplicito riferimento al “brand Luni” (cioè al marchio) e al suo
sfruttamento per “valorizzare il
territorio comunale” per attrarre turisti e investitori “costituendo un importante volano
economico—finanziario per il Comune” … ma l’assenza di studi, analisi e
progetti rischia di rendere “vuota e fumosa” questa bella frase.
Soprattutto mancano riflessioni sul significato e sulle conseguenze del cambio
del nome.
Fino
ad oggi “Luni” era una piccola frazione
del Comune di Ortonovo e una zona archeologica ben delimitata e precisa; ma era
anche il riferimento storico e culturale di un ampio territorio (la Lunigiana
Storica).
Proprio
sfruttando quest’ultima caratteristica (forza evocativa) del nome di “Luni” è stato utilizzato (con successo) per
esempio nel marchio della DOC dei vini “Colli di Luni”;
infatti l’art. 3 del disciplinare stabilisce: “Zona di
produzione. Le uve destinate alla produzione dei vini “Colli di Luni” devono
essere prodotte nella zona appresso indicata che interessa la provincia di La
Spezia e quella di Massa Carrara comprendente in parte i seguenti comuni: Provincia
di La Spezia: Comuni di Ortonovo, Castelnuovo Magra, Sarzana, Santo Stefano di
Magra, Bolano, Calice al Cornoviglio, Beverino, Riccò del Golfo, Follo, La
Spezia, Vezzano Ligure, Arcola, Lerici, Ameglia. Provincia di Massa: Comuni di
Fosdinovo, Aulla, Podenzana”.
Cioè, fino ad oggi il marchio “Luni” ha identificato una zona più ampia
rispetto al solo Comune di Ortonovo, ma se ora si modifica il nome del Comune
di Ortonovo in “Luni” questo riferimento diventa
ambiguo: ci si riferisce al solo territorio comunale di Ortonovo o a quello della
Lunigiana Storica?
Se
“Luni”
diventasse il nuovo nome del Comune di Ortonovo sarebbe automaticamente vietato il suo uso come marchio, in quanto diventerebbe
un nome proprio di un Comune e come tale protetto dalla legge (art. 7 Codice
Civile), che punisce un eventuale uso indebito
e non autorizzato (con possibile richiesta di risarcimento dei danni). Ma non solo.
Eventuali
“produttori” ortonovesi potrebbero opporsi all’uso del marchio “Luni” fuori dal territorio ortonovese. Ci
sono stati già vari precedenti; il più noto riguarda il DOCG “Asti”: una lunga vertenza legale intentata
da produttori astigiani e dal Comune di Asti che pretendevano di utilizzare il
marchio “Asti” per i vini prodotti
nel proprio territorio che invece dal disciplinare erano esclusi, includendo solo
alcuni comuni della Provincia di Asti (ma non il Comune di Asti), di
Alessandria e di Cuneo. La coincidenza dello stesso nome (Asti) per il Comune e
per la Provincia, nonché di un disciplinare già approvato ha permesso il
rigetto dell’istanza riconfermando l’esclusione prevista nel disciplinare. Questo
caso dimostra (appunto) che sono possibili
contestazione sull’uso del nome di un Comune per un marchio.
Il
vicino caso delle “Cinque Terre”, a sua volta, dimostra come il marchio possa funzionare
molto bene (sia per il richiamo turistico che per la promozione di prodotti
tipici) proprio in quanto slegato dal
nome di un Comune (… e senza la necessità di una fusione dei comuni stessi).
Anche in questo caso il disciplinare della DOC “Cinque Terre” ha una zona di produzione che non si limita ad
alcuni comuni tipici (di Riomaggiore, Vernazza e Monterosso), poiché comprende parte
del territorio del comune di La Spezia.
Il
marchio (un emblema, una denominazione, un segno) deve avere un carattere distintivo (e una sua
particolare forza evocativa) che contraddistingue
prodotti e servizi, e consente le scelte di mercato mediante la differenziazione e la individuazione dei
prodotti. Pertanto, esso è, al contempo, strumento di comunicazione,
informazione e concorrenza.
Per
ottenere la registrazione di una denominazione protetta, come previsto dal
Regolamento CEE n. 2081/92, occorre dimostrare
di essere gli unici produttori in una determinata zona geografica.
L’art.
1, comma 2 legge marchi, prevede che il titolare del marchio abbia il diritto di vietare a terzi l’utilizzo di un
segno identico o simile anche per prodotti o servizi non affini, qualora
l’uso del segno consenta di trarre senza giusto motivo un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del
marchio qualora possa recare un pregiudizio al legittimo titolare.
In
tal senso, se “Luni” non rappresentasse più il
territorio della Lunigiana, ma soltanto quello ortonovese il “brand Luni” potrebbe rischiare di rimanere intrappolato in un contesto assai più
limitato e meno caratteristico di quanto oggi rappresenta, o quanto meno rischia
di divenire elemento di ambiguità e, conseguentemente, di limitare la possibilità di costituire “un importante volano economico—finanziario per il Comune”
… cioè l’esatto contrario di quanto auspicato dalla delibera in precedenza
richiamata.
Insomma,
il “vuoto” (di studi, analisi e progetti) e la “scarsa riflessione” rischiano di alimentare “le nebbie” di una politica fatta di apparenza ...
nella speranza di “un colpo di fortuna” (… che a
volte arriva, a volte ... basta aspettare!!!).
Euro
Mazzi
“La nebbia a gl’irti colli
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar.”
(Giosuè Carducci)
Piovigginando sale,
E sotto il maestrale
Urla e biancheggia il mar.”
(Giosuè Carducci)
Ho una domanda sul raggiungimento del quorum del referendum di ieri (05/02) ad Ortonovo: dalla pagina http://dgegovpa.it/Ortonovo/AmministrazioneTrasparente/DisposizioniGenerali/AttiGenerali.aspx si può scaricare il Regolamento Referendum Consultivo del comune, che dice, al art.16 "...il quorum necessario per l'efficacia del referendum è stabilito in almeno 1/3 del totale degli aventi diritto al voto.". Ora, 1/3 equivale al 33,33% degli aventi diritto, che è superiore al 31% e spicci che è stato raggiunto. Perché dunque viene detto che il referendum ha raggiunto il quorum ed è valido? Grazie per l'eventuale risposta.
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